Nutrizione enterale in paziente critico: Confronto tra Nutrizione Enterale Continua ed Intermittente. Revisione della letteratura
Complicanze della NE e il ruolo dell'infermiere
La NE essendo un trattamento terapeutico non è esente nel comportare dei rischi.
I pazienti ricoverati in UTI hanno un elevato rischio di manifestare delle intolleranze alla nutrizione enterale. Studi hanno dimostrato che l'intolleranza alla nutrizione enterale, si manifesta nel 33% dei casi in pazienti critici (Li et al. Medicine, 2020).
Con il concetto "intolleranza alla nutrizione enterale" si intende quando la nutrizione viene interrotta per ragioni cliniche come diarrea, costipazione, nausea, ristagno gastrico, distensione addominale e inalazione. Ciò però non esclude che, prima di procedere alla sua riduzione o effettiva sospensione, si debbano effettuare dei controlli per risolvere il problema e constatare che la sintomatologia sia realmente correlata alla sua somministrazione.
Diarrea: secondo le linee guida ASPEN "per diarrea si intende la presenza di più di 3 scariche liquide al giorno con un volume totale maggiore di 400ml".
Si ritiene che, tra i pazienti gravemente malati, che ricevono un supporto enterale, si manifesti tra il 15-18% dei casi, rispetto al 6% di quelli che non la ricevono.
Sebbene il meccanismo preciso sia sconosciuto, si ritiene che tra le cause ci sia un'alterazione del transito o della microflora intestinale (Shariatpanahi, Z. V. et al., 2018).
I fattori scatenanti comprendono:
• l'intolleranza alla nutrizione enterale, spesso riscontrata dopo il suo inizio, a seconda della modalità di somministrazione, della quantità, della velocità impostata e del tipo di nutrienti; ipoalbunemia (<2,5mg/dl);
• somministrazione di farmaci come antibiotici (soprattutto le Cefalosporine), inibitori della pompa protonica o a base di sorbitolo. Il sorbitolo, infatti, è uno zucchero non assorbibile, che per il suo effetto osmotico richiama grande quantità di liquido superando la capacità di assorbimento del colon rendendo così le feci acquose;
• contaminazione batterica (Clostridium difficile, che è la causa più frequente);
• contaminazione del set di infusione o del preparato nutrizionale;
• iperosmoralità delle miscele.
Le miscele meglio supportate dal lume intestinale si avvicinano ai valori tra 200-300mOsm/l; a livello dello stomaco possono arrivare fino a 600mOsm/l invece a livello duodenale per garantire la sua funzione regolatrice, si tende a diluirle. Il concetto di osmolarità è un fattore importante da tenere in considerare durante la nutrizione enterale, perché la somministrazione di miscele ad alta osmolarità provoca degli effetti collaterali come per esempio la diarrea osmotica.
Per non incorrere in questa complicanza si consiglia di iniziare ad infondere preparati a bassa osmolarità (150-200mOsm/l), da aumentare in modo graduale, sia per la concentrazione che per il volume (Saiani et al., 2019).
Il ruolo dell'infermiere è quello di controllare la velocità di somministrazione, la tolleranza da parte del paziente e di provvedere alla sostituzione del deflussore di infusione in caso di contaminazione. Inoltre consulta il medico per l'eventuale sostituzione della terapia, se la causa scatenante dovesse essere associata alla somministrazione degli antibiotici ed effettua un esame colturale per escludere l'infezione da Clostridium difficile previa prescrizione. [...]
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Informazioni tesi
Autore: | Fatmir Pellecchia |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Infermieristiche |
Corso: | Infermieristica |
Relatore: | Chiara Ciccarelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 40 |
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