Kwame Nkrumah: "Africa Must Unite"

Nel 1963, sei anni dopo la dichiarazione di Indipendenza, gli ideali di Nkrumah erano ancora ben saldi nelle parole proferite la notte del 6 Marzo 1957, frasi che ebbero seguito articolato nella redazione dell’opera Africa Must Unite.
Il titolo e l’attacco dell’introduzione non fanno altro che testimoniare la passione del leader ghaneano per il suo continente: Freedom! Hedsole! Sawaba! Uhuru!, tanti termini per esprimere il medesimo concetto, quello di libertà, un mosaico che cerca di racchiudere la vastità dell’Africa in una sola parola proferita in alcune delle lingue del continente.
Un significato forte quello attribuito alla libertà, uno slogan ripetuto a gran voce in molti paesi africani all’inizio della seconda metà del XX secolo, un impeto che Nkrumah non faticò a definire come il più grande evento del periodo, una pietra di vitale importanza sopra la quale erigere l’unità africana.
Con l’Indipendenza del Ghana nel 1957, molti altri paesi dell’Africa subsahariana conseguirono il medesimo traguardo da lì a tre anni, un risultato costato la vita di milioni di africani, battaglie al limite dell’utopia e sacrifici quotidiani, ostacolate da quelle stesse nazioni che si inginocchiarono dinanzi alla Carta Atlantica e alla Carta delle Nazioni Unite, testi dalle aspirazioni globali, ma nella realtà senza alcun riscontro, ancora stretti nella morsa delle scorie imperialistiche e dell’arroganza razziale. La frustrazione di Nkrumah si percepisce con lo scorrere delle pagine dell’opera, una rabbia spesso mitigata dalla saggezza e dalla soddisfazione, ma pur sempre rabbia rimane: il sentimento di chi abbia provato sulla propria pelle le difficoltà insite nella ricerca della libertà. La democrazia e i sentimenti di emancipazione propagati in maniera ipocrita dalle nazioni coloniali avevano ormai fatto presa anche sulle popolazioni subordinate, un“boomerang”, come lo definì lo stesso Nkrumah; inconsapevolmente, l’amministrazione coloniale avevo apportato il suo aiuto alla coesione del sentimento panafricano, rinforzando la fratellanza, l’unità e la libertà all’interno del continente.
Un’amministrazione coloniale che nel corso del tempo ha assunto i drappi di tante nazioni, descrizioni accademiche come l’indirect rule britannica o l’assimilazionismo francese e differenziazioni di facciata, mantenendo comunque un atroce minimo comun denominatore quale la soppressione e il degrado, operazioni non frutto del caso, ma dovute a una serie di precise riflessioni riguardanti le opportunità europee di utilizzare l’Africa per risolvere i problemi della sponda nord del Mediterraneo e del mondo.