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E-Voting

Dibattiti e sperimentazioni di eVoting in Italia

Per quanto concerne il nostro Paese il primo progetto legislativo avente come materia il voto elettronico appare già nel corso dell’ottava legislatura, quella che va dal 20 giugno 1979 all’ 11 luglio 1987. Questa prima iniziativa legislativa, per la verità, non ha lasciato importanti conseguenze sul tema specifico, al contrario, nella successiva legislatura, operante dal 12 luglio 1983 al 1 luglio 1987 il tema ha ottenuto una più seria e precisa attenzione; in questo periodo infatti sono stati presentati diversi disegni di legge in merito.
Alcuni di questi progetti hanno avuto anche una concreta attuazione per quanto concerne la procedura automatizzata dello spoglio delle schede elettorali ed altri invece hanno visto l’introduzione di una sperimentazione sul voto elettronico da parte del Ministero dell’Interno. Nel nostro ordinamento, la spinta ad intraprendere un percorso di innovazione sfruttando il processo informatizzato e automatizzato fu data dalla necessità, già allora ritenuta di primaria importanza, di snellire e ammodernare i processi elettorali, di cercare di rendere in generale il sistema più efficiente e di arrivare alla pubblicazione dei risultati delle elezioni in tempi più rapidi, anche se il vero input fu dato dalla necessità di limitare i fenomeni di brogli elettorali che hanno accompagnato la storia repubblicana sin dalle sue elezioni fondative del 2 giugno 1946.
Nel corso degli anni ottanta furono presentati anche disegni di legge dalle caratteristiche più “visionarie” in quanto essi si spingevano ad ipotizzare una completa automazione delle procedure elettorali, dall’espressione del voto fino allo scrutinio. Uno di questi progetti fu presentato alla camera da Guido Pollice appartenente alla Democrazia Proletaria, tale progetto prevedeva che l’elettore, nel momento in cui si sarebbe trovato in procinto di votare avrebbe dovuto inserire un’apposita scheda cartacea in una macchina e, successivamente, esprimere la propria scelta di voto premendo con il dito, nel pannello della stessa macchina, in corrispondenza del simbolo del partito e poi del candidato prescelto; in caso di referendum si sarebbe dovuto premere il tasto in corrispondenza del si o del no. Al termine di questa operazione la macchina avrebbe restituito la scheda che l’elettore avrebbe dovuto inserire nell’urna per poi essere scrutinata in modo elettronico da parte di un altro macchinario in grado di leggere e registrare il voto, esisteva anche la possibilità di correggere eventuali errori prima di premere il tasto di “fine operazione”.
Un altro progetto che merita di essere menzionato in questa sede e che è contestualizzato negli stessi anni del precedente, è quello presentato dalla stessa Camera da parte di Bruno Stregagnini delle Democrazia Cristiana. Suddetto progetto, sempre mirante ad una completa automazione della procedura di voto, aveva come caratteristica quella di non prevedere l’uso di schede per votare, il voto dell’elettore sarebbe stato registrato direttamente nella memoria dell’elaboratore. Sostanzialmente, il senso di questo progetto era quello di introdurre un sistema di voto caratterizzato dalla presenza di macchine dotate di tecnologia touch screen che consentissero di votare sfiorando con un dito lo schermo di un monitor posto all’interno della cabina elettorale. Il voto sarebbe poi stato inviato ad un computer per essere contabilizzato.
Il 5 giugno 1986, nell’intervallo temporale tra il primo e il secondo disegno di legge appena esaminato, La Camera dei Deputati ha deciso di avviare, attraverso la prima Commissione Affari costituzionali , un’indagine a carattere conoscitivo ai fini di valutare le possibilità applicative delle tecnologie informatiche al procedimento elettorale. La Commissione si occupò principalmente di valutare i tempi, le caratteristiche tecniche ed i costi necessari all’applicazione diretta di tale innovazione, consultando anche i rappresentanti di tre importanti industrie operanti nel campo informatico come Italsiel Olivetti, Ibm Italtel e Sweda Enidata. È importante sottolineare come i disegni di legge esaminati, insieme ad altri che si sono susseguiti nel corso delle varie legislature non sono mai stati discussi dalle Camere e, di conseguenza, non hanno mai avuto la possibilità di trasformarsi in concreta normativa volta a disciplinare il voto elettronico. Tali progetti non sono stati di certo vani in quanto hanno contribuito alla sensibilizzazione degli organi istituzionali sul tema e stimolato il dibattito in tal senso.
