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La rappresentazione cinematografica del Risorgimento nella storia d'Italia: 1905-2010

Dalle camicie rosse alle camicie nere: il periodo fascista 1922-1945

La produzione risorgimentale non può esimersi dal prendere in considerazione il particolare contesto storico legato alla salita al potere del Fascismo. La tematica risorgimentale resta costante sin dalle origini del cinema italiano, tra picchi produttivi e numeri più esigui di titoli, prestandosi di volta in volta alle diverse esigenze ideologiche delle forze governative.

Con la salita al potere di Mussolini nel 1922, il cinema italiano continua ad affrontare la crisi iniziata con la fine della Grande Guerra: le produzioni sono caratterizzate dalla ripresentazione di modelli narrativi, già ampiamente collaudati nel decennio precedente, risultanti quindi anacronistici e superati rispetto alla produzione coeva di altre cinematografie internazionali, non più in grado di competere con un sistema stilistico e produttivo sempre più esigente.

Gli anni d'oro antecedenti la Prima Guerra Mondiale vedono il definitivo tramonto dei filoni epici della Storia italiana, mentre il divismo viene eclissato dai nuovi miti americani. Il periodo compreso tra la Marcia su Roma e l'avvento del sonoro alla fine degli anni Venti, è caratterizzato dunque da un arresto produttivo, dovuto al fallimento di molte case di produzione e dalla mancanza di capitali investiti nel cinema. Inoltre l'affermazione del cinema come prodotto di massa, comporta una domanda molto elevata di titoli cinematografici, a cui il mercato italiano è incapace di rispondere, per cui si assiste ad un'imponente importazione di film stranieri, soprattutto hollywoodiani, tollerati in questi primi anni di regime.

Con il consolidamento del potere del Fascismo, si attribuisce il ruolo di salvatore dell'industria cinematografica a Mussolini, per la sua presunta rinascita, ma nei numeri la produzione di film raggiunge uno dei livelli minimi della sua storia. Il regime però è inizialmente interessato a mantenere inalterate le condizioni di controllo e di censura del sistema-spettacolo, così come efficacemente impostato durante l'età giolittiana, quindi sotto il profilo della morale e della prevenzione.

Solo successivamente, a partire dagli anni Trenta, si concepisce il cinema come strumento di propaganda diretta e quindi di celebrazione per il partito: infatti il sonoro restituisce slancio alla produzione italiana. Bisogna precisare che il Fascismo ha ereditato dall'età giolittiana una serie di fenomeni artistici ed economici ben consolidati, che quindi hanno proseguito anche negli anni a venire. I vertici del regime intuiscono però che impostare una cinematografia sulla propaganda porterebbe al fallimento commerciale e al boicottaggio internazionale, per cui ne sfruttano le armi di rifugio e di fabbricazione di immaginari, attraverso cui restituire l'immagine costruita di una nazione unita, in cui si sono superati i conflitti di classe.

Si riconoscono le esigenze artistiche e spettacolari del cinema, oltre che le regole di mercato e le potenzialità di seduzione del pubblico, di fatto il cinema si presta ad essere un abile strumento di propaganda, congeniale alle politiche del partito, anche in relazione al filone risorgimentale. Negli anni Venti, il regime infatti elabora una rilettura storica del periodo risorgimentale, avviando un dibattito tra i principali intellettuali del partito, sulla questione del Risorgimento, che viene visto da alcuni come una rivoluzione anticipatrice del Fascismo, da altri come momento di rottura, rispetto ad un'epoca considerata retrograda ed immobile. In polemica con la posizione crociana che pone il Fascismo come un elemento di rottura rispetto al Risorgimento ne La storia d'Italia, illustri intellettuali di regime presentano il Fascismo come “figlio del Risorgimento”, elaborando un parallelo tra le imprese garibaldine e quelle fasciste, secondo una continuità temporale tra la storia dell'Ottocento e quella presente.

Da questo momento in poi, la Storia ufficiale di regime viene impostata su questa opportunistica linea di discendenza. Ad animare il dibattito sono le due correnti contrapposte che vedono da una parte Bottai e Gentile, sostenitori di tale discendenza, come momento conclusivo della nascita della nazione; dall'altra Malaparte e Maccari, che al contrario sottolineano il momento di rottura rispetto al periodo risorgimentale, visto negativamente perché borghese, in particolare distinguono le vicende diplomatiche e gli interessi della politica di Cavour, dai rivoluzionari Mazzini e Garibaldi. Nonostante ciò, sono pochi i film dedicati al Risorgimento rispetto alla cinematografia precedente: il cinema risorgimentale vede un'intensificazione della propria produzione negli anni compresi tra il 1923 e il 1927, confermando quindi la propria popolarità, per una ripresa nei primi anni Trenta.

In realtà fino al 1927, si parla ben poco del periodo risorgimentale, a tutto vantaggio della storia recente della società italiana. Traslando questo contesto produttivo in quello storico del Partito, si può rilevare non a caso che proprio nel 1932, Mussolini riconosca il Risorgimento come rinascita dell'Italia che il Fascismo sta proseguendo: una dichiarazioni che in maniera più o meno diretta influenza la produzione cinematografica. A partire dagli anni Trenta si intensifica infatti l'operato della “fascistizzazione” del Risorgimento, ad opera dell'allora Ministro dell'Educazione (1935), Cesare Maria De Vecchi, di Giovanni Gentile e di Gioacchino Volpe, che concorrono nell'elaborazione di una revisione delle origini dello Stato italiano, screditando la Rivoluzione francese e sottolineando un'innata spiritualità del popolo italiano votato alla Patria.

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La rappresentazione cinematografica del Risorgimento nella storia d'Italia: 1905-2010

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Informazioni tesi

  Autore: Lara Zentena
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Patrizia Dogliani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 180

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