Fratelli sani di bambini autistici: possibili indicatori di rischio di evoluzione socio-psicologica

I vari studi epidemiologici degli anni settanta tendevano a concordare l’incidenza dell’autismo in una percentuale oscillante tra lo 0.02% e lo 0.05%, ossia quasi un terzo dell’incidenza dei disturbi generalizzati dello sviluppo.
Questi studi sono messi in discussione da recenti studi epidemiologici condotti con criteri diagnostici (quali quelli del DSM III-R e DSM IV) i quali, come riferisce Peeters (1994), hanno evidenziato un’incidenza di 10 casi su 10.000, quindi in vent’anni l’incidenza è raddoppiata.
L'autismo è presente in ogni Stato e in ogni regione del mondo, in famiglie provenienti da tutte le razze, le religioni ed i livelli economici, andando così a smontare la iniziale tesi di Kanner e di altri studiosi i quali sostenevano il ruolo eziologico da attribuire al rapporto con i genitori.
Riguardo al sesso i maschi risultano i più colpiti con una percentuale di tre a uno, anche se secondo alcuni autori le femmine di solito hanno una forma di autismo più grave. Questo aspetto non è peculiare dell’autismo, poiché, molte disabilità dello sviluppo hanno un’incidenza maggiore nei maschi.
Riguardo alle famiglie si trova una percentuale di presenza dell’autismo che va dal 2 al 5% nei fratelli dei bambini affetti che equivale ad una probabilità da 50 a 100 maggiore rispetto alla normale popolazione.
La prognosi è particolarmente grave, si stima che nel disturbo autistico solo l’1-2% raggiungerà la normalità, e il 10-15% riuscirà a raggiungere una parziale autonomia dalla famiglia (Pazzagli, 1993), mentre il 25-30% mostrerà dei progressi ma avrà bisogno di essere sostenuto e controllato mentre gli altri rimarranno gravemente handicappati e totalmente dipendenti (Aarons, Gittens, 1990).