Il motivo per cui tali disegni di legge non sono mai giunti alle Camere per essere discussi è individuabile nell’assenza di concrete esperienze in tal senso e di una relativa casistica, tutto questo a causa di una duplice circostanza: l’avanzamento tecnologico impediva di prendere a riferimento una precisa tecnologia; la diffidenza verso le tecnologie e gli eventuali rischi ad esse associate erano dure da combattere. L’assenza di una specifica normativa ha costretto l’Italia a non adottare forme di voto elettronico o automatizzato su scala nazionale ma, d’altro canto, non si è neppure preclusa la possibilità di avviare sperimentazioni e progetti pilota volti a testare il funzionamento e la riuscita di eventuali, future applicazioni di progetti di questo tipo. Occorre precisare che, alcune di queste sperimentazioni, hanno anche avuto carattere ufficiale ma sempre in ambiti territoriali ristretti e sempre affiancati a procedure di voto cartacee tradizionali, in questo modo si è permesso agli elettori di ripetere il proprio voto in forma elettronica dopo aver votato in maniera tradizionale.
Questo tipo di voto potrebbe essere definito come di “informatica parallela”, ovvero caratterizzato dal persistere di un doppio canale: cartaceo ed elettronico. In alcune circostanze, lo strumento della votazione automatizzata, non è stato utilizzato per far votare ai cittadini i membri rappresentativi degli stessi bensì per sottoporre al voto popolare alcuni progetti pubblici o per far eleggere rappresentanti di altre istituzioni per le quali non entrava in gioco l’esercizio di sovranità popolare. Un esempio a tal riguardo potrebbe essere quello delle votazioni riguardanti il rinnovo di organi accademici di talune università.
La prima timida apparizione in forma sperimentale dell’ eVoting ebbe luogo nell’ anno 1997 nel Comune di Amelia in Umbria che, all’epoca, contava circa dodicimila abitanti, e nei comuni valdostani di La Salle, Arnald, Valsavarenche, Issime e Courmayeur.
In queste occasioni il voto elettronico è stato espresso in apposite cabine sperimentali, dotate di un videoterminale capace di registrare il suffragio e, successivamente, in grado anche di effettuare la fase di scrutinio in modo totalmente informatizzato.
Un ulteriore ed importante esperimento in tema di votazione elettronica è stato condotto nel Comune di San Benedetto del Tronto, Comune di quarantottomila abitanti ubicato nelle Marche in provincia di Ascoli Piceno, in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale, nell’aprile del 2000. Il metodo sperimentale utilizzato consisteva nel dare agli elettori della sola diciannovesima sezione la possibilità di votare prima con il metodo tradizionale e poi in modo elettronico ripetendo la votazione espressa con il sistema cartaceo utilizzando un computer, simile nell’aspetto e nel funzionamento a uno sportello bancomat attraverso il quale votare con un semplice tocco dello schermo (utilizzando un display dotato di tecnologia touch screen), in modo molto semplice e guidato esprimendo una singola selezione, poi confermata al termine del percorso di voto.
In un periodo successivo a quello appena esaminato, precisamente il 13 maggio 2001, il voto elettronico è stato nuovamente sperimentato in alcuni comuni della Sardegna (Guamaggiore, Serri, Escola, Ortacesus), nonché in Lombardia nel comune di Novate Mezzola, sempre in occasione di elezioni politiche.
