Il crollo dell'Unione Sovietica e gli effetti sull'economia russa

La Russia rappresenta lo Stato più importante tra quelli appartenuti all'U.R.S.S.

Quest'ultima, come anticipato nel paragrafo precedente, entrò in crisi in seguito alle riforme introdotte da Gorbačëv e tra il 1990 ed il 1991 iniziò a cambiar nome, prima con Unione delle Repubbliche Socialiste Sovrane, poi con Unione degli Stati Sovrani, e infine con Unione degli Stati Indipendenti. Alla fine del 1991, però, fu dichiarata sciolta "come soggetto di diritto internazionale e come realtà geopolitica" dai presidenti delle tre Repubbliche più importanti dal punto di vista storico, ossia Russia, Ucraina e Bielorussia.

C'è da notare, però, che già a partire dal 1990 ben 12 repubbliche ex sovietiche si erano dichiarate sovrane.

Ad oggi, in sostituzione dell'U.R.S.S., in seguito agli accordi di Alma-Ata, sussiste un'associazione volontaria di stati, rafforzata tra l'altro anche con il Trattato economico del 1993 che prende il nome di Comunità degli Stati Indipendenti, della quale ne fanno parte 12 delle 15 repubbliche ex sovietiche.

La Comunità non prevede alcun vincolo gerarchico e/o simbolico tra le repubbliche, bensì vi è un'interdipendenza economica, una cooperazione finanziaria e monetaria ed un legame militare.

All'interno della C.S.I. la cooperazione può prevedere anche accordi di collaborazione tra gruppi più limitati e, in alcuni casi, è possibile anche che sorgano conflitti.

Un elemento comune, ma che al contempo costituisce anche un possibile fattore di discordia, è rappresentato dalla presenza di forti minoranze di russi nelle altre repubbliche ex sovietiche. In particolare, la Russia, nei confronti di tali minoranze dichiara di avere precise e speciali responsabilità. [...]