Le Visite pastorali. Cenni sull'istituto visitale ed analisi della Visita pastorale di D. G. Cadello in Ogliastra (1800-1801)
Difficoltà dello svolgimento delle visite pastorali in Sardegna tra XV e XVI sec.
Lo svolgimento delle Visite pastorali trovava, in terra sarda, delle oggettive difficoltà pratiche (a cui talvolta i presuli fanno riferimento nelle Relationes ad Limina come motivi per cui non hanno effettuato nei tempi previsti la Visita pastorale nella propria diocesi). Quali erano tali difficoltà?
Innanzitutto un ruolo decisivo era giocato dalle concrete circostanze geografiche, cioè dalle grandi distanze, poiché alcune diocesi erano molto estese e la viabilità non era certo ottimale.
Dopo il riordino a cavallo tra XV e XVI sec. (dovuto agli accordi tra Ferdinando il Cattolico e Roma), la circoscrizione ecclesiastica più grande era decisamente quella di Cagliari, che ormai non contava più nessuna diocesi suffraganea, avendo inglobato quelle di Iglesias, Dolia, Suelli e Galtellì, e formando quindi un territorio enorme ed assolutamente spropositato per un singolo vescovo.
Le strade erano poche e non molto praticabili: costituivano il camino real i tratti Cagliari-Sassari, Cagliari-Iglesias, Sassari-Alghero, Sassari-Castellaragonese, che erano però pure essi soggetti ad allagamenti durante le piogge invernali; nel resto della Sardegna la viabilità era inesistente o quasi. I viaggi sino a tutto il XVI sec. avvenivano a cavallo, mentre le carrozze cominciarono a circolare dentro la città di Cagliari nel primo Seicento.
Ad aggravare questo quadro già non facile vi era il male endemico della Sardegna, cioè la cosiddetta intemperie, la malaria, che imperversava su quasi tutta l'isola da fine maggio a tutto novembre: in tali mesi non solo era quasi impensabile effettuare spostamenti (inclusa la visitatio), ma addirittura i vescovi di Oristano, Bosa e Ales lasciavano la loro sede, cercando riparo in zone più salubri (cioè Cagliari e Sassari), emulati da molti dei prelati. Benché fosse evidentemente contraria alla riforma pastorale imposta dal Concilio di Trento, tale prassi fu tollerata dalla Santa Sede (che ne riceveva notizia nelle relationes ad limina) e “corretta” solo dal ministro piemontese Bogino.
Da quanto detto risulta che i vescovi per la visitatio avevano a disposizione i mesi primaverili, durante i quali però ricorrono le liturgie della Settimana Santa e della Pasqua (per le quali il vescovo è tenuto, oggi come allora, ad essere presente in diocesi), per cui di fatto il tempo a disposizione era ancora più esiguo.
A tali difficoltà “strutturali” della Sardegna, se ne aggiungevano di tanto in tanto altre determinate dalla contingente situazione storica. Le guerre rendevano del tutto imprudente lo spostamento di una comitiva vescovile: ad esempio nelle fonti ci sono riferimenti alla guerra che nel 1353 scoppiò fra il Regno catalano-aragonese di Sardegna ed il Regno di Arborea, al mancato sbarco delle truppe napoleoniche in Sardegna, alla rivolta antipiemontese, alla prima guerra mondiale.
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Informazioni tesi
Autore: | Valerio Luca Floris |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Beni Culturali |
Relatore: | Cecilia Tasca |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 71 |
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