Da Ernesto De Martino a Michael Herzfeld: la cultura popolare italiana nell'antropologia visiva
Ernesto De Martino: la fotografia e la cinematografia demartiniana
Rispetto al lavoro di ricerca etno-antropologica nel Mezzogiorno d’Italia, de Martino si avvicinò all’approccio del Neorealismo, per puntare ad una denuncia immediata delle condizioni di vita e ad un progetto di trasformazione politica diretta. E’ importante sottolineare come l’antropologo desiderasse allontanarsi e prendere le dovute distanze dalla visione e dalla concezione limitativa del Sud tipica di Verismo e Naturalismo, che percepivano il mondo contadino come un mondo arcaico e arretrato. Il Neorealismo fotografico, sviluppatosi nel Dopoguerra, viveva una sorta di lotta politico-sociale e si espandé in modo strettamente dipendente alle problematiche dell’epoca: le rappresentazioni furono il prodotto delle pratiche demologiche operanti in Italia, soprattutto nel Meridione. Alberto Lattuada, regista, sceneggiatore, attore e produttore cinematografico, all’interno di un’intervista, ricordava che “le prime esperienze di quegli anni erano una polemica indiretta contro l’organizzazione sociale, andando alla ricerca dell’umile, del dimenticato, del povero…”. Negli anni postbellici, ci furono pochi lavori dal rigore scientifico, in grado di descrivere in modo sistematico un luogo o un contesto: occorre ricordare le fotografie di Arturo Zavattini a Tricarico durante la collaborazione con de Martino (Lucania, 1952) e quelle, per esempio, di Ernesto Treccani a Melissa (dal 1949 in poi). Il contesto di nascita di tali opere fu il Neorealismo, che progetta l’idea di testimonianza e partecipazione ai problemi delle masse popolari. Negli anni ‘60 il Neorealismo cessava di esistere, ma continuava ugualmente ad influenzare le fotografie di documentazione sociale (Franco Pinna, Mario Carbone, Federico Patellani…). Ernesto de Martino elaborò un modello di rappresentazione della società meridionale, comune a Carlo Levi, Rocco Scotellaro, Luchino Visconti, Cesare Zavattini, Vittorio De Sica, Renato Guttuso, Ernesto Treccani e Francesco Jovine: in tale modello si inserirono i fotografi neorealisti, particolarmente attenti alle tematiche del mondo popolare, soprattutto quello appartenente ai contadini del Sud. De Martino fu uno dei più autorevoli etnologi a studiare il Mezzogiorno e la relativa cultura contadina, parlando di relitti folklorici e di una realtà in via d’estinzione.
Per quanto riguarda il lavoro demartiniano e la spedizione in Lucania, de Martino eseguì delle inchieste a Tricarico, seguendo sostanzialmente due fasi: fra il 1950 e il 1952 operò unicamente nel paese di Tricarico, avvalendosi della collaborazione di persone impegnate in ambito culturale e politico, come Rocco Scotellaro, Carlo Levi, Henri Cartier-Bresson, Antonio Albanese e altri intellettuali, che si recavano nel paese o addirittura vi abitavano. Quindi l’esperienza di quegli anni fu una sorta di formazione e di bagaglio propedeutico, un periodo di analisi e sondaggi, un momento di impegno e riflessione. La seconda spedizione del 1952, alla quale si aggregò Arturo Zavattini, riguardò invece un territorio più vasto e non si avvalse del contributo degli intellettuali, come nella fase precedente.
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Da Ernesto De Martino a Michael Herzfeld: la cultura popolare italiana nell'antropologia visiva
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Informazioni tesi
Autore: | Letizia Menolfi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze pedagogiche |
Relatore: | Cristina Grasseni |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 95 |
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