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il gioco nell'età evolutiva: l'interiorità del bambino regalata al mondo

Come riconoscere il disagio emotivo attraverso il gioco

Il gioco ha costituito e continua a costituire un punto di riferimento fondamentale per l'analisi dello sviluppo infantile dal punto di vista psicologico, pedagogico e sociologico. L'obiettivo è comprendere il mondo del bambino, osservando le sue risposte nei vari contesti, che spaziano dal cognitivo al relazionale, dal comportamentale all'emozionale42.
Melanie Klein43 introdusse il gioco nel lavoro terapeutico con in bambini. Durante le sessioni, venivano forniti piccoli giocattoli accessibili anche ai bambini che non erano ancora in grado di parlare. Il gioco diventava un linguaggio a sé stante, richiedendo un'interpretazione attenta dei suoi vari elementi, come la durata, il materiale, la complessità e il grado di coinvolgimento, specialmente nei casi di bambini non verbali.
La psicoanalista, sosteneva che attraverso i giochi, e attraverso una analisi accurata, è possibile scoprire un contenuto latente allo stesso modo di come nella teoria psicoanalitica è possibile analizzare i sogni.
Certamente, i giochi rappresentano un modo cruciale per esprimere e esplorare i desideri, le emozioni e le competenze dei bambini. Giochi come "fare la mamma" possono riflettere il desiderio di conforto e consolazione, mentre giochi con macchinine, treni, animali o il gioco della lotta possono rappresentare la volontà di esibire coraggio, abilità e astuzia nella difesa da presunti nemici. Attraverso queste attività ludiche, i bambini possono elaborare e esprimere diversi aspetti della loro vita emotiva e sociale.
In ogni caso, ciò che è importante, è che i bambini possano giocare senza inibizioni. Il bambino che ha potuto godere di uno sviluppo psico-affettivo normale utilizza nella quotidianità moltissimi giochi diversi tra loro. L’inibizione al gioco o l’ossessivo interesse per una specifica attività sono interpretabili come conseguenze di stati di inadeguatezza che generano conflitti emotivi nel bambino.
L'osservazione del gioco di un bambino è di grande aiuto per gli adulti, poiché consente loro di progettare spazi e attività che siano stimolanti e adatte alle esigenze specifiche di quel bambino. Aiutare un bambino a giocare meglio e più intensamente significa consentirgli di esprimere le sue fantasie di onnipotenza e inadeguatezza. Il gioco diventa un canale privilegiato attraverso il quale il bambino può esprimere i propri stati d'animo e individuare eventuali conflitti emotivi44.
Secondo Erikson45 il gioco rappresenta per il bambino un mezzo attraverso il quale può gestire la propria aggressività, canalizzandola in una forma socialmente accettabile. Organizzando questa aggressività durante il gioco, il bambino è in grado di controllare una realtà che altrimenti potrebbe essere frustrante. Il gioco svolge una funzione di supporto nel superamento delle difficoltà e delle esperienze dolorose, permettendo al bambino di esplorare emozioni complesse in un contesto sicuro e creativo.
L'osservazione di un bambino che distrugge ciò che ha costruito durante il gioco può indicare un tentativo di controllare un'esperienza passata che lo ha segnato negativamente. Il gioco diventa il mezzo attraverso il quale i bambini cercano di gestire e controllare situazioni traumatiche. Secondo Erikson, la finzione creata nel gioco svolge un ruolo importante nel mitigare eventuali sensi di colpa che potrebbero sorgere se quella stessa finzione dovesse trasformarsi in dolore reale. Il gioco offre un'opportunità per esplorare e rielaborare esperienze difficili in un ambiente più sicuro e gestibile46.
Così come gli adulti hanno bisogno di comunicare con gli altri per elaborare e condividere le loro esperienze spaventose, tristi o devastanti, anche i bambini necessitano di un mezzo attraverso il quale possano esprimere le proprie emozioni dopo un evento critico. Il gioco diventa un canale fondamentale per i bambini, consentendo loro di affrontare e elaborare le emozioni in modo non verbale, creativo e sicuro. Attraverso il gioco, possono esplorare e dare forma alle loro reazioni emotive in un contesto ludico, fornendo loro un modo più accessibile per comprendere e affrontare gli eventi difficili della loro vita47.
Tra i tre ed i dodici anni, se ne hanno l’opportunità, attraverso il gioco spesso mettono in atto delle scene dell’evento vissuto. In seguito ad un incidente d’auto, si potrebbero osservare bambini inscenare scontri violenti con i loro giochi. Non è raro che i bambini che hanno subito punizioni violente, o le hanno viste infliggere ai fratelli, rimettano in scena questi episodi con bambole o pupazzi. Succede ad esempio che una bambina, prima, rimproveri la bambola e la sculacci, per poi consolarla con parole dolci e carezze. Molto spesso, inoltre, può capitare di osservare che un bambino giochi costantemente all’evento e sembri incapace di pensare ad altro. In questo caso sarebbe bene fissare dei limiti in merito alla quantità di tempo trascorsa nel giocare in quel modo. Lo stesso discorso si può fare qualora si osservasse che il gioco ha l’effetto di turbare il bambino, oppure se durante il gioco il bambino sembra essere assente. Questi segnali potrebbero essere infatti segnali di un forte trauma e sarebbe necessario approfondire l’analisi con dei Professionisti48.

