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L'influenza delle emozioni sulla percezione del lavoro durante la crisi pandemica da Covid-19

Come le emozioni hanno influenzato le prestazioni lavorative durante la pandemia

Come si è potuto vedere dalle ricerche, la pandemia da Covid-19 ha portato a sviluppare principalmente vissuti emotivi di tipo negativo, e ha rappresentato un alto rischio nei confronti della salute psicologica. Alla luce di questo, la seconda domanda di ricerca a cui si vuole cercare di dare una risposta è la seguente: “Le emozioni provate durante la pandemia hanno influito negativamente sulle prestazioni lavorative?”.
Nella letteratura psicologica è presente una forte correlazione tra i temi delle emozioni e quelli del lavoro, ed è nota, soprattutto grazie agli studi di Goleman, l’importanza dell’Intelligenza Emotiva e di una regolazione emozionale per lavorare in maniera efficace e migliorare la performance lavorativa.
Con grande sorpresa sono state ritrovate alcune ricerche molto recenti che indagano tale prospettiva, anche in questo caso il lavoro di ricerca è ancora agli inizi ma ci si augura che presto verranno compiute altre analisi.
Per primo si riporta il contributo di Babbar, Khanna e Majid (2021). Essi si sono posti come obiettivo, oltre all’indagare i vissuti emozionali dei dipendenti durante il Covid-19, di cui si è parlato nel precedente sotto-paragrafo, anche l’esplorazione dell’influenza di tali emozioni sulla prestazione lavorativa. Gli stessi studiosi ritengono che tale argomento sia ancora marginale nella letteratura scientifica e necessiti di contributi. Secondo il loro studio le prestazioni lavorative, che sono state misurate sulla base di standard come la completezza, l’accuratezza e la velocità, sono diminuite a causa delle fluttuazioni emotive. Come già descritto nel precedente sotto-paragrafo, gli autori ritengono che le emozioni principali provate dai dipendenti si possano riassumere nelle condizioni di stress, depressione e burnout.
Partendo dai vissuti depressivi, essi hanno come sintomi la mancanza di motivazione al lavoro e la distraibilità, che, inevitabilmente, si traducono in una riduzione delle prestazioni lavorative. Facendo una breve digressione teorica, Goleman (2020) pone, tra le competenze personali che appartengono all’Intelligenza Emotiva, la motivazione. Essa viene definita dallo studioso come una tendenza emotiva che guida o facilita il raggiungimento degli obiettivi e che presenta tre competenze: spinta alla realizzazione, impegno, iniziativa e ottimismo. Persone in possesso della prima, ovvero della spinta alla realizzazione, sono orientate al risultato, stabiliscono obiettivi stimolanti, assumendo rischi calcolati, si procurano informazioni per ridurre l’incertezza e trovare il modo di fare meglio le cose e imparano a migliorare le proprie prestazioni. Chi è in possesso della componente dell’impegno, invece, cercherà di allineare gli obiettivi di un gruppo o di un’organizzazione: sono persone pronte a sacrificarsi per soddisfare un obiettivo di più ampia portata, che trovano uno scopo nella missione collettiva, che cercano attivamente l’opportunità di portare a termine il compito del gruppo e che usano i valori cardine di questo per prendere decisioni e chiarire scelte. Per quanto riguarda l’iniziativa, le persone in possesso di tale competenza sono pronte a cogliere ogni opportunità, perseguendo gli obiettivi anche al di là di quello che si richiede; infine, i soggetti dotati di ottimismo, insistono nel perseguire gli obiettivi nonostante ostacoli e insuccessi, agiscono spinti dalla speranza di successo e non dalla paura di fallimento e attribuiscono gli eventuali insuccessi a circostanze controllabili, non interpretandoli come fallimenti personali.
Ritornando al lavoro di Babbar et al. (2021) è stato riscontrato che anche la sindrome da burnout condiziona le prestazioni lavorative: è noto infatti, dalla letteratura scientifica, che il burnout porti ad assenteismo, ridotta efficacia e mancanza di interesse per l’organizzazione, tutti elementi che minano la performance. La dimensione psicologica dell’autoefficacia viene concettualizzata per la prima volta dallo psicologo cognitivista Albert Bandura in un articolo pubblicato nel 1977: egli la definisce come la convinzione nelle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessario a gestire adeguatamente le situazioni che si incontrano, in modo da raggiungere i risultati prefissati. Tale costrutto è molto importante all’interno del mondo del lavoro, specialmente in quanto è un fattore rilevante rispetto alla capacità dei lavoratori di rispondere alle pressioni professionali ed è una variabile fortemente correlata alla prestazione e soddisfazione lavorativa. Inoltre, Goleman (2020) pone la fiducia in se stessi come un altro aspetto che rientra nella competenza personale della consapevolezza di sé dell’Intelligenza Emotiva.
Tornando nuovamente alla ricerca, è stato visto dagli studiosi (Babbar et al.) che le prestazioni lavorative sono state influenzate anche dallo stress. È noto, infatti, che lo stress, se eccessivo, abbia un effetto negativo sullo stato psicologico, comportamentale e fisiologico degli individui: danneggia la motivazione, interferisce con la propria energia nel lavoro e si traduce in prestazioni lavorative inferiori (Saleem, Malik e Qureshi, 2021). In generale, quindi, è stato visto che i fattori di stress, burnout e depressione, causati dalle variazioni emotive e psicologiche vissute durante la pandemia, hanno influenzato in modo negativo le prestazioni lavorative.

