Dal feto al bambino: il processo di nascita
Dalla vita intra-uterina a quella extra-uterina
Il parto può essere considerato un momento traumatico per il bambino sia su un piano emotivo e comportamentale, ma in primo luogo sul piano fisico. Esaminiamo, più da vicino, questo grande momento di transizione per capire, in realtà, in cosa consiste il trauma fisico legato alla nascita.
Partiamo con l'analizzare le condizioni in cui si trova il bambino quando è all'interno del grembo materno:
-è abituato a stare in un ambiente liquido, infatti, il feto si sviluppa e cresce nel liquido amniotico che lo sostiene e lo protegge dall'impatto più duro con l'ambiente esterno;
-è al riparo da forti rumori e da stress acustici, infatti, i suoni che arrivano sono tutti ovattati;
-è in un ambiente praticamente privo di luce, ed è quindi abituato a stare in una condizione di buio;
-la temperatura è piuttosto elevata, corrisponde cioè alla temperatura corporea interna della madre;
-si nutre e respira attraverso il cordone ombelicale, quindi non solo non è abituato al "contatto" con l'aria stando nel liquido amniotico, ma neppure i suoi polmoni sono abituati ad incamerare aria, sono, infatti, pieni di liquido.
Il feto vive in un microcosmo tutto suo, un habitat molto confortevole, dove trova tutto ciò che gli serve: nutrimento, calore, sicurezza, protezione…ed è abituato a stare in un ambiente del genere da ben nove mesi (Domenici, Meossi, 1995).
Nel complesso, in una gravidanza relativamente buona, possiamo dire che il feto sembra vivere una vita di relativo agio caratterizzata da rilassamento e passività.
Se, invece, adesso facciamo riferimento a quello che è l'ambiente in cui il bambino viene al mondo, vediamo che questo è totalmente diverso da quello in cui si è sviluppato: il neonato lascia il contatto con il liquido e si ritrova a contatto con l'aria e soprattutto ad una temperatura molto inferiore rispetto a quella a cui era abituato; l'ambiente in cui si ritrova è sicuramente molto luminoso rispetto al precedente, ed anche i rumori non sono più ovattati ma sonori e diretti; e soprattutto, oltre al taglio, forse troppo repentino del cordone ombelicale, i suoi polmoni si ritrovano per la prima volta a "respirare", e ad incamerare aria che, per quanto a noi sembri ormai impossibile, al primo impatto brucia terribilmente, ed ecco il motivo per cui il neonato emette il suo primo e deciso "urlo" più che giustificabile, direi, se si tiene conto di tutte le considerazioni fin qui fatte. Quando arriva il momento della nascita, il piccolo si trova, quindi, di colpo proiettato all'esterno e, nel giro di breve tempo, è sottoposto a modificazioni fisiologiche notevoli; le sue capacità d'adattamento sono stupefacenti e gli permettono di iniziare una nuova vita all'esterno.
Il passaggio dalla vita intrauterina a quella extrauterina determina pertanto un rapido cambiamento anatomico, funzionale e dei sistemi cardiocircolatorio e polmonare. Si passa da una condizione in cui il feto vive e si accresce grazie alla placenta, che esercita una funzione sostitutiva e vicariante di polmoni, reni, fegato e ghiandole endocrine, ad una condizione in cui il neonato è completamente autonomo.
È inoltre importante notare che tutti questi stravolgimenti ambientali per il bambino avvengono "improvvisamente", in un intervallo di tempo molto breve, basti pensare che dopo nove mesi passati in un tipo di ambiente si ritrova in, al massimo dodici ore, in un ambiente completamente opposto (Domenici, Meossi, 1995).
Ma come fa il feto a compiere senza danni questo rischioso viaggio che lo porta dal grembo materno alla vita autonoma? Una recente ricerca, di alcuni scienziati dell'Inserm di Marsiglia, ha dimostrato che il feto si prepara al trauma della nascita attraverso un segnale che gli arriva direttamente dalla madre. Il tutto avviene tramite un ormone materno, l'ossitocina che, avendo i suoi recettori principali nell'utero, preavvisa e prepara il neonato all'imminente "viaggio".
Quando il bambino viene espulso deve affrontare la difficoltà di respirare per la prima volta, nel grembo materno, infatti, l'ossigeno gli arriva attraverso il sangue della madre, l'ossitocina, pertanto, ha anche il compito di "informare" i neuroni fetali e di renderli più resistenti al brusco stop nel rifornimento di ossigeno che dovranno subire (Dell'Aglio, 2007).
A questo punto dovrebbe essere comprensibile in che modo il parto rappresenti un trauma fisico per il bambino ma bisogna comunque tenere in considerazione un altro aspetto: le procedure mediche attuate negli ospedali al momento del parto.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Dal feto al bambino: il processo di nascita
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Informazioni tesi
Autore: | Mariagiovanna Crocicchio |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Libera Univ. degli Studi Maria SS.Assunta-(LUMSA) di Roma |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Turella De Rosa |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 91 |
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