La comunicazione nelle imprese sociali: il progetto di una newsletter

I segni del nuovo assetto politico-economico-organizzativo nella scena del mercato attuale non sono ancora del tutto stabili, ma è certo che il management deve rispondere ai grandi mutamenti in vista del costante affermarsi delle nuove tecnologie, e di fenomeni, primo fra tutti la globalizzazione (Bombardi, Rutelli, Chemello, 1994), che richiedono una riorganizzazione non solo strutturale ma anche culturale da parte dell’impresa. Di fronte ad uno scenario così complesso, gli standard comunicazionali e relazionali del gruppo di lavoro divengono sempre più instabili ed emerge l’esigenza di produrre continuamente nuovi significati che governino il cambiamento, rielaborando il disordine introdotto dal flusso delle innovazioni ed utilizzandolo “produttivamente, come fonte generatrice di nuovo ordine” (Kaneklin, Aretino, 1993, p.111).
È in primo luogo compito dei manager ripensare ad una comunicazione che appare sempre più incerta e probabilistica, e attribuire un nuovo senso agli avvenimenti attraverso la costruzione di un linguaggio confrontabile e significativo per tutti i membri del gruppo.
Il management rappresenta senza dubbio l’elemento chiave di tutte quelle preziose “risorse invisibili” (Itami, 1987) che si esprimono in una cultura organizzativa creatrice di valore e caratterizzata da una performance qualitativamente alta (Giuli, 2000), ma certamente per ottenere qualità, efficacia ed efficienza, il management deve essere in grado di attivare la partecipazione di tutto il personale e di conferirgli un certo grado di autonomia e responsabilità.
Questo percorso prende il nome di “empowerment”: sviluppare persone empowered significa nutrire fiducia nei loro confronti, mettendo anche in conto la possibilità di errori e riconoscendo che il bagaglio che ogni individuo porta di sé e del proprio io può essere sinergizzato (empowering) in armonia con gli obiettivi dell’intera organizzazione. In questo senso risultano fondamentali, per il management, caratteristiche squisitamente comunicative e relazionali come l’ascolto continuo dei collaboratori, il sostegno dei loro sforzi, la comunicazione chiara, precisa e convincente dei vincoli e degli standard operativi (Giuli, 1999).
Da questo punto di vista il sistema di comunicazione dei gruppi di lavoro riveste un ruolo di primo piano, ma occorre anche pensare che, nonostante esso rappresenti il punto di vista del top management (è infatti il top management che eroga le informazioni), per essere uno strumento utile alla creazione di una cultura organizzativa di qualità, non è possibile pensarlo a prescindere dai bisogni informativi, palesi o latenti, di tutti i membri dell’organizzazione.
I processi di comunicazione interna, intesi generalmente come flussi informativi top-down, per essere rispondenti alle esigenze delle varie fasce di destinatari cui si rivolgono devono quindi tenere conto dei feedback informativi bottom-up e dei flussi orizzontali espressi nell’organizzazione (Croci, 1995). Se non si rispetta questo requisito, tutte le forme di comunicazione interna tra l’impresa e i suoi collaboratori rischiano di apparire una sorta di propaganda che porterebbe risultati inutili o addirittura dannosi.
Nell’ambito degli studi sui processi comunicazionali, J. Luft (1975) ha elaborato un modello della comunicazione interpersonale applicabile al gruppo di lavoro e ai diversi stili di gestione manageriale. Tale modello, denominato “Johari Window” (la “finestra di Johari”), ha avuto ampi consensi per la sua chiarezza e semplicità. Esso considera la comunicazione interpersonale in un’ottica basata sulla consapevolezza che il soggetto ha di sé e di ciò che comunica, confrontata con la conoscenza che l’altro possiede o acquisisce dal proprio interlocutore.