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Paura e criminalità a Firenze. Proposta metodologica per lo studio dei due fenomeni e delle loro correlazioni

Enclosure

Il concetto di Enclosure coincide con la traduzione letterale di quel clôture utilizzato da Foucault per descrivere la pratica di sigillare spazialmente un luogo avente caratteristiche specifiche e differenti dagli altri.
Secondo Tulumello, nonostante sia ben rintracciabile in ogni epoca storica, il fenomeno appena citato, sembrerebbe aver assunto un ruolo predominante nella società contemporanea determinando un effetto spaziale denominato clusterisation avente una doppia ripercussione sociale:
L'isolamento di singoli individui e di gruppi in spazi circoscritti e la conseguente esclusione di questi, dalla sfera dei diritti sociali attraverso il processo di "sospensione legale" descritto dal Petti.
Il fenomeno è paradossalmente riscontrabile sia per quanto concerne l'esclusione e l'isolamento forzato o (nelle migliori delle ipotesi) indotto, di quei soggetti "altri" definiti marginal and dangerous, sia nel voluntary seclusion/exclusion operato con frequenza dalle classi più abbienti.
Sempre secondo il Petti, l'origine dei moderni Enclosure space andrebbe cercata nei campi ideati tra la fine del XIX secolo e all'inizio del XX secolo dagli stati europei impegnati nelle campagne coloniali africane. Ancor prima dell'avvento del nazismo infatti, gli inglesi imposero, definendola formalmente una custodia preventiva, la stessa special legislation adottata poi dal Terzo Reich, per sedare le rivolte dei Boeri in Sud Africa.
Nonostante siano nate quindi, in contesti di instabilità politico-giuridica spesso legata a conflitti armati, le specificità dei campi possono essere però riscontrate ancora oggi nei nostri tessuti urbani.
L'esempio ricorrente in quasi tutti i grandi centri urbani d'Italia è il triste fenomeno dei campi rom, brandelli di terreno incolto siti in zone periferiche e generalmente delimitati da recinti, muri ed infrastrutture stradali, dove le popolazioni nomadi risiedono spesso in condizioni igienico-sanitarie altamente precarie.
Un altro esempio è dato dai gray spaces, definiti da Yiftachel come una fetta consistente del territorio non visto (e a mio modo di vedere, volutamente non visto), spazi catturati tra informalità (assenza di pianificazione) e illegalità, dove si cerca, continua Yiftachel, il senso di sicurezza e la piena adesione in situazioni a cavallo tra gli sfratti e la distruzione.
L'ultimo caso è dato da tutte quelle aree urbane considerate problematiche e volutamente "contenute" con metodi più o meno convenzionali. Consuetudine questa, che nel nostro paese ha portato alla nascita di veri e propri quartieri ghetto come il "Serenissima" a Padova, tristemente cinto da una cortina muraria alta 3m e ampiamente analizzato dall'indagine sociologica di Francesca Vianello e gli altri casi mediaticamente noti dei vari Zen e Scampia, due quartieri esclusi anche dall' altrettanto invalicabile muro della negligenza e dell’omertà.
Prendendo coscienza della influenza determinante che l’ambiente geografico opera nei confronti della struttura socioculturale dell'uomo e gli effetti catastrofici provocati dall' imposizione coercitiva di limiti geografici emerge con forza l’inconciliabilità, comune ad entrambi gli esempi di segregazione spaziale precedentemente esposti, dell’interporre barriere tra l'uomo e il suo primordiale istinto alla mobilità e alla socialità.
Nell' opera "Dictionnaire de la géographie et de l’espace des sociétés", Levy e Lassault negano il concetto di distanza, asserendo che è completamente scorretto e contro la natura stessa dell’uomo imporgli dei limiti fisici capaci di frenare quei flussi di mobilità e cultura, che in un processo spazio-temporale altamente dinamico ne hanno determinato la coevoluzione assieme alle varie basi geografico-ambientali nelle quali era inserito.
Dopo aver analizzato il fenomeno dell'isolamento forzato, è necessario scavalcare il "confine" ed approfondire i casi di autoesclusione, o per dirla alla Tulumello, le voluntary seclusion/exclusion.
L'autoesclusione dai centri urbani, tendenza già ampiamente dibattuta e professata dagli utopisti di stampo socialista Owen e Fourier e realizzata ad esempio nelle comunità agricole a gestione collettiva sorte in Palestina ad opera del movimento sionista a partire dal 1909-10 ed affermatesi poi nello Stato di Israele, denominate Kibbutz, sembra essere recentemente degenerata nel modello delle Gate Comunity.
Affermatesi in America negli anni '70, le Gate Comunity sono una tipologia di modello residenziale auto-segregativa, spesso recintata, formata da gruppi di residenze esclusive, avente accesso sorvegliato e rigidi regolamenti interni che spaziano dal target di residente ed eventuale ospite ammesso, alle attività e comportamenti consentiti all'interno della struttura.
Oltre alle abitazioni private vi sono aree comuni come parchi, palestre e piscine e per le Gate Comunity più prestigiose non mancano servizi di uso quotidiano come ristoranti, bar e scuole, grazie ai quali i residenti possono svolgere la maggior parte delle attività quotidiane senza uscire all'esterno.
Nate quindi come delle confortevoli e lussuose enclave mediante le quali sfuggire alle "minacce" della città contemporanea e ritrovare l'agognato senso di sicurezza, finiscono per innescare, come scrisse nel 2012 Rich Benjamin sul New York Times, "un circolo vizioso attirando residenti conformisti, tutti con la stessa opinione di chi cerca uno scudo contro gli estranei; e il cui isolamento fisico ne acutizza poi il pensiero paranoico collettivo nei confronti degli stranieri".
Quartieri dove secondo l'urbanista Fabrizio Bottini, docente al Politecnico di Milano intervistato da News Vice, "vive la logica della segregazione, di reddito e di fascia sociale".
Sempre Bottini, parlando di Borgo Vione, l'insediamento sito nella frazione di Basiglio, piccolo comune dell'hinterland milanese che ogni anno contende a Portofino il titolo di città più ricca d'Italia, si esprime così: "Definire Borgo di Vione una gated community è sbagliato, perché è molto peggio di una gated community. Borgo di Vione cerca di riprodurre la logica della comunità rurale chiusa, che lascia fuori tutto il resto. Un luogo che domina la campagna, che riceve i prodotti freschi e dove i nostri bambini giocano fra di loro e non con i figli degli immigrati".
Quartieri che cercano malamente di riprodurre comunità negando al contempo le fondamenta stesse del senso di comunità, quei principi di condivisione ed integrazione che da sempre, storicamente, hanno permesso ad ogni città di arricchirsi, materialmente e spiritualmente.
Queste "comunità", che trovano nell' Off-shore urbanism (espresso dalle isole artificiali di Jumeirah Palm Island e di Palm Jebel Ali a Dubai), la loro definitiva estremizzazione, sono ormai divenute un fenomeno globale in fortissima ascesa. Come espresso dal Petti, già nel 2006 negli Stati Uniti, 45 milioni di abitanti vivevano in gate communities.
Le motivazioni di questa auto-segregazione andrebbero cercate indubbiamente nella comodità di vivere nell'agiatezza di un villaggio dotato di ogni tipo di confort e servizio, ma soprattutto, ed è questo il fatto più grave, nell' esplicita volontà di voler ricreare una società omologata rinchiusa in un ambiente asettico, strutturato da configurazioni spaziali estranee al bacino identitario del territorio e capaci di "difenderci dai pericoli del mondo esterno".

