I diritti sociali dello straniero in Italia e nel Regno Unito: un'indagine comparatistica
Dall' "UK borders act" del 2007 all' "Equality act" del 2010
L'approvazione del'UK Borders Act del 2007 ha disposto una semplificazione complessiva delle attività amministrative connesse al controllo dei flussi migratori (che sono oggi di competenza del'UK Border Agency) e rafforzato le procedure di controllo degli immigrati già presenti sul territorio nazionale, introducendo, per gli stranieri non europei, l'obbligo di registrazione biometrica delle proprie caratteristiche fisiche, delle impronte digitali, dei lineamenti dell'iride. La legge disciplina poi i poteri dei funzionari presenti alla frontiera, nonché l'organizzazione e le competenze delle dogane, il controllo degli ingressi e la lotta all'immigrazione clandestina; in base a questa normativa i funzionari alla frontiera hanno il potere di fermare e trattenere un individuo fino all'arrivo della polizia, inoltre la legge prevede una nuova fattispecie di reato legato al caso di fuga dal fermo (alle dogane), di violenza personale o impedimento dello svolgimento delle mansioni di un funzionario di frontiera. Infine, sono introdotte alcune novità rispetto all'espulsione di stranieri giudicati colpevoli con condanna penale, e che si trovano quindi in carcere, al fine di garantire una procedura più celere di espulsione finalizzata all'allontanamento immediato dal Regno Unito in seguito a una condanna. Due anni dopo l'emanazione della normativa sopra commentata il legislatore britannico è giunto all'introduzione del Borders Citizenship and immigration Act.
Tale legge ha apportato modifiche puntuali , concernenti alcuni dei requisiti prescritti per l'acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione (oltre ad innovare taluni profili relativi alle altre forme di acquisto della medesima). Tra le modifiche di maggior rilievo si segnalano le previsioni relative alla buona condotta (godo character)e alla sufficiente conoscenza della lingua inglese (oppure scozzese o gaelica) e delle istituzioni e tradizioni del Regno Unito, di cui deve dimostrare il possesso colui che aspiri ad acquisire la cittadinanza per naturalizzazione (art. 39).
Il requisito del matrimonio o dell'essere membro di una civil partnership, d'altra parte, è sostituito dalla nuova legge con il più ampio riferimento alla necessaria esistenza di una "relazione familiare" (relevant family association) che abbia legato, per l'arco temporale previsto dalla disciplina dei termini (qualifyng period), l'aspirante cittadino alla persona che è titolare di tale status (art. 40). In conclusione, può dirsi che un più ampio ricorso ai criteri valutativi finora sperimentati in materia di immigrazione e, in particolare, la loro applicazione nel quadro delle procedure di conferimento della cittadinanza agli stranieri, costituiscano le coordinate della annunciata revisione delle norme in materia di cittadinanza, nel segno di una rigorosa valorizzazione del profilo qualitativo della presenza dello straniero sul territorio nazionale. A questo riguardo, è utile segnalare, per completezza, che, in una dichiarazione rilasciata il 12 novembre 2009, il Primo Ministro Gordon Brown ha ribadito la validità delle recenti innovazioni legislative, confermando l'intenzione del Governo di perfezionare il sistema a punti e di non limitarne l'applicazione all'ingresso degli stranieri nel territorio nazionale, bensì di estenderlo all'acquisto della cittadinanza britannica da parte di questi ultimi. L'ultima normativa britannica in tema di stranieri è l'Equality act del 2010, legge sulla parità contro le discriminazioni sessuali, religiose ed etniche.
Finalità principale del provvedimento è la razionalizzazione e l'aggiornamento della legislazione antidiscriminatoria vigente nel Regno Unito -costituita finora da testi normativi di portata settoriale -e la formulazione di un quadro legislativo unitario posto a fondamento della tutela dell'eguaglianza in ogni aspetto della vita sociale.
La legislazione in materia, risalente al 1965 quanto ai suoi esordi (anno di entrata in vigore del primo Race Relations Act) e poi accresciutasi anche in attuazione delle direttive comunitarie intervenute in questo ambito, è giunta ad annoverare una molteplicità di testi normativi (nel tempo più volte modificati) dedicati all'eliminazione delle disparità con riguardo, di volta in volta, al trattamento salariale, al sesso e all'orientamento sessuale, all'età, all'origine etnica, alle credenze religiose, alle disabilità.
Le incongruenze e le sovrapposizioni rilevate nell'esperienza applicativa delle leggi di settore esaminate nel paragrafo precedente hanno fatto sì che si affermasse l'esigenza di una revisione legislativa finalizzata ad enucleare i principi fondamentali del diritto antidiscriminatorio e a formularli in un unico testo normativo, di generale applicazione. La normativa in esame, attraverso oltre 200 articoli e numerosi allegati, armonizza e consolida in un unico testo i precedenti testi normativi, di cui è contestualmente disposta l'abrogazione (ad eccezione, principalmente, dell'Equality Act del 2006, che istituisce e disciplina l'autorità di garanzia di settore, l'Equality and Human Rights Commission). La tutela della libertà individuale rispetto alle discriminazioni è rafforzata dalla legge sotto diversi aspetti.
