Home Bias: tra costi, barriere, preferenze del consumatore ed asimmetrie informative

L'oggetto di questo paragrafo consiste nel tentativo di dare una risposta alla seguente domanda: esiste un nesso che lega l'Home Bias finanziario all'Home Bias riscontrabile negli scambi reali? All'interno della letteratura è possibile fare una separazione tra due gruppi di autori che, sostanzialmente, forniscono risposte antitetiche alla questione presa in esame. Da un lato, i lavori di Baxter, Jermann e King (1996), di Pesenti e Van Wincoop (1996 e 2002) e di Van Wincoop e Warnock (2006) e di Coeurdacier (2008) negano che esiste un sostanziale nesso tra i due fenomeni, dall'altro le analisi di Collard, Dellas, Diba e Stockman (2007) e di Coeurdacier e Gourinchas (2009) forniscono una risposta positiva. Di fatto, secondo Baxter, Jermann e King: «L'Home Bias non è una risposta razionale da parte degli investitori ad un contesto in cui sono presenti sia i beni scambiati, sia quelli non-scambiati.20 I risultati suggeriscono che esistono dei guadagni rilevanti generati dalla diversificazione internazionale, anche in presenza di beni di consumo non-scambiati» (Baxter, Jermann e King 1996, 238).Pesenti e Van Wincoop (2002) sono dello stesso avviso e affermano che considerare il ruolo dei beni non-scambiati porta solo ad un bias di piccole dimensioni a favore dei titoli domestici (Pesenti e Van Wincoop 2002, 44). Van Wincoop e Warnock (2006) rilevano dai loro studi che l’Home Bias nel mercato dei beni è legato all’ Home Bias nel mercato finanziario tramite il tasso di cambio reale. In particolare, data la presenza di un bias a favore dei beni prodotti a livello domestico, quando l’allocazione della spesa differisce tra i Paesi, il tasso di cambio reale fluttua ed i tassi d’inflazione (espressi nei termini di una valuta comune) differiscono tra i diversi Paesi.