Il rapporto imprenditore - operaio: la crisi dell'utopia marxista tra letteratura orwelliana e management partecipativo
Dalla manifattura alla grande industria: trasformazione del lavoro e nascita dell’alienazione operaia
Marx distingue, in polemica con Smith, un periodo della manifattura, in cui la base del processo lavorativo è la divisione del lavoro, da un periodo della grande industria, la cui genesi è il rivoluzionamento del mezzo di lavoro ed il cui fondamento è un sistema di macchine azionato da una forza motrice artificiale. La distinzione è netta: nella divisione manifatturiera del lavoro il processo di differenziazione delle operazioni e degli operatori porta al raffinamento degli utensili impiegati. In questo periodo permane ancora la base tecnica del lavoro artigianale e si ha solo quello che Marx chiama il “processo di sottomissione formale del lavoro”. Ma è con la ricomposizione degli utensili nel macchinario azionato da energia artificiale che si realizza la sottomissione effettiva del lavoro al comando capitalistico.
Il sistema di fabbrica è il trasferimento dell’attività di elaborazione del materiale dall’uomo alla macchina operatrice, è il porsi del sapere scientifico come forma immediatamente produttiva nella forma oggettivata del macchinario. Si ha dunque il passaggio da un principio soggettivo di realizzazione dell’attività lavorativa con la manifattura ad un principio oggettivo di sussunzione del lavoro nel macchinario con la fabbrica.
Il dominio del lavoro morto sul lavoro vivo ha pertanto duplice significato: da una parte il lavoro passato, oggettivato in forma di capitale, domina autoritariamente il lavoratore in fabbrica, sul mercato e nella società, dall’altra questo dominio storico, che si costituisce nel periodo della manifattura, assume solo nell’uso capitalistico delle macchine la sua forma tecnica. Il lavoro in quanto attività finalizzata, intelligenza capace di progettare e manipolare, “volontà conforme a uno scopo” si é ora trasferito nella macchina, condensato di sapere scientifico e tecnico, mentre al lavoro vivo non restano che mansioni semplici di esecuzione e controllo. In questo processo di scissione si realizza la sottomissione reale del lavoro al comando capitalistico, si realizza cioè per la prima volta la base effettiva, materiale e spirituale, della società capitalistica.
La macchina non rappresenta un momento particolare della storia della tecnologia, marxianamente intesa come coagulo di rapporti sociali, all’interno di un processo di continuità, ma il suo costituirsi come forma tecnica della produzione costituisce invece un momento, anzi il momento, di rottura.
Nel macchinismo si condensano due processi storici: da una parte un salto di qualità, già evidenziato nel corso del capitolo precedente, nel processo di emancipazione dell’uomo dai vincoli naturali, dall’altra un costituirsi della ragione come mondo dell’oggettività, dal macchinismo alle leggi di mercato, di fronte a cui il lavoro vivo si coglie soltanto come essere-comandato, come passività all’interno della scissione fra direzione ed esecuzione del processo lavorativo. Con questo processo storico la divisione fra lavoro intellettuale e manuale, che costituisce il fondamento della divisione sociale e delle forme storiche di scissione fra coscienza ed esperienza, passa ora dalla società al processo lavorativo.
L’analisi marxista della condizione operaia e della nascita dell’alienazione all’interno del proletariato cambia gradualmente nel passare dagli scritti giovanili a quelli della maturità.
Mentre gli scritti giovanili sembrano infatti porre l’alienazione come confusa consapevolezza dell’espropriazione, per cui il prodotto del lavoro appare insieme come un essere-altro-da-sé e come un potere/dovere essere-ritorno-a sé, negli scritti della maturità sembra piuttosto prevalere l’estraneazione come indifferenza per il prodotto del lavoro, visto come mero altro-da-sé. Il diverso rilievo non è tanto verificabile sul terreno
lessicale quanto nell’evolversi dell’analisi relativa al rapporto fra operaio e sistema di macchine. Sembra possibile cogliere in questo passaggio, all’interno della riflessione marxiana, il riflesso del processo storico reale: mentre nella manifattura l’impiego diretto dell’utensile e la padronanza di una pur parcellizzata esperienza professionale rendono ancora il lavoro qualcosa che l’operaio coglie come proprio e insieme altro-da-sé, nella fabbrica il riconoscersi, sia pure parziale e conflittuale, nel frutto del lavoro svanisce di fronte al sistema di macchine.
Il processo di riappropriazione tenderà ad organizzarsi come lotta sindacale per tempo libero e consumi e come lotta politica per quote di salario sociale.
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Il rapporto imprenditore - operaio: la crisi dell'utopia marxista tra letteratura orwelliana e management partecipativo
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Informazioni tesi
Autore: | Armando Iovino |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Lingue e Letterature Straniere |
Corso: | Lingue straniere per la comunicazione internazionale |
Relatore: | Marco Trotta |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 123 |
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