Per quanto i riguarda i comuni sardi l’innovazione è consistita nell’inserimento di alcuni codici a barre sulla scheda, accanto ad ogni simbolo di partito. Dal punto di vista degli elettori la modalità di voto non è cambiata di alcunché in quanto per votare occorreva apporre una croce sul simbolo prescelto, ma in questo caso le schede, sempre cartacee, depositate nell’urna, non sono state lette da uno scrutatore come avviene nello scrutinio tradizionale ma da una penna ottica mediante i codici a barre. Un software particolare, sviluppato appositamente per l’occasione e denominato “e-voto”, ha consentito che lo scrutinio fosse del tutto informatizzato.
Per quanto riguarda l’esperienza svoltasi nel comune di lombardo di Novate Mezzola, le procedure di voto tradizionali sono state abbinate alle votazioni elettroniche durante le quali si chiedeva agli elettori di esprimersi in una cabina elettorale dotata di apposite apparecchiature. All’interno della cabina era infatti presente un videoterminale attraverso il quale era data la possibilità di esprimere il suffragio toccando lo schermo in corrispondenza della propria scelta. La spinta alla sperimentazione di questi innovativi sistemi di voto è derivata parimenti dall’Unione Europea, in particolare con i progetti CyberVote ed E-Poll. Nell’ambito di quest’ultimo si è registrata un’ altra sperimentazione questa volta avvenuta ad Avellino, in Campania il 7 ottobre del 2001, in occasione del referendum costituzionale, per il quale i cittadini furono chiamati a esprimersi sulla riforma del Titolo quinto della Parte seconda della Costituzione. In questa occasione circa duecento elettori appartenenti alla prima sezione si sono espressi attraverso un procedimento totalmente informatizzato, caratterizzato dall’ impiego di speciali smart card che consentivano di identificare i votanti e, successivamente, di abilitarli al voto. Il voto è stato espresso su un personal computer posizionato in postazioni collocate sia presso il seggio elettorale che nei locali Comunali, lasciando agli elettori la libera scelta del luogo in cui votare.
Restando sempre in tema del suddetto progetto comunitario è da riportare che, nell’anno 2002, a Campobasso (Molise) si è tenuta una nuova sperimentazione in occasione delle elezioni provinciali stabilite per il maggio di quell’anno. Anche in questo caso le elezioni si sono sviluppate utilizzando il sistema della “doppia votazione” o se si vuole della “dualità” ovvero, parallelamente al seggio elettorale tradizionale si è proceduto ad installare una speciale postazione di voto informatizzata e, questa è la novità più importante, per la prima volta si è avuta la gestione informatizzata del riconoscimento dell’elettore mediante la comparazione tra l’impronta digitale dell’elettore, memorizzata in precedenza in un’apposita smart card, e quella apposta su un lettore di impronte attraverso il quale convalidarsi nelle fase immediatamente precedente al voto; nel caso ci fosse stata la piena compatibilità tra le due impronte l’elettore veniva abilitato al suffragio. La modalità di voto prevedeva che le preferenze espresse fossero criptate in modo tale da garantire l’anonimato all’elettore e acquisite in modo elettronico dal Ministero dell’Interno, dove era presente un’urna virtuale, e ove avveniva lo scrutinio in modo del tutto automatico subito dopo la chiusura delle operazioni di voto. I risultati venivano poi comunicati in tempo reale.
Nel 2003 ben quattro Comuni del Friuli (Trieste, Gorizia, San Vito al Tagliamento, Cividale del Friuli) sono stati coinvolti in un test di voto elettronico. In questo caso erano stati chiamati ad esprimersi con modalità elettronica un numero di elettori di gran lunga superiore rispetto a quelli coinvolti nei casi precedentemente esaminati; in questo caso le elezioni riguardavano le consultazioni inerenti al rinnovo del Consiglio Regionale. Il progetto in questione era stato finanziato interamente dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e supportato da una grande campagna di informazione rivolta al pubblico nella quale erano stati anche inviati, agli elettori interessati, dei video esplicativi contenenti istruzioni sul procedimento di voto.
