Studio di un inserto stampo soggetto a fatica termomeccanica e destinato al processo di pressofusione di un componente in lega leggera
Fenomeni di fatica: principi generali
Si parla di fatica riferendosi a componenti ed organi meccanici soggetti a carichi variabili nel tempo i quali comportano la nascita di tensioni note come alternate o fluttuanti. Normalmente un componente sottoposto a carichi statici giunge a rottura quando la tensione che ne deriva supera la tensione di rottura del materiale, il risultato è una visibile deformazione plastica che inizia nel momento in cui viene superata la tensione di snervamento.
Al contrario, un componente soggetto a carichi ciclici variabili nel tempo va incontro a quella che è nota come rottura a fatica, la quale spesso sopraggiunge per valori della tensione nominale ben al di sotto di quelli di rottura e che quindi non è accompagnata da una deformazione plastica macroscopicamente visibile, ma è causata da una serie di ripetute e localizzate deformazioni plastiche.
Più precisamente, è lecito parlare di rottura a fatica quando si ha l’azione combinata di stress ciclico, deformazione plastica e sollecitazione a trazione: le prime due sono responsabili della formazione della cricca, l’ultima ne consente la propagazione. Le zone maggiormente colpite da questo fenomeno sono normalmente sedi di concentrazione delle tensioni come spigoli vivi, intagli o filettature oppure zone già indebolite da fenomeni di altra natura, come ad esempio quelle interessate da corrosione.
Apparentemente una rottura a fatica si presenta come una rottura fragile proprio perché avviene senza che vi siano deformazioni plastiche macroscopicamente apprezzabili, ma può essere schematizzata in tre fasi di sviluppo:
- Nella prima fase si osserva la formazione di prime microcricche, la cui propagazione si estende fino a circa cinque grani a partire da quello di origine. In questo primo stadio hanno un ruolo rilevante difetti come inclusioni ed imperfezioni superficiali.
- Nella seconda fase le cricche sono visibili ad occhio nudo, formano delle superfici di frattura, comunemente note come linee di spiaggia, normali alla direzione della massima tensione principale di trazione.
- Nella terza ed ultima fase si ha la rottura di schianto del componente, è un fenomeno improvviso causato dal fatto che la sezione non è più sufficiente a resistere alla sollecitazione.
Le tensioni residue di trazione, un ambiente corrosivo, alte frequenze dei cicli di carico o elevate temperature e la loro variazione nel tempo, sono condizioni che accelerano la formazione delle cricche. I tre principali approcci allo studio dei fenomeni di fatica sono: il calcolo della vita a fatica a tensione, il calcolo della vita a fatica a deformazione ed il metodo della frattura lineare ed elastica. Tutti hanno come scopo il calcolo del numero di cicli N che un dato componente può sopportare, per uno specifico livello di carico, prima di giungere a fine vita utile. Il primo approccio è quello tradizionalmente più utilizzato e si presta bene ad applicazioni ad alto numero di cicli, il calcolo a deformazione invece è indicato per applicazioni a basso numero di cicli, inoltre è in grado di fornire un’analisi più accurata della deformazione plastica localizzata, infine il metodo della frattura lineare ed elastica è un modello previsionale che assume che la cricca sia già esistente, occupandosi quindi dello studio della sua propagazione in relazione all’intensità degli sforzi nella zona in cui il difetto si è generato.
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Studio di un inserto stampo soggetto a fatica termomeccanica e destinato al processo di pressofusione di un componente in lega leggera
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Informazioni tesi
Autore: | Federica Fiorentini |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Ingegneria meccanica per la progettazione e la produzione LM-33 |
Relatore: | Enrico Armentani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 177 |
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