L’attività ludica rappresenta, per il bambino traumatizzato, come già anticipato, una alternativa al linguaggio nell’espressione del vissuto interno difficile da esprimere verbalmente.
Osservando il gioco di un bambino maltrattato, si nota che egli mette in scena soprattutto una realtà dura e violenta, popolata da ombre e figure cattive. Un gioco molto diverso rispetto a chi non ha vissuto queste esperienze. Un bambino maltrattato utilizza il gioco simbolico per sentirsi forte, potente, per poter sovvertire l’ordine delle cose, acquisire il controllo di qualcosa che lo ha fatto stare male e non essere più vittima.
Con la libertà di esprimersi, il bambino sarà in grado di mettere in scena, anche a livello inconscio, ciò che trova difficile gestire. Esprime la sua interiorità attraverso il corpo, i gesti, gli sguardi, la postura, le modalità e i temi preferiti, senza la necessità di verbalizzare alcunché.
Cleopatra D’Ambrosio49, ritiene che il bambino che non ha ancora elaborato un trauma potrebbe manifestare, nel gioco, un elevato livello di ansia che andrebbe ad influire negativamente sulla sua creatività. I pensieri creativi e simbolici potrebbero risultare limitati, e il gioco stesso potrebbe assumere un carattere ripetitivo, agitato ed ansioso. L'atteggiamento del bambino potrebbe evidenziare chiusura, aggressività e rigidità. Al contrario di bambini che non hanno vissuto esperienze dolorose, i bambini che hanno vissuto un trauma devono fare i conti con delle esperienze che lo fanno sentire non solo vittima, ma anche impotente.
Pur tentando una nuova rappresentazione della realtà grazie alla simbolizzazione, il bambino non è in grado di fare realmente finta. Nella sua emotività, il gioco ha sempre un finale traumatico o, in contrapposizione, un finale magico, nel quale le fragilità che ha fatto emergere durante il gioco si dissolvono, ma non si risolvono, in quanto non riesce ad elaborare il trauma e quindi dare una risoluzione logica al problema.
Quando il dolore in seguito ad un trauma subito è troppo forte e difficile da gestire, vengono attivati meccanismi di difesa che ne ostacolano l’elaborazione. Se, invece, si riesce a trovare la giusta distanza dalla sofferenza, cosa assai difficile per un bambino piccolo, questo diviene più sopportabile.50 Quando questo avviene, il bambino diventa capace di mettere in scena su un piano simbolico i traumi e le emozioni vissute e subite. Nel gioco sarà possibile leggere la paura, il senso di impotenza e di tradimento, la frustrazione e la delusione.
Raramente in queste rappresentazioni simboliche sarà possibile notare figure positive. Nella maggior parte dei casi, si osserveranno figure ambigue o violente, che alla fine si allontaneranno, lasciando il bambino da solo. Nel momento in cui l’adulto noterà l'emergere di una o più figure positive nel gioco, il bambino potrebbe aver iniziato il percorso verso la guarigione.
A titolo esemplificativo, si riporta il caso di Kevin51. Bambino nato con un cesareo d’urgenza, sottoposto nelle primissime ore di vita ad un intervento chirurgico a causa di una malformazione intestinale. Questa operazione ebbe il merito di salvare la vita a Kevin causandogli, però, un trauma che ebbe effetti emotivi e comportamentali duraturi. La difficoltà che si presentò agli adulti in questo caso fu di trovarsi di fronte ad una situazione che non pensavano potesse avere degli strascichi così importanti vista la tenerissima età del bambino. Assistettero così al gioco di Kevin che risultava essere assimilabile al gioco di un bambino con lo spettro autistico: spesso si sdraiava a terra, si irrigidiva, fingeva di morire per poi tornare a vivere urlando “Salvatemi! Salvatemi!”. A tre anni, Kevin, ancora non aveva sviluppato l’aspetto relazionale. Non giocava con gli altri, ma giocava a fianco agli altri. Durante delle sedute, gli vennero forniti dei soldatini, Kevin scelse subito cavalieri antichi con scudi e spade; immediatamente li schierò e gli fece combattere i soldatini cattivi, che nella sua mente erano invece i soldatini più moderni, di plastica. Quando a Kevin venne chiesto chi erano i cattivi, lui rispose “i dottori” scoperchiando il vaso di Pandora. Ecco che era emerso il nesso tra il suo trauma ed il gioco aggressivo.



