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La valutazione

Come valutare la qualità dell’insegnamento?

La valutazione scolastica è un tema molto importante, perché la formazione rappresenta la risorsa fondamentale che interessa la società intera e ciascuno dei suoi membri. Essa è il fattore fondante di ogni realtà scolastica, costituisce l’elemento centrale di tutto il sistema -scuola, garantisce il collaudo, il funzionamento e la possibilità di potenziamento dell’intero impianto formativo. La valutazione, infatti, potrebbe ricostruire quella armonia tra società civile e scuola che si è deteriorata in seguito all’indebolimento della scuola come nucleo centrale delle politiche pubbliche. Dalla critica dei criteri soggettivi degli anni ’60 si è passati a dare più importanza ai processi attraverso cui arrivare ad un’efficacia del rapporto insegnamento-apprendimento. La valutazione rappresenta la coscienza critica di tutta l’attività didattica, da essa partono tutte le decisioni operative e le azioni di miglioramento.

Come suggerisce lo Scriven, la valutazione deve avere un senso formativo, cioè avere il precipuo scopo di sostenere il lavoro di insegnanti e studenti e migliorarlo ad ogni passo: utilizzando il principio di retroazione permette all’attività didattica di procedere solo dopo aver osservato quanto è avvenuto.

Esistono diversi profili della valutazione scolastica: a scopo strettamente “didattico”, volta ad apprezzare i processi e gli esiti dell’apprendimento; a scopo di “istituto”, intesa a rilevare le caratteristiche del servizio erogato da uno stabilimento scolastico; e, infine, quella a scopo di “sistema”, orientata a cogliere le grandi tendenze, il rapporto costo/benefici, i macroindicatori, il peso delle variabili geografiche e territoriali.

I singoli istituti devono dotarsi di una propria autonomia attraverso lo sviluppo di una cultura e un’inclinazione all’attività valutativa che li renda capaci di verificare la propria produttività e il raggiungimento di obiettivi e standard nazionali. La definizione di standard nazionali rappresenta un modo per dare al progetto educativo un criterio di qualità, per raggiungere il livello di servizio desiderato, dando la possibilità alla società di fissare dei punti fermi, in un periodo di trasformazioni. Inoltre, la definizione di standard è importante anche per affrontare il problema della certificazione, ovvero di attestare “erga omnes” le competenze acquisite dopo il percorso di istruzione (scolastica) e di formazione (professionale).

Alcuni documenti europei, hanno espresso la necessità di costruire una carta personale capace di riconoscere le conoscenze fondamentali, tecniche o trasversali, dal contenuto chiaro ed univoco, che siano spendibili sul mercato del lavoro. In seguito, al riconoscimento di ampie sfere di autonomia alle istituzioni scolastiche, avvenuta negli anni ’90, la valutazione diviene un obbligo per legge e si arriva al raggiungimento del binomio discrezionalità - rendicontazione.

L’autonomia scolastica necessita di conoscere non solo lo studente come “oggetto” del percorso di valutazione, ma anche la qualità del processo formativo e dell’istituzione scolastica nel suo insieme. Infatti sono molteplici i fattori che determinano il processo di apprendimento: l’ “efficienza ottimale” è definibile come corrispondenza tra la quantità di apprendimento che si vuole raggiungere e la quantità di apprendimento che è stata effettivamente realizzata dalla scuola. La scuola dell’autonomia deve sempre autovalutarsi al fine di utilizzare i risultati di quest’azione per migliorare le proprie azioni.

La valutazione scolastica in passato ha sempre fatto riferimento al soggetto di studio, ovvero lo studente, ma oggi si specifica diversamente rispetto all’oggetto che viene valutato.
Si può parlare di valutazione del soggetto che apprende, dell’operatore della scuola, d’istituto, di valutazione comparativa di sistema o valutazione del profitto del soggetto che apprende. Il “mastery learning” dà alla proposta didattica un’interpretazione nuova, non più data per scontata, bensì sottoposta continuamente a verifica, in relazione alle caratteristiche per niente consuete degli allievi.

Nel tempo, questa metodologia ha perso lo smalto iniziale e si è caricata di un significato utopico (tutti possono raggiungere gli stessi risultati) contribuendo così, secondo alcuni, ad abbassare i livelli mentre si cercava di perseguire l’equità. Recentemente (2007-2012) si è riscoperto il valore del Mastery Learning; I suoi presupposti (apprendimento per la padronanza) sono stati chiariti da Bloom negli anni 70: l’idea è che la maggior parte degli studenti possa raggiungere un elevato livello di apprendimento se vengono create le condizioni favorevoli, adeguate alle caratteristiche e ai bisogni di ciascuno.

Nella valutazione di contesto, oggetto della valutazione è l’insieme degli aspetti che caratterizzano un’agenzia educativa, ovvero le risorse strutturali, le pratiche, l’organizzazione. Compiere una valutazione di contesto significa individuare delle “dimensioni formative e organizzative”, da considerare come un sistema complesso in base ai significati attribuiti al contesto stesso da tutti gli attori coinvolti (insegnanti, studenti, dirigente, genitori, ecc.). Secondo Fetterman , la valutazione formativa “educa e trasforma i soggetti che vi si impegnano fornendo loro strumenti per l’assunzione di consapevolezza, autodeterminazione, senso di responsabilità, capacità professionali”.

La valutazione formativa, inoltre, ha anche funzione “trasformativa inducendo una modificazione di atteggiamenti, fornendo l’opportunità di acquisizione di capacità e conoscenze, arricchendo e articolando l’esperienza dei partecipanti relativamente all’oggetto che si è andati a valutare, promuovendo un processo di formazione continua”. Questo tipo di valutazione è affidato maggiormente al docente, e quindi dipende dalla sua professionalità, in quanto sembra necessario fare in modo che la verifica dei dati non sia compiuta da agenzie esterne e soprattutto che non sia fondato sulla tipologia di strumenti standardizzati o sull’unicità delle prove.

Scriven definisce la valutazione come una disciplina che sviluppa modelli, teorie e procedure propri, al fine di “determinare il valore (worth), il merito (merit) o la significatività di qualche entità” e propone una distinzione tra “summative” e “formative evaluation”: la prima, volta all’espressione di un giudizio finale circa la validità di un programma, di un curricolo o di un’istituzione educativa; la seconda, compiuta durante lo svolgimento del programma e finalizzata ad introdurre innovazioni migliorative in itinere. “La differenza tra i due tipi di valutazione sta esclusivamente nel momento in cui vengono realizzate, nei destinatari e nel modo in cui i risultati vengono utilizzati”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La valutazione

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Informazioni tesi

  Autore: Vittoria Olivieri
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Melania Verde
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 58

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