Esposizione a silice cristallina in ambiente lavorativo. Influenza dei sistemi di campionamento e analisi sulla valutazione dell'esposizione professionale e del rispetto dei l imiti massimi consentiti.
Esposizione a Silice libera cristallina e silicosi nella storia
Malattie respiratorie associate a esposizione occupazionale a SLC (Silice libera cristallina) sono note da secoli e sono state descritte storicamente da vari studiosi.
Il primo a scriverne, nel 400 a.C., fu Ippocrate, il quale, notando che alcuni minatori greci mostravano segni di dispnea, collegò questo sintomo alla loro esposizione a polveri di miniera.
Plinio il vecchio, nel 60 d.C., menzionava presidi di protezione sotto forma di maschere, indossate dai minatori nell’intento di evitare l’inspirazione di polvere durante i lavori, segno che già da allora si avesse un’idea dell’eziologia della patologia che colpiva questa fascia di lavoratori.
Georg Pawer (latinizzato letteralmente in “Agricola”), scienziato e mineralogista tedesco, pubblica nel 1556 “De Re Metallica” un trattato sullo stato dell’arte dell’estrazione, raffinazione e fusione dei metalli. In esso, descrive le condizioni di lavoro nelle miniere e nelle industrie metallurgiche, includendo uno studio sulle malattie che colpiscono i minatori, in particolare sottolinea la grande frequenza di morti premature tra i lavoratori delle miniere asciutte dei Carpazi, e come la polvere alla quale erano esposti producesse dispnea e causasse una malattia che i greci catalogavano come “asma”.
Nel 1567 anche Paracelso parla in un suo scritto della “tisi dei minatori”.
Nel 1609 Diemerbroek, professore di medicina a Utrecht, descrive “l’Asthma” di un gran numero di tagliapietre e, nella descrizione dell’autopsia, fa notare l’abbondanza di polvere sabbiosa contenuta nei polmoni.
Tra il 1600 e il 1800 più di 25 autori contribuiscono ad approfondire le conoscenze sulle malattie che colpiscono i minatori.
Tra di essi, Bernardo Ramazzini, medico considerato il fondatore della medicina del lavoro, pubblico nel 1700 la sua opera più importante, De morbis artificum diatriba, nel quale prese in esame e analizzò il contesto delle condizioni di lavoro e delle malattie da esse derivanti, di un elevato numero di mestieri (40 - 50) e, inoltre, descrisse i possibili rischi per la salute correlati a ogni lavoro e i loro possibili rimedi.
Tra queste si trova uno studio sulle malattie asmatiche e tussive dei lavoratori della pietra delle quali individuò la causa patologica nei depositi polmonari di una sostanza sabbiosa irritante, formatasi respirando la polvere tagliente, frastagliata e ruvida frutto delle varie lavorazioni.
Nel 1865, Peacock e Greenhow, studiosi britannici, utilizzarono luce polarizzata per dimostrare la presenza di silicio nelle polveri riscontrate nei depositi polmonari.
Nel 1870, Achille Visconti, anatomopatologo dell’Ospedale Maggior di Milano, utilizzò per la prima volta il termine “silicosi” nella registrazione necroscopica di uno scalpellino.
Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, varie situazioni e incidenti resero la silicosi nota all’opinione pubblica:
Un caso importante fu quello dello sfruttamento delle miniere d’oro in Sudafrica. Cominciato nel 1886, si svolse, per alcuni anni, all’aperto o a profondità modeste, in terreno facile e tramite lavorazioni manuali.
Quando, attorno al 1892, si raggiunsero gli strati rocciosi, per proseguire lo sfruttamento dei siti, si adottò la perforazione meccanica. I minatori si trovarono a lavorare, senza ventilazione artificiale, in gallerie strette, sinuose, a parecchie centinaia di metri sotterra, fra nuvole di polvere ricchissima in silice.
Dopo la guerra anglo-boera, alla ripresa del lavoro, si costatò che 225 dei 1377 minatori addetti alle perforatrici erano morti fra il 1889 e il 1902. Nel 1907, 18 lavoratori organizzarono uno sciopero, dopo sette anni uno di loro era morto per infortunio sul lavoro, 13 erano morti di silicosi e 2 erano ammalati di silicosi allo stadio più avanzato.
Attorno all’inizio del XX secolo, nel frattempo, vennero inventati il martello pneumatico (1897) e il processo di sabbiatura (1904), aumentando esponenzialmente i casi di silicosi nel mondo. La Metropolitan Life Insurance Company di New York notò, sempre in quel periodo, come i lavoratori delle fonderie, cave e officine meccaniche fossero assenti dal lavoro in modo sostanzialmente più frequente rispetto agli altri lavoratori. Questo costituì il primo indizio moderno dell’importanza clinica e diffusione dell’esposizione alla SLC.
Ma fu un altro episodio storico che portò definitivamente agli occhi del mondo i rischi che questi lavoratori correvano e che obbligò le autorità a prendere provvedimenti protettivi: il disastro durante la costruzione del tunnel Hawk’s Nest, in West Virginia. Durante la costruzione di questa galleria idroelettrica, i lavoratori furono esposti a elevatissime concentrazioni si SLC. Su circa 3000 di loro, da 400 a 1000 morirono per silicosi acuta, anche dopo solo un anno dall’esposizione e 1500 svilupparono forme gravi di silicosi nell’arco di 3 o 4 anni.
Inizialmente i casi furono registrati come pneumonia, ma quando un’epidemia di silicosi fu riconosciuta tra i lavoratori addetti alla costruzione di un’altra opera pubblica, il Gauley bridge e 400 morirono, si tornò a investigare sul sito del tunnel e si identificò la causa dei molti decessi nella presenza di rocce ad altissima composizione silicea.
Da allora enti e organizzazioni si attivarono per instaurare dei limiti di esposizione e dei profili comportamentali obbligatori per la tutela della salute.
Per quanto riguarda la situazione italiana, nel 1943, con la legge n.455, fu introdotta la copertura assicurativa obbligatoria contro la silicosi (e l’asbestosi), e il cosiddetto “premio aggiuntivo” per le aziende a rischio specifico. [...]
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Esposizione a silice cristallina in ambiente lavorativo. Influenza dei sistemi di campionamento e analisi sulla valutazione dell'esposizione professionale e del rispetto dei l imiti massimi consentiti.
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Informazioni tesi
Autore: | Mattia Carugo |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze e Sicurezza Chimico-Tossicologiche dell'Ambiente |
Corso: | Scienze e Sicurezza Chimico-Tossicologiche dell'Ambiente |
Relatore: | Corrado Lodovico Galli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 96 |
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