Anche in questa circostanza si è proceduto allestendo un seggio “virtuale” che affiancasse quello tradizionale e la votazione degli elettori interessati dalla sperimentazione era, anche questa volta, una votazione doppia in quanto, dopo aver votato con i sistemi tradizionali, essi avrebbero dovuto ripetere la stessa votazione anche su una scheda elettronica tramite il monitor di un computer, dotato sempre di tecnologia touch screen. In questo modo era possibile esercitare anche il voto disgiunto o votare “scheda bianca”. Per quanto concerne l’aspetto dell’identificazione degli elettori essa avveniva tramite carta d’identità elettronica.
Un ulteriore progetto in forma sperimentale su scala locale è quello denominato “ProVotE”, posto in essere in occasioni delle elezioni amministrative del maggio 2005 e promosso dalla provincia autonoma di Trento. La messa in pratica di questo progetto è stata possibile grazie ad una legge Costituzionale, nello specifico la numero 2 del 2001, in base alla quale gli enti a statuto speciale hanno assunto nuove competenze in materia di elezioni amministrative e referendarie, legittimando quindi la disciplina in tema di automatizzazione delle procedure elettorali contenuta nell’art. 84 della Legge Provincia di Trento n. 2/2003 in combinato con l’Art n. 63 della Legge Regionale Trentino-Alto Adige n. 7/2004, anche in questo caso l’Art n. 63 comporta importanti innovazioni riguardanti tutti i comuni e inerenti all’introduzione di sistemi di voto elettronico in determinati casi.
In occasione delle elezioni amministrative svoltesi nel 2005 sono stati cinque i Comuni della provincia coinvolti (Trento, Lomaso, Fondo, Coredo e Baselga di Pinè). Per quanto riguardo il profilo organizzativo l’intero progetto è stato coordinato da soggetti pubblici, in particolare da rappresentanti del Servizio Elettorale della provincia, da due équipe tecnologiche, una operante in materia di sviluppo del software e l’altra impegnata nella logistica, nello stoccaggio e nella fornitura dell’hardware, a tali soggetti si è affiancata anche l’Università di Trento che ha partecipato con il suo Dipartimento di Ricerca Sociale. Le sperimentazioni sono successivamente proseguite in Trentino nei comuni di Daiano, Peio, e Cavedine (in occasione delle elezioni comunali del 2006), nel liceo Leonardo Da Vinci (in occasioni delle elezioni riguardanti i rappresentanti di istituto) ed infine, nella Provincia di Trento riguardanti le elezioni provinciali del 2008. È importante evidenziare come l’unico test a cui è stato riconosciuto valore legale è stato quello svolto presso il Liceo Leonardo Da vinci di Trento; in tutti i restanti casi la votazione elettronica ha unicamente affiancato quella tradizionale: i cittadini, una volta effettuata la votazione con sistema cartaceo sono stati invitati a ripeterla utilizzando strumenti di votazione elettronica, quest’ultimo sistema, pertanto, non ha avuto valore legale ma solamente di affiancamento e sperimentazione.
Passando ad analizzare i punti di innovazione portati da questo progetto si nota che essi riguardano sia il dispositivo utilizzato, che risulta essere progettato e assemblato in ambito locale, sia la valutazione in merito dei cittadini. Coloro che vi hanno partecipato (in alcune sezioni) all’uscita dei seggi sono stati subito intervistati da un’apposita équipe composta da sociologi, i quali hanno rilevato un apprezzamento finale elevato per il progetto.