Si riporta ora uno studio di Saleem, Malik e Qureshi (2021) che esamina, nello specifico, la relazione tra lo stress lavorativo sviluppato durante il Covid-19 e la performance dei dipendenti. È stato condotto nel mese di maggio 2021, utilizzando un campione, di tipo non probabilistico, che riguardava 213 dipendenti di banca che, durante il Covid-19, hanno continuato a lavorare in ufficio, a causa dell’uso limitato dei servizi bancari online. Per quanto riguarda la strumentazione è stato utilizzato, per la misurazione dello stress lavorativo, un questionario a risposta chiusa, adottato nel 2020 da Zaki et al. (citati da Saleem et al., 2021), che indagava quattro dimensioni (ansia, disturbi del sonno, impatto sul lavoro e sintomi depressivi), ognuna misurata con delle domande separate. Invece, per misurare la performance dei dipendenti, è stato utilizzato il questionario di Koopmans (cit. da Saleem et al.). Nel modello di Koompans la prestazione lavorativa è legata a tre fattori: task performance (TP), correlata ai compiti lavorativi essenziali, contextual performance (CP), legata ai comportamenti che vanno oltre gli obiettivi di lavoro ufficialmente descritti, e adaptive performance (AP), che si riferisce al grado di adattabilità dei soggetti nei confronti di cambiamenti lavorativi. Infine, per valutare la cultura della sicurezza organizzativa è stata usata la scala adottata nel 2017 da Lee et al. (cit. da Saleem et al.) avente cinque items. Dai risultati dello studio è stato rilevato che lo stress lavorativo ha significativamente impattato l’affettività e le prestazioni dei dipendenti, in particolare, è stato visto che ha inficiato le contextual performance (CP), specialmente quando queste erano precedute dalle task performance (TP). Invece, sorprendentemente, ha avuto un impatto positivo nelle adaptive performance (AP); gli studiosi, infatti, riportano delle ricerche nelle quali lo stress viene identificato come motivatore nell’adottare nuove pratiche di lavoro che consentano di rendere più sicuro il luogo di lavoro (ad esempio utilizzare la tecnologia), incoraggiando così la capacità di adattamento dei dipendenti. Inoltre, è stato anche evidenziato che la presenza nell’organizzazione di una cultura sulla sicurezza moderi significativamente la relazione tra lo stress e le prestazioni lavorative: grazie alle misure di sicurezza adottate dalle organizzazioni e al mantenimento di una cultura sulla sicurezza, i dipendenti si sono sentiti al sicuro, il che non solo ha ridotto il livello di stress, ma ha anche avuto un’influenza positiva sulle loro prestazioni. Pertanto, da tale ricerca emerge l’effetto negativo dello stress sviluppato durante il Covid-19 su alcuni aspetti delle prestazioni lavorative, inoltre, viene suggerita la promozione di azioni volte alla sicurezza sul luogo di lavoro che possono rivelarsi strumenti utili per gestire lo stress e migliorare, di conseguenza, le performance.
Gli esiti di un’altra ricerca (Sadovyy, Sánchez-Gómez e Bresó, 2021) confermano tali risultati: anche in essa, infatti, sono state trovate correlazioni significative tra lo stress generato dalla pandemia e le prestazioni lavorative dei dipendenti. In particolare, tale studio intendeva valutare l'effetto moderatore dell'Intelligenza Emotiva nell'impatto diretto dello stress sviluppato durante l’emergenza sanitaria sulle prestazioni lavorative e sui comportamenti di lavoro controproducenti. Il campione di ricerca comprendeva 1048 soggetti spagnoli, di una varietà di settori occupazionali, come l'istruzione (22,3%), l’assistenza sanitaria (18,2%), l’industria (20,1%), l’ospitalità e il turismo (17,5%), il commercio (12,8%) e altri settori (9,1%). Gli strumenti usati sono stati: l’Impact of Event Scale nella sua versione a 6 elementi (IES-6) per sondare la quantità di stress generato dalla pandemia Covid-19; la Wong and Law Emotional Intelligence Scale (WLEIS) nella sua versione spagnola per valutare l'Intelligenza Emotiva percepita; e il questionario sulle prestazioni lavorative individuali (IWPQ) nel suo adattamento spagnolo per stimare le prestazioni lavorative. Dall’analisi dei dati, è stato visto che i professionisti con alti livelli di Intelligenza Emotiva e bassi livelli di stress hanno mostrato prestazioni più elevate e comportamenti di lavoro controproducenti più bassi rispetto a coloro che presentavano capacità emotive inferiori e stress più elevato. Questi risultati confermano, pertanto, l’importanza dell’Intelligenza Emotiva nel migliorare l’efficacia delle prestazioni lavorative e rafforzano il ruolo di essa come variabile protettiva in grado di salvaguardare la salute sul lavoro. Inoltre, confermano la forte relazione esistente tra la variabile dello stress e quella della performance lavorativa.
Dall’analisi della letteratura e dai dati delle ricerche si può concludere sostenendo che l’impatto che la pandemia ha provocato sul piano emotivo dei lavoratori abbia profondamente influito sulle prestazioni lavorative. Esse non solo condizionano il singolo lavoratore ma si inseriscono in un contesto ampio che coinvolge l’organizzazione o azienda, ma anche la stessa società ed economia.
Comprendere l’impatto emozionale è pertanto fondamentale affinché si possano attuare interventi di riassetto organizzativo e misure preventive di tutela della salute psicologica ed emotiva dei lavoratori.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'influenza delle emozioni sulla percezione del lavoro durante la crisi pandemica da Covid-19

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Informazioni tesi

  Autore: Costanza Callegaro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: IUSVE - Istituto Universitario Salesiano Venezia
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Ferruccio Cavallin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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