La comunicazione nella fantascienza
Dallo schermo all’ologramma: la civiltà dell’immagine
Il XX secolo è stato indubbiamente il secolo della civiltà dell’immagine, spesso posto in antagonismo con la “galassia Gutemberg” che aveva segnato la supremazia della stampa per secoli. Il mondo dell’immaginario, marginalizzato così a lungo in occidente, si è preso la sua rivincita con l’affermarsi dei mass media audiovisivi, prima tra tutti la televisione. Oggi si riconosce che l’uomo è anzitutto un “animale immaginativo” e che non solo le arti, ma anche la scienza, la filosofia, la politica vivono in un universo di immagini, in una società iconica. L’odierno capovolgimento è stato analizzato da molti studiosi. Durand1 ripercorre le tappe storiche che, dalla svalorizzazione dell’immagine, hanno portato al trionfo attuale. L’origine dell’iconoclasma deriva dal socratismo e dalla logica binaria (vero o falso, senza terza possibilità) che porta ad una condanna dell’immagine, ambigua e quindi maestra d’errore e falsità. La distruzione delle immagini sante da parte degli imperatori bizzantini (VIII-IX secolo), la scolastica medievale, la Riforma luterana e la diffidenza di Galileo e Cartesio verso l’uso dell’immagine nelle dimostrazioni scientifiche2 sono tutte manifestazioni storiche dell’iconoclasma, ma non bisogna pensare che non vi siano state resistenze da parte dell’immaginario: da Platone e il suo linguaggio immaginario del mito, all’adorazione delle immagini religiose, dalla Controriforma all’estetica preromantica. Eppure proprio dalla scienza e dalla chimica, caratterizzate dall’iconoclasma galileiano, nascono le prime immagini fotografiche secondo un “effetto perverso” (che cioè contraddice o smentisce le conseguenze teoriche della causa) ben descritto da Durand3. Le immagini hanno un ruolo decisivo quali messaggi provenienti alla coscienza dal fondo inconscio; questa è stata la grande scoperta di Freud. L’uomo è un animale che ragiona per immagini. La mitologia è fatta di immagini simboliche archetipiche.
Occorre considerare anche l’antichità dell’immagine rispetto alla scrittura; si pensi alle pitture sulle pareti delle grotte Lascaux risalenti a 15-20.000 anni fa, mentre l’invenzione della scrittura si fa risalire alla Mesopotamia del 3500 a.C. Si trattò di un’invenzione clamorosa: “proprio l’artificialità del nuovo mezzo ne fece per secoli uno strumento delle élite (…) per secoli il grande libro popolare fu visivo: iconico, narrativo, allegorico. Era la cattedrale medievale, con le sue statue e le sue vetrate, a raccontare la storia e a indicare i princìpi morali, rappresentando in qualche modo una summa dei saperi e delle conoscenze che tutti potevano vedere, cioè „leggere’. Un megaschermo televisivo, fisso nella pietra.”4 Dal medioevo ci giunsero anche, teniamolo presente, manoscritti miniati nei cui capilettera trovava posto un intero mondo figurativo5. In tempi più recenti troviamo celebri opere illustrate tra cui il caso dei Promessi Sposi, preso in esame da Toschi6, è da ricordare perché l’illustratore, Francesco Gonin, lavorò sotto la direzione (la “regia”) dello stesso Manzoni.
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La comunicazione nella fantascienza
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Informazioni tesi
Autore: | Massimo Acciai |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2001-02 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Luca Toschi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 176 |
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