42 G. Garvey, Il gioco. L’attività ludica come apprendimento, Armando Editore, 2009.
43 Melanie Klein (1882-1960), psicoanalista famosa per i suoi contributi dedicati all’analisi infantile. Sono famosi i suoi studi sull’uso del gioco in funzione di associazione libera, sulle necessità di interpretare i transfert negativi, la regolare esplorazione delle fantasie inconsce dei bambini.
44 G. Garvey, Op. Cit.
45 Erik Homburger Erikson (1902-1994), Psicologo e Psicoanalista. I suoi studi sono molto importanti in quanto ha il merito di avere inserito la psicoanalisi infantile all’interno di un contesto sociologico,
46 S. Lupoi, A. Corsello, S. Pedi, Curare giocando, Giocare curando. La famiglia, i bambini i terapeuti, Franco Angeli, 2023.
47 R. Lanius, E. Vermetten, C. Pain, Op. Cit.
48 S. Lupo, A. Corsello, S. Pedi, Op. Cit.
49 Cleopatra D’Ambrosio, Psicologa e Psicoterapeuta si occupa del benessere dei bambini e degli adulti, migliorando gli ambiti relazionali nei contesti educativi.
50 Francesco Montecchi, Dal bambino minaccioso al bambino minacciato. Gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevamento e trattamento, Milano, Franco Angeli 2005.
51 Peter A. Levine, Maggie Kline, Il trauma visto da un bambino. Pronto soccorso per l’infanzia e l’adolescenza, Casa Editrice Astrolabio, 2007.

Questo brano è tratto dalla tesi:

il gioco nell'età evolutiva: l'interiorità del bambino regalata al mondo

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Informazioni tesi

  Autore: Tania Francesconi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2023-24
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'educazione e della formazione
  Relatore: flavia maria margaritelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 103

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disabilità
gioco
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neurosviluppo
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