Il processo d'integrazione europea: due modelli a confronto: Ungheria e Romania
Comunismo e post-comunismo a Bucarest
Il regime comunista di Bucarest aveva caratteristiche proprie degli altri regimi filosovietici dell’area dell’Est europeo, ma la dittatura di Ceuşescu aveva assunto una forte connotazione a livello personale. Questa è una delle probabili spiegazioni delle ragioni per cui, subito dopo la caduta dell’Unione sovietica, la nazione rumena era arrivata maggiormente depauperata, rispetto ad altri Paesi del socialismo reale. Il regime era stato sicuramente più simile a quello albanese, cioè estremamente coattivo rispetto ai possibili spazi di libertà che, invece, potevano trovarsi in altre realtà analoghe.
Il comunismo che Ceuşescu aveva gestito, ereditando il potere da Georghiu-Dei, era la continuazione della vecchia politica rumena condotta tra le due guerre, come Paese satellite anglo-americano-olandese. La classe dirigente era composta proprio da personalità che presero parte alla dittatura mascherata prima, e allo Stato legionario poi. Era la stessa classe politica che “flirtava” con Hitler per avere la Transilvania, la Bessarabia, la Bucovina e che attraverso i fronti e la democrazia popolare si avvicinava ora a Londra ora a Mosca per tenere queste regioni vincolate a sé. Riuscendo a controllare un po’ di Transilvania e di Bucovina il potere comunista si presentava così come creatore di una “Grande Romania”, progetto che alla fine del 1967 veniva preso in consegna dal satrapo Ceuşescu, e che fu mantenuto fino al giorno della rivoluzione quando fu giustiziato con la moglie, pochi giorni prima del Natale del 1989.
La Romania era stata l’ultimo dei Peco a vedere l’allontanamento dal potere degli eredi del Partito comunista rumeno, nella persona di Ion Iliescu, poi tornato a occupare lo scranno presidenziale nel 2001. Il ritardo del ricambio delle forze al potere era legato verosimilmente al “ruolo del sultanismo” cioè al fatto che si poté far credere a buona parte dell’opinione pubblica romena che eliminare Ceuşescu fosse sufficiente per cambiare il regime.
Per questo motivo, gli ex comunisti riuscirono a vincere le elezioni del 1990 e del 1992 e a mantenersi al potere fino al 1996. Dopo oltre cinque anni di governo, piuttosto prudenti nell’abbandono delle strutture pre-1989, solo nel 1996 una coalizione di centro destra riuscì a portare Emil Costantinescu alla presidenza della Repubblica e Victor Ciorbea alla guida del Governo. Strategia vincente, anche grazie alla scissione del Fronte di salvezza nazionale (marzo 1992) e all’approdo al centro della sua componente socialdemocratica, guidata da Petre Roman, primo capo dell’esecutivo dopo la caduta del dittatore. La nuova maggioranza però non riusciva a realizzare il suo programma di modernizzazione del Paese, né a mantenere la necessaria compattezza. Già nel 1996, la questione della principale minoranza etnica, quella magiara, aveva messo in crisi l’esecutivo, all’epoca di sinistra e guidato da Văcăroiu. Questi, avendo firmato un accordo con l’Ungheria, perdevano l’appoggio delle formazioni nazionaliste e la maggioranza parlamentare, ponendo peraltro fine a uno strano connubio.
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Il processo d'integrazione europea: due modelli a confronto: Ungheria e Romania
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Informazioni tesi
Autore: | Piero Pizzi |
Tipo: | Tesi di Master |
Master in | Parlamento e Politiche Pubbliche |
Anno: | 2009 |
Docente/Relatore: | Cavallaro Maria Elena |
Istituito da: | Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 44 |
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