Venire al mondo con la Sindrome di Down passi e prospettive inclusive
Competenze comunicative e linguistiche
Nei bambini con sindrome di Down la lingua è tra i domini di funzionamento più compromessi e, forse, anche la più grande barriera all’inclusione significativa e indipendente nella comunità.
Numerosi studi sperimentali documentano inequivocabilmente deficit linguistici sia a carico della comprensione, che, soprattutto, della produzione. I bambini con sindrome di Down mostrano un’evoluzione delle abilità linguistiche “rallentato” rispetto a quello osservabile in bambini a sviluppo tipico, anche se l’acquisizione avviene attraverso processi cognitivi abbastanza simili.
Ad ogni stadio dello sviluppo, che va dall’infanzia all’età adulta, le abilità linguistiche sono al di sotto dell’atteso livello rispetto alla loro età mentale, infatti, la produzione linguistica rivela marcate difficoltà: fino al terzo anno di vita è inferiore rispetto a quella di bambini neurotipici di diciotto mesi, con assenza del costrutto frasale e l’uso prevalente di parole-frase; a quattro anni il linguaggio è comparabile a quello dei bambini di 18-21 mesi e, a circa cinque anni, è pari a quello dei bambini di 20-25 mesi.
Solo dal terzo anno di vita fino ai sei anni avviene la costruzione di frasi con almeno due parole, mentre il livello morfologico è assente fino ai tre anni manifestando alcune volte difficoltà fino a tarda età. Le cause che gravano sullo sviluppo linguistico del bambino con SD sono molteplici, come ad esempio le otiti medie che intralciano le funzioni uditive fino alla perdita di essa, il ritardo dello sviluppo motorio e l’ipotonia, le quali causano problemi agli organi fono-articolari e all’espressione verbale. Lo sviluppo comunicativo e linguistico pertanto risulta essere molto ritardato e incompleto, e il ritardo varia da bambino a bambino, ma ciò è senz’altro influenzato anche dallo stimolo ambientale che il bambino riceve. Altre cause sono i problemi alla bocca che implicano malformazioni alla lingua, della cavità orale e i muscoli facciali.
Sulla descrizione dello sviluppo della parola e del linguaggio dei bambini con Sindrome di Down sono state effettuate molte ricerche, da cui sono emerse alcune caratteristiche principali. Innanzitutto, la capacità di parola e di linguaggio risultano frenate rispetto a quelle non verbali di ragionamento; la capacità di comprensione risulta più sviluppata rispetto a quella di riproduzione della parola, infatti, una volta acquisita la capacità espressiva, riferita ad un numero di oltre due vocaboli, la capacità di produrre delle frasi risulta inferiore rispetto alla comprensione. Inoltre, è emerso che i bambini con questa sindrome presentano difficoltà sull’uso della grammatica, articoli, preposizioni e pronomi clitici, infatti, la lenta e incompleta padronanza di questa, dà origine a un discorso molto “telegrafico” con difficoltà di produrre parole chiare. Questi rallentamenti sulla grammatica e l’articolazione sembrano legati ai livelli di età mentale, infatti il loro vocabolario si sviluppa con l’aumentare dell’età mentale.
L’aspetto che li contraddistingue è il fatto che i bambini con Sindrome di Down formano le prime frasi con un lessico prodotto di circa duecento parole. Le difficoltà di comunicazione relative al linguaggio parlato, scritto e gestuale sono dovute al deficit della comprensione. Tutto ciò si manifesta soprattutto nella partecipazione sociale in quanto a causa del lessico ridotto i bambini avranno scarse capacità discorsive. Essendoci un certo grado di ritardo mentale che si manifesta anche nel linguaggio, è tanto importante organizzare un intervento educativo globale che favorisca la crescita e lo sviluppo del bambino e intraprendere scelte metodologiche cosi mirate da attivare nel bambino l’interesse e la motivazione sul gioco e costruire quindi un apprendimento attivo. È perciò estremamente fondamentale che l’educatore si rivolge al bambino in maniera dolce, pacata e tranquilla scandendo le parole.
Come ben sappiamo non si comunicano sentimenti e pensieri solo attraverso messaggi verbali e scritti ma anche attraverso comportamenti, gesti, sorrisi e contatto visivo. Per i bambini con questa sindrome, la comunicazione con i gesti risulta molto importante per conoscere il mondo circostante e per condividere le proprie esperienze con gli altri. L’uso della gestualità risulterà pertanto un modo per il bambino per compensare il ritardo nella produzione linguistica, al punto tale che il gesto non rafforzerà la parola ma la sostituirà.
Questa produzione dei gesti avviene attraverso tre fasi distinte: all’inizio, nei primi mesi di vita del bambino, si ha una modalità non verbale come il pianto in varie forme, il sorriso e vocalizzi articolati che hanno un ruolo molto comunicativo per gli adulti. Tra i nove e i tredici mesi di età i primi gesti utilizzati sono i “gesti deittici o performativi” utilizzati per mostrare, indicare o porgere. Alla fine del primo anno si presentano gesti “referenziali o simbolici” che aprono la strada alla comunicazione simbolica, quindi non verbale. Essi sono utilizzati dal bambino per poter ‘’nominare’’, ‘’raccontare’’ o ‘’chiedere qualcosa’’ (ad esempio per mostrare il piatto vuoto o la scomparsa di un oggetto). Nel secondo anno di vita si ha progressiva prevalenza dell’uso delle parole rispetto ai gesti.
