"La fine del mondo" di Ernesto De Martino: il problema delle apocalissi
Dall'apocalittica ebraica all'apocalittica cristiana
Secondo il comune funzionamento della tecnica destorificatrice del religioso, il termine della storia, cioè il termine apocalittico di essa, come nel mondo magico così in quello ebraicocristiano serviva a liberare, scongiurandone le sue crisi, l'attività umana al pratico operare in una storia. Tale operare quotidiano rimane però certamente miticamente e ritualmente condizionato all'origine, ma è un'origine anch'essa destorificata e pertanto nascosta, stante il doppio, eppure unitario, livello di azione della tecnica religiosa: destorificare la storia e destorificare se stessa come tecnica destorificatrice della storia. Il simbolo apocalittico perciò rientra in questo funzionamento come salvamento della presenza dall'oscura paura della fine di tutto il proprio mondo, che trascinerebbe con sé anche tutti i singoli, compresi se stessi, che del mondo fanno parte vivente. Questa paura viene eliminata dalla mitica rappresentazione, e dalla sua rispettiva rappresentazione rituale, di un chiaro e assodato evento apocalittico integrato pienamente in un sistema culturale-religioso di cui costituisce l'apice escatologico: la fine è così addomesticata e la paura risolta. La differenza fondamentale tra la rappresentazione apocalittica magica e quella ebraico-cristiana è che la prima obnubilava completamente la storia nel ciclico ed eterno ritorno dell'uguale, la seconda al contrario pone davanti all'uomo dispiegata e operante in tutti i suoi aspetti proprio la storia, nella sua fattispecie di una grandiosa storia sacra, di cui il simbolo apocalittico costituisce il compimento, ma da raggiungere attraverso vari e ordinati passaggi, che di questa storia sacra segnano le epoche.
Ciò perlomeno è vero per il modello religioso-metastorico ebraico, in cui il termine della storia è davvero il giorno ultimo, il terribile Giorno di Javè, annunciato dai Profeti:
"Guai a quelli che desiderano ardentemente il giorno di Geova! Che significherà quindi per voi il giorno di Geova? Sarà tenebre, e non luce, proprio come quando un uomo fugge a causa del leone, e realmente incontra l'orso; e come quando è entrato in casa e ha appoggiato la mano contro il muro, e l'ha morso il serpente. Non sarà forse tenebre, il giorno di Geova, e non luce; e non avrà caligine, e non fulgore?"
"Getteranno il loro medesimo argento nelle vie, e il loro proprio oro diverrà una cosa orrenda. Né il loro argento né il loro oro li potranno liberare nel giorno del furore di Geova. Non sazieranno le loro anime, e non riempiranno i loro intestini, poiché è divenuto una pietra d'inciampo che causa il loro errore.
Gli occhi superbi dell'uomo terreno si devono abbassare, e l'alterigia degli uomini si deve inchinare; e Geova solo dev'essere innalzato in quel giorno. Poiché è il giorno che appartiene a Geova degli eserciti. Esso è su ogni superbo e altero e su ogni innalzato o abbassato; e su tutti i cedri del Libano che sono alti ed elevati e su tutti i massicci alberi di Basan; e su tutti gli alti monti e su tutti i colli che sono elevati; e su ogni alta torre e su ogni muro fortificato; e su tutte le navi di Tarsis e su tutte le barche desiderabili. E la superbia dell'uomo terreno si deve inchinare, e l'alterigia degli uomini si deve abbassare; e Geova solo dev'essere innalzato in quel giorno."
Nell'ebraismo l'ultimo Giorno è davvero il compimento della storia. Verso esso depongono tutti i massimi eventi che la compongono: dalla creazione alla cacciata dal paradiso, al diluvio universale, al patto con Abramo e la sua discendenza, alla liberazione dalla schiavitù egizia, al patto della Legge, all'insediamento nella terra promessa, all'instaurazione del trono di Davide e alla sua caduta per dazio della colpa, all'esilio babilonese e al ritorno del popolo purificato, alla ricostruzione delle mura e del tempio di Gerusalemme, all'aspettazione del Messia discendente di Davide che dovrà rifare grande il trono di Israele su tutti i popoli. Come si vede sono tutti eventi in cui il primo e unico artefice è Dio, che parla e agisce per Israele secondo i suoi esclusivi voleri, di persona o tramite i propri emissari angelici o tramite i propri emissari umani, giudici, re, sacerdoti e profeti, realizzando coi suoi atti nella sua assoluta sovranità i suoi piani per i quali Israele è soltanto l'attore protagonista. Tutti eventi inoltre scritti e registrati nel Tanakh, la bibbia ebraica, a rammemorazione perenne della loro vincolante realtà, impossibili da disconoscere o da dimenticare, e a fungere da sacra pedagogia per ogni generazione. [...]
Questo brano è tratto dalla tesi:
"La fine del mondo" di Ernesto De Martino: il problema delle apocalissi
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Informazioni tesi
Autore: | Lucio Iacono |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Domenico Conte |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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