Per gli enti pubblici che vi sono enumerati è previsto (nella parte prima) l'obbligo di considerare le situazioni di svantaggio socio-economico delle persone interessate dall'esercizio delle loro funzioni; essi devono inoltre, nel loro operato, promuovere le pari opportunità e perseguire l'eliminazione di ogni condotta contraria alla legge. Le garanzie riconosciute all'individuo, d'altra parte, vengono intensificate in virtù di un'estensione della tutela, tale da includere ogni "caratteristica protetta" dell'individuo (protected characteristics) che possa costituire motivo di discriminazione. Attraverso l'enunciazione dei "concetti chiave" dell'eguaglianza (nella parte seconda), la legge, poi, individua le caratteristiche personali oggetto di tutela: l'età; il sesso, l'orientamento sessuale e il transessualismo; la condizione di disabilità; le origini nazionali od etniche; la fede o le opinioni religiose; l'aver contratto matrimonio o l'essere parte di un'unione civile; la condizione di gravidanza o di maternità. È quindi definito (nella parte terza) il comportamento discriminatorio, che può assumere forma diretta (direct discrimination), se posta in immediata relazione con una caratteristica protetta della persona; può consistere nel trattamento meno favorevole riservato ad una persona sulla base della combinazione di due sue caratteristiche incluse tra quelle protette (combined discrimination); oppure può manifestarsi in forma indiretta (indirect discrimination), quando si concreti nello svantaggio derivante, per una persona avente tali caratteristiche, da comportamenti di applicazione generale. Il divieto di discriminazioni è quindi declinato dal testo normativo con riferimento a specifiche condizioni dell'individuo (ad esempio: di disabilità, transessualismo, stato civile) e ad una pluralità di contesti sociali. Le ipotesi considerate dalle legge fanno riferimento alla fornitura di beni e servizi, sia nel quadro di rapporti privati sia nell'esercizio di funzioni pubbliche; al rapporto di impiego, ipotesi in cui la parità di trattamento si articola in relazione alle fattispecie in precedenza disciplinate dalla legislazione settoriale (salario, maternità, disabilità); al trattamento riservato ai propri alunni, membri ed iscritti -attuali o potenziali -dalle strutture scolastiche ed educative, dalle associazioni, dalle organizzazioni politiche.
Una fattispecie posta in specifico rilievo nel testo legislativo è quella costituita dallo harassment, comportamento che si concreta in molestie sessuali, o nel trattamento meno favorevole riservato alla vittima per aver subito o rifiutato tali molestie, o nel comportamento discriminatorio riferito ad una caratteristica protetta della persona e che ha per scopo, o per effetto, la creazione di un ambiente nei suoi confronti degradante, intimidatorio, ostile o comunque suscettibile di lederne la dignità. La diversa fattispecie della victimization, invece, si correla alla discriminazione compiuta nei confronti di un individuo in reazione a sue iniziative adottate a tutela dei propri diritti garantiti dalle legge (protected acts). In relazione alle disabilità, la legge specifica gli obblighi di adeguamento (duty to make adjustments) che gravano sui soggetti pubblici e privati rispetto all'adozione delle misure rese necessarie da tali condizioni personali di svantaggio. Le misure possono consistere, a seconda dei casi, nell'adeguata conformazione dell'ambiente materiale, nell'adozione di particolari procedure o nella predisposizione di forme di assistenza e di sostegno personale; la loro mancata adozione, agli effetti della legge, equivale ad un atto di discriminazione. Disposizioni ulteriori della legge estendono al 2030 la possibilità attualmente riconosciuta ai partiti politici di presentare liste elettorali esclusivamente formate da candidate (women-only shortlists); altre modificano la disciplina delle unioni civili (civil partnership) abrogando il divieto di effettuarne la registrazione presso i luoghi di culto.
È, infine, dichiarata la nullità o, a seconda dei casi, l'inefficacia (unenforceability) dei contratti, dei bandi e degli accordi collettivi contenenti clausole di tenore discriminatorio.
Ovviamente, non c'è nuova legge che non porti con sé una serie più o meno lunga di critiche: tra queste merita senz'altro citazione, la rigida presa di posizione assunta dai vescovi cattolici. Un numero cospicuo di vescovi cattolici di Inghilterra e Galles, a seguito dell'entrata in vigore dell'Equality Act, si è schierato contro alcune sue disposizioni, quali ad esempio il permettere il sacerdozio cattolico a uomini sposati, donne, gay e transessuali. La Church of England, invece, in ossequio a tale normativa, durante il sinodo di York, l'8 luglio di quest'anno, ha permesso ai pastori omosessuali di diventare vescovi a patto che non siano sessualmente attivi e non lo siano stati durante gli anni del sacerdozio.
Sembra, quindi, che, l'Equality Act, attraverso la repressione di condotte discriminatorie a trecentosessanta gradi, sia destinato a cambiare la società inglese radicalmente.
151 Per approfondimenti si veda "Legislazione Straniera, Rassegna dell'attività legislativa ed istituzionale di paesi stranieri", n. 2 marzo-aprile 2010.
Questo brano è tratto dalla tesi:
I diritti sociali dello straniero in Italia e nel Regno Unito: un'indagine comparatistica
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Informazioni tesi
Autore: | Elena Salamone |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Paolo Passaglia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 127 |
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