Narcisismo e ipocondria: revisione critica della letteratura scientifica
Classificazione dell’ipocondria nell’ICD-10 e psicopatologia del paziente ipocondriaco
Il termine ipocondria risale originariamente all’antica disciplina medica, e dunque ad Ippocrate che per primo parlò di “male degli ipocondri”, riferendosi ad un disordine del fegato e della milza, o comunque, di un qualsiasi punto dell’area anatomica collocata al di sotto della cassa toracica (l’ipocondrio). Egli riscontrò in una determinata fetta di pazienti, un parallelismo frequente tra lamentele di tipo ipocondriaco e umore depresso; da qui, il termine melanconia (“bile nera”) - o atrabiliare - fu associato a quei soggetti che si prestavano all’attenzione medica, denunciando un disagio fisico accompagnato spesso da un disagio psichico (più o meno inconsapevolmente).
Quando ci si riferisce ai Disturbi somatoformi descritti nell’ICD-10 (OMS,1992), che si tratti nello specifico dell’ipocondria o di qualsiasi altro disturbo simile che implichi lamentele fisiche senza cause organiche, ci si imbatte sempre ed inevitabilmente in un’area oscura e ancora parzialmente sconosciuta della psicopatologia (Oyebode, 2009). La duplice natura somato-psichica delle lamentele ipocondriache, conferisce una certa dose di complessità sia al processo diagnostico che al percorso psicoterapico. Dalle prime edizioni del DSM sino all’ultima, così come in altre classificazioni note utilizzate per la diagnosi psichiatrica e psicologico-clinica, l’ipocondria e i disturbi ad essa correlati, hanno subito e continuano a subire negli anni cambiamenti in termini descrittivi, spostamenti e raggruppamenti nell’ambito delle sezioni inserite tra le pagine dei manuali diagnostici. Da questo si evince quanto, oggi come allora (a partire dai primi scritti di Freud sull’ipocondria) (Freud, 1917), i disturbi somatoformi rappresentino una zona incerta nella diagnosi dei disturbi psichici, una zona in attesa di essere finalmente ben compresa ed inquadrata in un panorama meno confuso e più nitido. La ragione di tale confusione risiede anche nella questione per cui ogni individuo è portatore di una storia personale e clinica a sé stante; al di là dell’assoluta utilità dei comuni criteri diagnostici offerti dalle classificazioni attuali, si ribadisce la necessità di operare una raccolta della storia dei sintomi del paziente, alla luce della sua individualità.
La tradizione psicoanalitica sull’ipocondria, prevalentemente di origine anglosassone e francese, è vasta e ricca di numerosi spunti teorici, ognuno dei quali offre una differente angolazione da cui guardare a questo disturbo- o, sarebbe meglio dire, a questo sintomo. A partire dai primi scritti sulla nevrastenia nell’ottica delle nevrosi d’ansia (Freud, 1892), e dell’ipocondria come “ansia relativa al corpo” (ibidem), Freud riprese più volte l’argomento negli anni per rielaborarlo e reinquadrarlo in ottiche differenti (Stathopoulos, 2017). E’ così che l’ipocondria diventa oggetto enigmatico, fonte di grande curiosità e interesse, sin dai tempi della nascita della Psicanalisi. Concepita nel quadro delle parafrenie, e dunque considerata nella cornice psicopatologica della paranoia (Freud, 1911), per poi essere inserita nella teoria della libido e dunque nel discorso sul narcisismo primario (1914;1916-1917;), l’ipocondria apre nuovi orizzonti al panorama psicanalitico abitato da altri autori contemporanei e successivi a Freud. Ci riferiamo all’allievo Ferenczi, che ascrisse l’ipocondria al fenomeno di scissione auto-narcisistica (1931), alla Klein (1935), così come Perrier (1959), Fèlida (1972), Winnicott (1988a), Fain (1990), Storolow (1977), Nissen (2000), Hanly (2011), ed altri autori (per una lettura dettagliata sull’argomento, si rimanda a Stathopoulos, 2017).
Tanto è stato ipotizzato sulle origini dell’ipocondria, e tanta è stata la difficoltà e la confusione circa l’argomento, proprio come nel panorama psicoanalitico e psicodiagnostico attuale. Rifacendosi alla lettera scritta da Ferenczi a Freud nel 16 Maggio del 1912, in cui l’allievo esprime le sue perplessità e il suo tormento circa la ricerca psicodinamica delle origini dell’ipocondria, diventa più chiaro comprendere le difficoltà incontrate sull’argomento (Stathopoulos, 2017). Tuttavia, il punto che maggiormente desta il nostro interesse a riguardo, sta nel nesso tra ansia somatica e narcisismo, inaugurato da Freud e mantenuto nella tradizione psicanalitica dei suoi seguaci.