L’uso del gesto può quindi costituire un utile strumento per facilitare la comunicazione dei bambini con Sindrome di Down. Occorre inoltre sfatare un mito secondo cui la produzione di gesti andrebbe ostacolata perché rallenterebbe quella verbale: esistono ormai molte evidenze sperimentali e cliniche che dimostrano come il gesto <
Inizialmente bisogna favorire dei contatti oculari con il bambino in questo modo il bambino inizierà a sorridere e i genitori pian piano dovranno stimolare la sua attenzione con oggetti di interesse comune e adottare i primi giochi tipici di sparizione e apparizione come il gioco del cucù. Il bambino nei primi mesi di vita inizierà ad assumere le prime forme di coordinazione oculare-manuale e quindi inizierà a conoscere l’oggetto manipolandolo e portandolo alla bocca, successivamente inizierà a sviluppare i primi versi (le cosiddette onomatopee) che solitamente sono brevi e simili a quelli degli animali e ai rumori delle cose. Successivamente compaiono le prime parole come ‘’mamma’’, ‘’papà’’ e ‘’pappa’’ che il bambino nel periodo della lassazione le pronuncerà come ‘’ma’’ e ‘’pa’’.
Dal momento che avviene l’acquisizione di circa 30-40 parole è consigliabile creare un intervento mirato a favorire la corretta pronuncia delle parole, il cui l’obbiettivo fondamentale è quello di acquisire le capacità comunicative e non l’articolazione corretta dei fenomeni.
Al fine di costruire un apprendimento attivo è importante affidarsi a degli strumenti, quali ad esempio l’uso delle fotografie che descrivono oggetti ed esperienze di vita, l’uso dei libri parlati, le trombe sonore, l’utilizzo delle mappe, parole chiavi per introdurre un argomento, oppure i c.d. cloze.
I cloze sono attività di ricerca di parole mancanti o parti di esse all’interno di frasi. Queste attività favoriscono l’accesso al lessico e quindi al significato della parola e della frase. Il bambino deve anticipare la parola e controllarne poi il significato attraverso l’atto di lettura.
Per quanto riguarda le abilità di lettura dei bambini con SD esse sembrano abbastanza conservate, a livello di capacità di lettura le parole vengono lette meglio delle non parole, inoltre, evidenziano prestazione al di sopra della loro età mentale nei compiti che riguardano la lettura di parole regolari e irregolari, mentre nella lettura di non parole ottengono risultati inferiori causati dal loro deficit linguistico.
A questo proposito gli studi dimostrano che le basi cognitive per l’apprendimento della lettura sono da collocare intorno ai 4-5 anni nei bambini a sviluppo tipico, mentre per i bambini con SD si può collocare intorno ai 7 anni.
Nel caso in cui un bambino non riesca ad acquisire le competenze per una lettura sillabica o fonemica, va favorito l’uso di strumenti fondati sul riconoscimento della parola scritta (es.: cloze).
Possono essere proposti anche compiti di discriminazione fra parole diverse associate ai disegni e poi parole simili per il suono, nel primo caso bisogna trovare la parola fiore che viene presentata con sotto il disegno relativo, dalla parola mela anch’essa posta sotto il suo disegno; mentre nel secondo caso bisogna distinguere la parola in relazione alla parola pronunciata dall’insegnante.
Ci si può, inoltre, concentrare anche sul riconoscimento della parola lunga in confronto a quella breve, oppure svolgere delle attività di fusione uditiva, cioè la capacità di mettere insieme sillabe staccate fra loro per ricostruire una parola.
Si tratta di tutta una serie di attività di mantenimento in memoria e fusione dei suoni che risultano centrali nella lettura strumentale. È importante che queste attività siano realizzate con la collaborazione del personale scolastico, delle famiglie e degli specialisti, e che possano essere sviluppate come percorsi inclusivi all’interno della classe e con il coinvolgimento dei compagni del bambino con Sindrome di Down.
Per quanto riguarda la scrittura, così come la lettura, sono state sviluppate molte considerazioni.
I bambini con SD tendono a presentare delle consistenti problematiche poiché nella scrittura viene richiesto un controllo fine-motorio.
Queste problematiche rendono difficile il percorso di acquisizione, le ricerche mettono in risalto i ritardi e i problemi nel raggiungimento della presa tridigitale (pollice, indice e medio), e scarso controllo posturale della posizione seduta.
Per quanto riguarda l’impugnatura della matita è stata evidenziato come questa azione viene messa in atto a partire dai 14 ai 18 mesi nei bambini con sviluppo tipico, in questo periodo il bambino tiene la matita con l’intera mano piuttosto che con le dita, e l’acquisizione della presa tridigitale avviene verso i due anni e mezzo.
Nell’età della scuola primaria si evidenzia come il bambino con SD abbia difficoltà nel disegnare cerchi e linee ma la situazione va a peggiorare quando deve ricopiare le lettere, tant’è che questo problema deve essere messo al centro del piano educativo.
Durante il periodo che va dall’infanzia alla primaria e alla secondaria il bambino attraversa diverse fasi di acquisizione della scrittura, che vanno dalla produzione grafica degli scarabocchi, e quindi dal tentativo di rappresentare qualcosa, fino ad arrivare all’ultimo stadio dell’evoluzione grafica, nel quale avviene la scrittura diretta della parola.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Giorgia Messina |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2019-20 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze dell'Educazione |
Corso: | Scienze dell'educazione e della formazione |
Relatore: | Moira Sannipoli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 69 |
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