il gruppo di lavoro come luogo di formazione
Fare ordine insieme
Riflettere sul coordinamento permette di mettere in risalto come l’emergenza del lavoro di gruppo efficace non sia un percorso lineare, infatti il coordinamento è incessante ed è sempre presente nel lavoro di gruppo. L’essenza del coordinamento è nel fare ordine. Etimologicamente, la parola co-ordinatore evoca l’ordinare con, a, per qualcosa, che in ipotesi, appare non coordinato o addirittura scoordinato (Mozzanica in Premoli ,2008:137).
Fare coordinamento significa prendere per mano il gruppo e farlo procedere, andare avanti, progredire nel lavoro comune, significa anche essere e permettere agli altri di essere consapevoli delle proprie risorse e dei propri limiti. Significa anche essere in grado di alimentare la motivazione e la fiducia. In generale coordinare significa (Spaltro,2005:79-85):
- fissare l’obiettivo: talvolta il gruppo di lavoro perde di vista l’obiettivo da conseguire e fare coordinamento significa renderlo nuovamente chiaro e visibile a tutti;
- garantire il metodo: significa proteggere il metodo dalla routine, dalla stanchezza e dalla perdita di senso. Un’importante prerogativa del coordinamento è custodire il metodo, infatti, solo un’azione pensata e progettata consente di conseguire un risultato positivo;
- padroneggiare risorse e vincoli: significa essere consapevoli di ciò che si ha a disposizione.
Il lavoro di gruppo si colloca all’interno di un continuum, dove ai lati estremi troviamo l’ordine e il disordine e coordinare significa intervenire, trasformare le situazioni per permettere al gruppo di lavorare. È interessante notare che il lavoro non può esserci, né in presenza di un disordine totale, ovvero quando nessun componente del gruppo è coordinato con nessun altro componente, né in presenza di un ordine totale, ossia quando ciascuno si sente autorizzato al agire e interagire solo in funzione di criteri generali prestabiliti (Premoli,2008:174-180).
Essere un gruppo di lavoro significa aver raggiunto la capacità di lavorare con gli altri e in questo caso l’ordine che il coordinamento crea, non è solo un ordine nelle attività o nelle mansioni, ma anche un ordine nelle relazioni.
Lo stesso coordinamento non è un’azione che qualcuno compie e l’altro subisce, è piuttosto un’azione che si compie insieme. Coordinamento è ordinamento-con. Se c’è coordinamento (Premoli,2008:145-162) i confini esterni sono definiti e il gruppo poggia su un obiettivo coerente, ha un metodo ed è consapevole delle risorse che possiede e dei vincoli con cui fare i conti e le qualità interne sono attive cioè il gruppo è capace di promuovere processi di comunicazione a servizio del gruppo e i singoli membri collaborano e investono nel lavoro percependo motivazione e fiducia.
Nella pratica il coordinamento ha il compito di dare senso a ciò che il gruppo fa, e ciò significa rispondere alle seguenti domande: perché stiamo facendo ciò? A cosa serve? Dove vogliamo arrivare? Fare sensemaking, cioè attribuire significato a ciò che si fa, diventa il luogo, in cui è possibile confrontarsi sulle ragioni che stanno alla base del lavoro di gruppo, significa anche far emergere dubbi, perplessità e incomprensioni. Da questo punto di vista fare coordinamento significa spiegare, far comprendere, convincere e diffondere sicurezza (Quaglino,2003:95). La difficoltà di trovare il senso non sempre, è espressa in modo esplicito, e fare coordinamento richiede anche doti di comprensione interpersonale, ed è necessario che tale capacità sia condivisa in un gruppo di lavoro (Agosti,2006:95-101).
Accade anche che, ad un certo punto, il gruppo di lavoro perda l’energia sufficiente e in questi casi fare ordine non significa ricordare e/o chiarire l’obiettivo, riproporre il metodo o verificare risorse e vincoli, equivale piuttosto ad incoraggiare le cosiddette forze positive e propositive del gruppo, ossia attivare la voglia di fare, la motivazione,la vitalità, la sicurezza e il coinvolgimento verso il conseguimento degli obiettivi. Nello specifico i comportamenti più efficaci da adottare consistono nel riflettere su quanta forza il gruppo è in grado di esprimere, mantenere alto il ritmo delle attività, misurare costantemente il grado di avvicinamento all’obiettivo rendendo evidenti i progressi che il gruppo ha fatto e risulta interessante notare che è un buon comportamento anche il celebrare i successi ottenuti, dedicando uno spazio per ricordare che una parte del compito è stata ad esempio completata e il gruppo ha conseguito risultati importanti, sia pur non finali (Di Sario,2005:155).
Questo brano è tratto dalla tesi:
il gruppo di lavoro come luogo di formazione
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Informazioni tesi
Autore: | Monica Borg Pipitone |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze Umane |
Relatore: | roberta cardarello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 110 |
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