Nel terzo capitolo di questa trattazione ci si rifarà con maggiore precisione ad alcuni spunti teorici offerti dagli autori sopracitati, sul parallelismo tra narcisismo e ipocondria, al fine di comprendere cosa accade invece nell’odierno panorama psicodiagnostico. Ci si domanda se il narcisismo così com’è concepito oggi, conservi il suo legame originario con la vulnerabilità legata alle preoccupazioni di tipo somatico. In questa sezione invece, ci occuperemo di introdurre la definizione di ipocondria così com’è concepita nelle odierne classificazioni psicodiagnostiche, partendo dall’ICD-10.
Nell’ICD-10 (OMS, 1992), così come accennato all’inizio di questo capitolo, la Sindrome Ipocondriaca (F45.2) rientra nei cosiddetti Disturbi Somatoformi (siglati F45), che oltre ad essa comprendono il Disturbo di Somatizzazione (F45.0), il Disturbo Somatoforme Indifferenziato (F45.1), il Disturbo Algico Somatoforme Persistente (F45.4), il Disturbo Autonomico Somatoforme (F45.3), Altri Disturbi Somatoformi (F45.8), il Disturbo Somatoforme Non Specificato (F45.9), ed infine, la Nevrastenia (F48.0) (Porcelli, 2009). Essi vengono inseriti anche all’interno dei disturbi dissociativi (di conversione) (F44), che comprendono disturbi dissociativi motori, convulsioni, anestesie, parestesie. Curiosamente, anche la dismorfofobia è stata inserita tra i disturbi ipocondriaci (F45.2). In generale, tutti questi disturbi rientrano nella categoria dei disturbi nevrotici somatoformi correlati allo stress (F4). Tra i vari disturbi descritti, occorre osservare la sottile differenza tra ipocondria e fobia di malattia, in quanto mentre nella prima le lamentele sono correlate ad uno spettro sintomatologico più o meno definito, nella seconda vi è un’intensa paura “irragionevole” di sviluppare una malattia specifica - che può variare nel tempo o meno - senza tuttavia riferire sintomi somatici di alcun tipo (ibidem). Nell’ICD-10, alla voce “Sindrome ipocondriaca” (F45.2), si riporta la seguente descrizione:
Per una diagnosi di certezza devono essere presenti entrambi i seguenti aspetti:
1. Una persistente convinzione circa la presenza di una o più gravi malattie fisiche alla base del sintomo o dei sintomi presenti, anche se ripetute indagini ed esami non hanno identificato un’adeguata spiegazione fisica, oppure una persistente preoccupazione per una presunta deformazione.
2. Un persistente rifiuto di accettare la notizia e la rassicurazione da parte di più medici differenti che non c’è alcuna malattia fisica alla base dei sintomi. (OMS,1992)
Sulla questione delle lamentele fisiche e dei sintomi somatici senza una causa organica apparente, Kellner (1985), nota quanto sia comune come fenomeno nella pratica clinica; egli ascrive l’atteggiamento ipocondriaco (così come la tendenza alla somatizzazione), alla conseguenza di un’abnorme interpretazione della natura di stati corporei del tutto fisiologici. Alla base di questa distorsione, vi sarebbe una conversione di stati emotivi in stati somatici (ibidem), e dunque un’incapacità di comunicare verbalmente circa i propri vissuti emotivi.
Tale “incompetenza emotiva” caratteristica dell’ipocondria, sembra porsi come elemento in comune con il DNP. Riflettendo sulle origini psicodinamiche del disturbo narcisistico, infatti, ricordiamo ora, ad esempio, quanto teorizzato da Winnicott (1965) circa la nascita del Falso Sé nel narcisista, ora quanto articolato da Lowen (1983), circa l’incapacità del narcisista di sentire – prima che esprimere - le sue emozioni perché bloccato a “livello energetico” in un corpo rigido, un corpo che non sente sé stesso e che perciò, non sente l’altro. Come è deducibile da quanto esposto dalla tradizione psicanalitica sul narcisismo, sembrerebbe dunque che la sfera emotiva del narcisista e quella dell’ipocondriaco, presentano un “deficit di espressione” molto simile da cui sembrerebbe originare, per compensazione, il sintomo somatico. La stessa incapacità emotiva sembra riguardare anche il mondo psicopatologico del soggetto depresso; con la descrizione del “Malignant-Self-Regard” (Huprich, 2014), è stata posta in evidenza la tendenza inibitoria che accompagna l’espressione dei vissuti emotivi negativi del MSR (che, ricordiamo, si associa per le sue caratteristiche psicopatologiche al disturbo depressivo e al narcisismo vulnerabile).
