Immigrazione e finanza pubblica

Quando si parla di effetti economici dell’immigrazione è bene sottolineare come gli economisti pongano principalmente la loro attenzione sugli effetti comparati delle varie alternative sul mercato del lavoro e sulla distribuzione dei redditi.

Al fine di inquadrare la questione nei termini più appropriati , è opportuno ricordare che, nel caso di una flessione della forza lavoro nazionale, i modi attraverso i quali un’economia può far fronte alle mutate circostanze sono tre:

1) il ricorso a tecniche produttive a più elevato grado di meccanizzazione, equivalente, in termini macroeconomici, ad un aumento della dotazione di capitale per addetto;
2) la delocalizzazione di parte dei processi produttivi, equivalente ad una esportazione di capitale;
3) il ricorso a manodopera straniera.

È utile poter distinguere tra due situazioni, la prima, tipica degli Stati Uniti, che è caratterizzata da un mercato del lavoro competitivo e in cui i salari sono flessibili e consentono alla lunga di raggiungere un equilibrio tra domanda e offerta di lavoro e la seconda, rappresentata da un mercato del lavoro fortemente regolamentato e caratterizzato dalla presenza di sindacati forti, adatta a descrivere molti paesi europei.

In termini generali possiamo dire che, seppure in modi diversi, l’immigrazione avvantaggia sempre il datore di lavoro, che può disporre di manodopera che a parità di istruzione ha costi generalmente molto più bassi, e l’immigrato che ottiene un salario che presenta un surplus rispetto a quello che avrebbe potuto percepire nel paese d’origine.

Ciò che resta da capire è di conseguenza se l’immigrazione possa causare effetti negativi sul reddito e sull’occupazione della forza lavoro del paese di accoglienza. Nel caso di un mercato del lavoro flessibile si può ipotizzare che l’immigrazione causi un mutamento nella distribuzione del reddito a favore del profitto e, in piccola parte, dei cittadini stranieri.

Nel caso di mercati del lavoro fortemente regolamentati il ricorso a manodopera straniera rappresenterebbe invece il modo delle imprese di adattare la produzione alle fluttuazioni cicliche del mercato. La maggior facilità di licenziamento dei lavoratori immigrati, ed in particolare di quelli irregolari, darebbe alle imprese la possibilità di ammortizzare periodi recessivi senza dover necessariamente intervenire sul prezzo dei prodotti. In tal senso l’occupazione straniera non avrebbe così alcun impatto sull’occupazione locale anche se altri studi più particolareggiati individuerebbero un calo nelle remunerazioni della forza lavoro non specializzata, ovvero su quella più facilmente sostituibile28.