Comunità e Cultura come risorse di Resilienza
Cultura e benessere
Bandura (1995) critica quegli Autori che hanno impropriamente identificato l’autoefficacia, risorsa di benessere, con l’individualismo, contrapponendola al collettivismo (Schooler, 1990; Seligman, 1990).
Infatti un forte senso di autoefficacia è di importanza vitale per un adattamento e un’azione di cambiamento efficaci, indipendentemente dal perseguimento individuale o collettivo di questi obiettivi. La ricerca di Early (1993) attesta l’universalità culturale del valore funzionale delle convinzioni di efficacia, confermando che le imprese collettive non hanno meno bisogno dell’efficacia personale di quelle individuali. Il rapporto che intercorre tra cultura e benessere è tutt’altro che intuitivo: una delle sfide più accattivanti della ricerca sulla relazione tra benessere e cultura sta nella definizione della cultura stessa.
Un contributo specifico riguardo alle dimensioni culturali fondamentali ci è dato da Hofstede (1980) che ha analizzato i sistemi di valori culturali studiando campioni confrontabili di persone in più di 40 paesi, valutandone l’influenza sull’autoefficacia.
Intendendo la cultura come “la programmazione collettiva della mente che distingue i membri di un gruppo umano da quelli di un altro” (Hofstede, 1980, p.25), ha identificato quattro dimensioni di diversità culturale. Si analizza inoltre l’espressione di tali dimensioni all’interno delle istituzioni sociali principali, come la famiglia e la scuola sulla base delle ricerche di diversi Autori.
La prima dimensione riguarda l’individualismo e il collettivismo. Nelle culture collettivistiche si promuove l’idea che le persone appartengano a determinati gruppi a cui devono essere fedeli in modo permanente e da cui i membri in cambio ricevono protezione; viceversa, le culture individualistiche promuovono l’idea che le persone si occupino soprattutto del proprio benessere e dei propri interessi. Esse danno valore a una definizione autonoma del sé e agli scopi individuali piuttosto che a quelli collettivi.
Nelle famiglie appartenenti a culture a elevato collettivismo ai bambini viene insegnato ad amare e a rispettare in modo manifesto i bisogni delle persone del loro gruppo di appartenenza. Nella scuola i bambini cercano di raggiungere quelle prestazioni che dimostrano il possesso delle competenze richieste e creano così una realtà sociale che rende i loro risultati ben visibili alla loro collettività (Ames, 1992).
Nelle culture ad elevato individualismo, dai bambini ci si aspetta che imparino come fare per apprendere. I risultati delle loro prestazioni sono considerati strumentali per il raggiungimento della realizzazione di sé e delle proprie potenzialità, perseguendo obiettivi individuali (Hosfede, 1991).
La seconda riguarda la disparità di potere. Nelle culture con marcate differenze di potere ci si aspetta che le persone accettino tale diseguaglianza e ciò è particolarmente vero per i membri che in una cultura dispongono di minore potere. In una cultura caratterizzata da una notevole differenziazione del potere si insegna ai bambini a obbedire al loro genitori e a trattarli come superiori (Hosfede 1986; 1991). L’istruzione è centrata sugli insegnanti in quanto gli studenti si aspettano che gli insegnanti controllino le loro attività di apprendimento (Stipek, 1988). Diversamente, nelle culture caratterizzate da una minore disparità di potere, i bambini sono incoraggiati a esprimere liberamente i propri punti di vista in famiglia e a trattare da pari i genitori. L’istruzione è, in questo caso, centrata sul bambino (Stipek 1988). In questo secondo caso l’autoefficacia percepita dei bambini è presumibilmente maggiore.
La terza dimensione riguarda l’evitamento dell’incertezza: le culture caratterizzate da un forte evitamento dell’incertezza sono facilmente disturbate da situazione non strutturate, non chiare o imprevedibili e perciò cercheranno di evitarle conservando codici di comportamento rigidi e credendo a verità assolute. Viceversa, culture caratterizzate da un debole evitamento dell’incertezza avranno membri generalmente più rilassati, tolleranti, contemplativi e non aggressivi (Hosfede 1986;1991).
Nelle famiglie appartenenti a culture in cui c’è un forte evitamento dell’incertezza le influenze estranee vengono vissute come fonte di grave minaccia e di stress. Il dissenso viene interpretato come un’offesa personale. Gli studenti si adattano a strategie di insegnamento altamente strutturate in cui i materiali didattici e i compiti sono predefiniti e le istruzioni dettagliate (Rosenholtz e Rosenholtz, 1981). Al contrario membri delle famiglie di culture a debole evitamento dell’incertezza hanno un atteggiamento di curiosità verso le esperienze nuove, non sono turbati quando devono affrontare problemi nuovi. Gli studenti si confrontano efficacemente con strategie di insegnamento multidimensionali (Rosenholtz e Rosenholtz, 1981).
Questo brano è tratto dalla tesi:
Comunità e Cultura come risorse di Resilienza
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Informazioni tesi
Autore: | Linda Grazia Pola |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Università degli Studi di Milano - Bicocca |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Scienze e tecniche psicologiche |
Relatore: | Maria Elena Magrin |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 33 |
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