Altro test di eVoting effettuato nello stesso periodo è stato quello realizzatosi a Cremona il 9 e 10 aprile del 2006 in occasione delle elezioni politiche. In ben quattro sezioni i cittadini sono stati autenticati al voto attraverso la carta d’identità elettronica e sono stati invitati a votare tramite l’utilizzo di un touch screen posto all’interno di una cabina informatizzata. L’esperienza di voto pocanzi descritta è stata comunque inquadrata in un’ottica di sperimentazione parallela, anche in questo caso era necessario votare prima in modo tradizionale, utilizzando la scheda cartacea e matita copiativa e poi, a votazione ultimata, ripetere il suffragio in maniera informatizzata. Per quanto concerne i risultati ottenuti da questi test si può affermare che essi sono stati di gran lunga positivi in quanto, la votazione elettronica, ha ottenuto da un lato il consenso della pressoché totalità degli elettori che sono stati chiamati a queste sperimentazioni e, dall’altra, ha consentito un sostanziale risparmio di tempo necessario per gli scrutini. Altri risultati positivi che sono emersi a seguito di queste sperimentazioni sono stati quelli riguardanti l’accresciuta velocità e precisione dei risultati nelle procedure elettorali. Il risultato maggiormente apprezzabile, probabilmente, consiste nell’aver indotto fiducia nell’elettorato e nella classe politica riguardo l’utilizzo delle tecnologie elettroniche in tale settore. Il più delle volte, infatti, gli attori sociali trovano difficoltà nel convincersi che un sistema elettorale elettronico sia altrettanto in grado di assicurare anonimato e affidabilità rispetto a quello tradizionale.
La normativa elettorale, come già visto in precedenza, non prevede a livello statale una disciplina del voto elettronico. Negli ultimi anni, tuttavia, in occasione delle ultime consultazioni elettorali, sono state introdotte alcune importanti disposizioni aventi carattere innovativo che meritano senz’altro attenzione. A partire dalle elezioni europee del 2004 il Ministero dell’Interno e l’allora Ministero per l’innovazione e le tecnologie, hanno avviato una sperimentazione parziale di automazione del procedimento elettorale, che si occupava principalmente della fase successiva alla conclusione delle operazioni di voto, condotte con le tradizionali schede cartacee. La sperimentazione appena menzionata riguardava principalmente le operazioni di scrutinio e trasmissione dei dati, mediante rilevazione informatizzata e invio telematico dei risultati direttamente dai seggi elettorali a un Centro servizi nazionale. La sperimentazione di cui si sta parlando ha visto interessate in prima battuta 1500 sezioni elettorali dislocate su tutto il territorio nazionale poi, in un secondo momento, è stata estesa a tutte le sezioni della Liguria (in occasione delle elezioni regionali del 2005) ed infine, le sezioni coinvolte hanno raggiunto il numero di 12680, dislocate in Liguria, Sardegna, Puglia e Lazio. Tali sezioni sono state individuate con decreto del Ministero dell’interno 23 gennaio 2006.
È di fondamentale importanza evidenziare come queste sperimentazioni non prevedevano forme di voto elettronico a distanza, come potrebbe essere ad esempio un voto via internet, limitandosi a disciplinare lo scrutinio elettronico e la trasmissione dei dati.