"In questo senso la disponibilità di risorse naturali e servizi di ogni genere, si riflette anche nell'eterogeneità dei modelli architettonici utilizzati – Ci sono comunità per tutti i gusti, modernisti, country, neoclassici e post-moderni che contribuiscono attivamente ad instaurare una visione utopica della periferia urbana".

Una potente conferma simbolica di questo ci è offerta, così come sottolineato dal Tulumello, dal genio di Tim Burton nel suo film Edward Scissorhands, nel quale il protagonista, interpretato da Johnny Depp, lotta quotidianamente per essere accettato ed incluso dalla comunità di questa piccola cittadina, che a causa delle forbici che ha al posto delle mani, lo confina all'interno del suo castello.
Il regista infatti, per enfatizzare le "differenze" tra la comunità e il protagonista, scelse di girare il film in un piccolo sobborgo della Florida chiedendo che tutte le abitazioni fossero dipinte con colori pastello sbiadito, l'esatto opposto del nero costantemente indossato da Edward.

Rimanendo in ambito cinematografico, un altro film che denuncia il tema della discriminazione e dell'esclusione, è Gattaca - La porta dell'universo, girato da Andrew Niccol.
In un ipotetico futuro prossimo, immerso in una realtà distopica, l’umanità è infatti divisa in "Validi", coloro che sono stati concepiti attraverso una selezione genetica e che quindi hanno diritto di esercitare le professioni più prestigiose e "Non Validi", che al contrario sono ritenuti fisicamente ed intellettualmente inferiori dallo "screen genetico".
Emerge in questo film l'attuale traslazione, per dirla come Lepeyronnie, della distinzione tra dominante-dominati verso quella inclusi-esclusi, che sta proliferando nella società contemporanea in concomitanza con il crescente numero di barriere e in piena contraddizione, con il nostro istinto sociale di esseri umani.

"How do you hide when you're running from yourself?"

Nonostante l'opinione pubblica non inserisca l'Italia fra le nazioni inclini a fenomeni di auto-reclusione, fatto questo sottolineato da Petrillo, che convinto di ciò, ne attribuirebbe la causa alla storia civica e alla dimensione pubblica delle città italiane, in realtà stanno proliferando a detta del Porcu, insediamenti diffusi delimitati da barriere fisiche e protetti da dispositivi di videosorveglianza. A conferma di ciò, anche un altro accademico dedito allo studio delle cohousing, Chiodelli, sottolinea la forte somiglianza tra questi grappoli di residenze private e le gated communities.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Paura e criminalità a Firenze. Proposta metodologica per lo studio dei due fenomeni e delle loro correlazioni

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Informazioni tesi

  Autore: Claudio Catapano
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Architettura
  Corso: Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale
  Relatore: Iacopo Zetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 288

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