Ciò che resta del postmoderno: da Pynchon a Wu Ming
Dalla parte sbagliata della Storia: la Resistenza tradita
Come nella Germania della "Zona" in Pynchon, in 54 è narrato lo stato di Trieste nell'immediato dopoguerra. La città è smembrata in sezioni contese dalle potenze:
Le grandi potenze non volevano che i popoli della Venezia Giulia, d'Istria e di Dalmazia scegliessero liberamente il proprio destino, italiani tra gli italiani. Trieste era diventata un limbo, chiamato con sprezzo del ridicolo "Territorio libero". Né di qua né di là, né carne né pesce: la città e i territori a Nord assegnati al Governo militare alleato e denominati "zona A"; a Sud dei confini comunali, la "zona B", amministrata dalla Jugoslavia. L'umiliante imposizione era sancita dal cosiddetto "Trattato di pace" del '47. Ma la pace di chi?241
La parola "pace" ha poco significato, perché è solo una creazione delle forze politiche attuali, che hanno creato nuovi sistemi dove la gente possa sentirsi al sicuro, è un'illusione. Allo stesso modo, anche "democrazia" e "libertà" hanno lo stesso significato ambiguo: «Gli stolti gonfiavano il petto, parlavano di "libertà", "democrazia", "qui da noi", mangiando i frutti di razzie e saccheggi.»242
I Wu Ming, in 54 come in altri romanzi, danno la voce a chi si è ritrovato dalla parte "sbagliata" della Storia, gli "sconfitti" e "traditi" dai grandi eventi, che pur avevano combattuto nel nome dei più alti ideali di libertà, pace e giustizia, sacrificando una vita intera, come vedremo. Qui, ritroviamo le vicende della famiglia Capponi, il padre Vittorio e i due figli Nicola e Robespierre, che, terminata la Seconda guerra mondiale si ritrovano in una situazione politico-sociale simile, in due nazioni che hanno seguito strade opposte: l'Italia e la Jugoslavia. In entrambe c'è una lunga e complicata storia di lotta al fascismo, ma nel dopoguerra, le loro strade, i destini dei due popoli si dividono: mentre l'Italia entra nella Nato, alleata delle altre nazioni occidentali, la Jugoslavia diventa una Repubblica federale, sotto il diretto controllo del partito comunista nazionale.
In Italia veniamo a conoscenza delle vicende di Nicola e Robespierre, dei quali il primo è un ex partigiano che ha rilevato il bar del quartiere, ritrovo di vecchi compagni che hanno combattuto insieme e che hanno vissuto sulla propria pelle il mutamento dell'assetto politico. I clienti del bar Aurora rappresentano "la media algebrica" degli italiani negli anni Cinquanta, con i loro discorsi di un qualunquismo un po' provinciale, ma che tuttavia mostrano quella volontà di sterzare a sinistra in maniera genuina e ingenua, dal momento che non potevano ancora conoscere le atrocità nascoste dietro al sistema sovietico.
Questa umanità, tuttavia, credeva ancora nella giustizia e nel socialismo reale, e proprio questa speranza nell'immediato dopoguerra è stata disillusa, nel momento in cui ha dovuto accettare il nuovo stato delle cose, arrendendosi alla natura trasformista della politica italiana. Gli ex partigiani, che hanno combattuto perché le cose cambiassero davvero, credendo in una vera Rivoluzione, sono delusi per ciò che è diventata la Repubblica italiana, sentono traditi i propri ideali, per i quali hanno iniziato una guerra civile, spesso perdendo la vita e i propri cari. Dunque, pur nutrendo ancora una certa fiducia in esso, accusano il partito comunista italiano di essersi allontanato dagli ideali originari, di essersi imborghesito: «La patria che volete riunificare è quella della borghesia, dei democristiani e dei padroni, che ieri erano tutti fascisti, poi si sono riverniciati di democrazia.»243
La disillusione per il trasformismo ci viene filtrata attraverso le voci del bar Aurora:
Con 'sto fatto che è tornato Scelba, ci sarà poco da stare allegri. [...] Quello lì, altro che democristiano, è un fascista, uno che i problemi li risolve col manganello! [...] Perché, Fanfani è meglio? Con quei baffettini da Fiúrer? [...] Però Fanfani dicono che è più di sinistra. [...] No, no, ve lo dico io, [...] altro che sinistra e sinistra, quelli son tutti uguali. […] Son di quelli che prima dell'armistizio ci piaceva tanto Benito, poi dopo eran tutti anti, e adesso son di nuovo lì a fare il loro numero.244
I Capponi rappresentano la parte più idealistica del concetto di Rivoluzione. Vittorio Capponi dedica tutta la sua vita alla causa rivoluzionaria, fino a doversi nascondere per salvarsi, escludendosi completamente dalla vita sociale. Partito sul fronte ai confini con i Balcani durante la Seconda guerra mondiale con l'esercito italiano, disertò, rifiutandosi di eseguire gli ordini dei superiori fascisti, e unendosi ai gruppi partigiani locali. Da quel momento, il ritorno in Italia fu impossibile, perché sarebbe stato processato. In Jugoslavia seguì Tito, che inizialmente aveva mostrato di combattere in nome degli ideali di libertà e giustizia, anche allontanandosi dalla politica dell'Unione Sovietica. Il potere di Tito, però, non fu come immaginato, rivelandosi l'ennesimo dittatore. [...]
241 Wu Ming, 54, Einaudi, Torino 2002, pp. 14-15.
242 Ivi, p. 3.
243 Ivi, p. 21.
244 Ivi, pp. 126-127.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Ciò che resta del postmoderno: da Pynchon a Wu Ming
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Informazioni tesi
Autore: | Valentina Cardinale |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filologia moderna |
Relatore: | Francesco Paolo De Cristofaro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 103 |
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