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Il ruolo dell’infermiere genetista nell’ambito delle malattie rare nell’era della genomica

Fasi della consulenza genetica

La consulenza genetica inizia nel momento in cui un paziente e/o un suo familiare viene indirizzato, da un medico specialista o dal medico di medicina generale, presso un servizio di genetica clinica, insieme alla presunta diagnosi e al motivo della richiesta di consulenza; successivamente viene fissato un appuntamento con il medico genetista o con un team di specialisti.
La consulenza prevede varie fasi e si articola in genere in più sedute o sessioni, in genere pre-test e post-test genetico.

FASE PRE-TEST: durante questa fase è necessario raccogliere informazioni cliniche e anamnestiche dettagliate dei dati relativi al consultando e ai propri familiari, in particolare sull’eventuale presenza di malattie genetiche nella famiglia, sulle ospedalizzazioni, sull'età e la causa di morte dei familiari, sulle anomalie presenti in parenti anche lontani, sulla presenza di aborti spontanei o di eventuali bambini nati con ritardo mentale, sulla esposizione ad agenti teratogeni in gravidanza e sulle infezioni in gravidanza. Qualsiasi informazione che il paziente ricordi può essere utile e sarà fondamentale per la costruzione dell’albero genealogico. L’albero genealogico è una metodologia grafica utilizzata per ricostruire le relazioni tra familiari che riporta anche dati di anamnesi clinica, mediante l’utilizzo di simboli condivisi a livello internazionale (Fig.3), che permettono di esprimere in maniera immediata, sintetica ed efficace, le informazioni genetiche rispetto ad un lungo ed elaborato elenco di informazioni.
Le domande che vengono poste possono variare in base al tipo di consulenza (pre-concezionale, pre-natale, post-natale e oncologica) e in base all’ipotesi diagnostica, mentre la costruzione dell’albero inizia raccogliendo le informazioni del probando e dei suoi familiari (generalmente fratelli, genitori, zii e nonni) risalendo di almeno tre generazioni.
La presenza di un familiare o di più membri affetti permette di caratterizzare la modalità di trasmissione di quella determinata malattia e di eseguire la valutazione del rischio di ricorrenza (espresso in percentuale o frazione), ossia la probabilità che una malattia a base genetica possa interessare il soggetto che sta eseguendo la consulenza e altri membri appartenenti alla stessa famiglia.
Dal complesso delle informazioni cliniche raccolte, il genetista stabilirà la necessità di ulteriori visite specialistiche per confermare o escludere altri eventuali segni di malattia nel probando e nei suoi familiari (consulenza esclusivamente clinica) oppure, la consulenza prosegue e vengono effettuati dei prelievi per procedere ad un eventuale test genetico.
Per test genetico si intende l'analisi di DNA, RNA, cromosomi, metaboliti e altri prodotti genici, effettuata per evidenziarne alterazioni correlate con patologie ereditarie. Questa definizione include gli screening prenatali, neonatali e dei portatori sani, nonché i test sulle famiglie a rischio (https://www.iss.it›test-genetici). Prima di sottoporsi ad un test genetico, il consultando deve leggere ed approvare il consenso informato, ossia un documento che spieghi lo scopo per il quale si sta effettuando il test, eventuali rischi, limiti e benefici derivanti dall’esito del test, il genetista deve spiegare le tempistiche per quanto riguarda la comunicazione degli esiti e le conseguenze di tali esami, focalizzandosi sulla spiegazione delle implicazioni che il risultato può avere sulla salute stessa del consultando. Dopo l’approvazione e la firma del consenso informato si può procedere con il prelievo per la raccolta del campione biologico che sarà utilizzato per effettuare il test genetico.

FASE POST-TEST: durante questa fase viene comunicato al probando, o ai suoi familiari, gli esiti delle indagini genetiche effettuate e delle possibili conseguenze. È una fase molto delicata in cui le capacità relazionali ed empatiche del genetista (e delle altre figure professionali presenti) permettono di stabilire un rapporto di ascolto e forniscono al consultando gli strumenti necessari per compiere delle scelte consapevoli ed autonome.
Al momento della comunicazione del risultato e della consegna del referto, dovrebbero essere presenti un consulente psicologo e/o altre figure professionali di riferimento come l’infermiere (meglio se con una specifica formazione in counseling) per fornire informazioni complete e dettagliate, chiarendo ogni dubbio al consultando.
Oltre alla comunicazione verbale e diretta del risultato del test, viene fornita al paziente una relazione scritta, che permette di aumentare la percezione della diagnosi e delle sue implicazioni da parte del paziente e dei suoi familiari, facendo sedimentare al meglio le informazioni che gli sono state fornite. La comunicazione nell’ambito della consulenza genetica (specialmente nella fase post-test genetico) ricopre un ruolo fondamentale. Per esplicare al meglio le informazioni e le possibili strade da percorrere il consulente genetista dovrà stabilire un buon rapporto empatico, sia verbale che non verbale. Le informazioni dovranno essere trasmesse utilizzando un linguaggio adeguato al livello culturale del paziente e alle capacità di comprensione di quest’ultimo. Un linguaggio multisensoriale è il modo migliore con il quale il genetista può far comprendere e trasmettere al meglio il significato di alcuni concetti o anche di singole parole, utilizzando immagini, suoni e sensazioni.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ruolo dell’infermiere genetista nell’ambito delle malattie rare nell’era della genomica

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Informazioni tesi

  Autore: Nicolas Patriarca
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Farmacia e Medicina
  Corso: Infermieristica
  Relatore: Viviana Caputo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 56

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Parole chiave

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