Riguardo a tale ultima attività, la normativa prevedeva, dapprima limitatamente alla sola regione Liguria, la trasmissione dei risultati dagli Uffici elettorali circoscrizionali al Ministero dell’interno per via telematica, mentre per le altre Regioni solo la rilevazione informatizzata dei risultati. Successivamente la trasmissione fu estesa a tutto il territorio nazionale generando però non poche complicazioni e disguidi. La norma specificava che la trasmissione in via telematica dei risultati aveva “carattere esclusivamente sperimentale” e che non poteva “in ogni caso, determinare rallentamenti nell’effettuazione delle operazioni di conclusione dello scrutinio come previste dalle disposizioni vigenti”. La realtà però è stata diversa a causa di importanti disguidi tecnici per lo più legati a falle presenti nell’organizzazione che hanno causato incertezze profonde sui risultati elettorali, talmente evidenti che hanno costretto le Camere a disporre un nuovo conteggio supplementare per ben quattro milioni di voti. Nei contenuti del Vademecum per le elezioni politiche del 2006, pubblicato dal Ministero dell’interno, le modalità di realizzazione prevedevano che la rilevazione informatizzata dello scrutinio fosse effettuata all’interno dell’ufficio elettorale di sezione da un operatore informatico, nominato proprio dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie, incaricato di effettuare la rilevazione delle risultanze dello scrutinio di ciascuna scheda utilizzando un apposito strumento informatico, secondo le direttive emanate, per quanto di rispettiva competenza, dal Ministero dell’Interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre il già menzionato Vademecum prevedeva che il Presidente dell’Ufficio elettorale di Sezione tenesse anche conto delle esigenze collegate alle modalità operative della rivelazione informatizzata e, nel caso di assenza o impedimento dell’operatore informatico, o di qualsiasi difficoltà tecnica o operativa nell’effettuazione della rilevazione, procedesse alle operazioni di scrutinio secondo disposizioni vigenti. Una volta conclusesi le operazioni di spoglio delle schede era onere del Presidente dell’ufficio elettorale di sezione attestare la conformità degli esiti di rilevazione informatizzata rispetto a quelli risultanti dallo scrutinio della votazione avvenuta con il sistema tradizionale e, in caso di discordanze, provvedere agli adempimenti previsti dalla legge, tenendo conto dei risultati riportati sulle tabelle di scrutinio cartacee. Per quanto si legge nel Vademecum la situazione italiana non rappresenterebbe un vero e proprio scrutinio elettronico, effettuato cioè con procedure informatizzate, si tratterebbe piuttosto di rilevazione informatizzata dello scrutinio (manuale). Si aggiunga anche che le sperimentazioni effettuate sul territorio nazionale hanno comportato una duplicazione della procedura in quanto lo scrutinio doveva avvenire sia per il voto espresso in maniera tradizionale (cartacea), sia per quella eseguita mediante supporti tecnologici (sebbene questa non avesse una natura ufficiale ma di test).
La sperimentazione italiana su larga scala, dunque, pur limitata alla sola fase di scrutinio e trasmissione dei voti, è stata fallimentare. Oltre ai problemi tecnici, si sono spesso mosse accuse contro il Governo che veniva criticato di aver commissionato lo sviluppo dei software, necessari all’attuazione delle sperimentazioni, a società private, individuate senza alcun confronto concorrenziale. Inoltre, gli “scrutatori elettronici”, cioè gli informatici che dovevano presiedere alle nuove procedure di spoglio, sono stati selezionati da agenzie private di lavoro interinale, avendo, dunque, status giuridico distinto rispetto agli scrutatori tradizionali, che assumono funzioni di pubblici ufficiali. Questi motivi hanno portato, pochi mesi dopo, l’allora Ministro dell’Interno, Giuliano Amato, a dichiarare che il sistema di scrutinio elettronico sarebbe stato abbandonato. Ultimo esempio di sperimentazione del voto elettronico in Italia (prima di quello del Salento eVoting, di cui mi occuperò nel seguente paragrafo) è stato quello portato avanti in un’altra Regione a Statuto Speciale, ovvero il Friuli Venezia-Giulia nel 2007. È importante ricordare che, a seguito della riforma costituzionale del 2001, le regioni a statuto speciale possono scegliere autonomamente la propria forma di governo e le modalità attraverso le quali eleggere i propri rappresentanti. Proprio sfruttando questa nuova normativa, nel novembre 2007, i due municipi friulani di Campolongo al Torre e Tapogliano, hanno utilizzato il medesimo sistema trentino sperimentato nell’ambito del progetto “ProVotE” ai fini di un referendum riguardante l’unione dei due comuni. L’importanza di questa votazione elettronica consiste nel fatto che essa non è stata affiancata, come in precedenza, a votazioni utilizzanti il sistema tradizionale, ma è stata impiegata come unica modalità per esprimere il suffragio, acquisendo quindi, pieno valore legale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

E-Voting

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Informazioni tesi

  Autore: Guido Pace
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Teramo
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Mario Sirimarco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 165

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