L’ inibizione espressiva che, in questi soggetti, accompagna le emozioni negative, sembrerebbe inoltre essere la stessa che accompagna quelle positive; studi empirici hanno dimostrato la presenza di frequenti vissuti di anedonia (Pincus et al., 2009; Huprich et al., 2018) e mancanza di affetti positivi (Dawood & Pincus, 2018) tipicamente depressivi, nel DNP. Da quanto esposto circa il mondo emotivo dell’ipocondriaco e la sua stretta connessione con il disturbo depressivo, e – stando a quanto emerge da questa trattazione - con il narcisismo, riteniamo che la stessa mancanza di affetti positivi riguardi anche questo disturbo. Il sintomo somatico sembra candidarsi dunque come miglior referente dei vissuti emotivi di questi soggetti che, non potendo comunicare verbalmente su di essi, tendono a conservarli dentro nonostante le conseguenze spiacevoli che derivano dall’ “implosione emotiva”.
Considerando che l’ipocondria conserva il potenziale di manifestarsi in quanto sintomo in tutti i disturbi della sfera nevrotica sino ad inserirsi in quadri francamente psicotici (Gelder, 1986), è possibile elencare sinteticamente le varie forme che essa può assumere fenomenologicamente nella psicopatologia del paziente ipocondriaco:
-Allucinazione
-Delirio primario/ secondario
-Idea prevalente/ dominante
-Ruminazione ossessiva/ depressiva
-Preoccupazione ansiosa
(Oyebode, 2009)
Mentre le prime due forme riguardano notoriamente quadri psicopatologici francamente psicotici e, generalmente, situazioni gravemente depressive dell’età senile (si pensi ad esempio ai deliri secondari ipocondriaci e/o nichilistici nella Sindrome di Cotard) (1882), le ultime due possono abitare in modo più o meno variabile per natura, intensità e durata, tutta la sfera dei disturbi nevrotici. Tuttavia, se si considera la centralità della componente ansiosa sia nella ruminazione che nella preoccupazione circa lo stato di salute personale, si può affermare che il più delle volte, le varie forme ipocondriache nascondono (o svelano) stati depressivi alla base (Oyebode, 2009).
Sintomi muscolo-scheletrici, gastrointestinali (costipazione, indigestione), neurovegetativi, centrali (cefalea, emicrania), sensazioni di malfunzionamento generale (Kenyon, 1964), costellano l’esperienza somato-psichica dell’ipocondriaco. Il timore di sviluppare una malattia mentale - o della “follia” in genere - è altresì molto comune nella sintomatologia ipocondriaca, perlopiù in quadri depressivi (da cui, come s’è potuto evincere in precedenza, il disturbo narcisistico di personalità non è escluso). Si noti dunque come il confine tra mera preoccupazione, o idea prevalente/dominante, e percezioni somatiche connotate da significati abnormi (Kellner, 1985), sia caratterizzato da un’estrema labilità. E’ possibile infatti concepire l’ipocondria sulla linea di un continuum che da stati d’ansia più lievi, manifestati da disagianti ma transitorie preoccupazioni di tipo somatico, può raggiungere, all’estremo opposto, forme d’ansia più pervasive e durature, prodromi o indici di uno scompenso psicotico già in essere. Considerare con la dovuta attenzione caratteristiche come intensità, qualità, frequenza e durata di una determinata manifestazione ipocondriaca, e dunque raccogliere con minuziosità ed interesse la storia del sintomo del paziente, agevola e direziona con maggiore precisione e puntualità, il momento diagnostico. Se si considerano poi le forme di ipocondria accompagnate da lamentele e sintomi somatici, l’esclusione di cause mediche (in virtù di una psicopatologia diagnosticata) diventa un operazione delicata e complessa in cui vi è la necessità, da parte di chi fa diagnosi, di rispondere in prima persona della sicurezza psico-fisica del paziente. Confondere una diagnosi medica con una di tipo psichiatrico, non è un errore banale. Nel paragrafo successivo, a tal proposito, si affronterà la questione alla luce dei criteri utilizzati dal DSM-5 per diagnosticare l’ex-ipocondria: comprenderemo perché, l’adozione cieca e imperativa (e dunque poco professionale) di questi nuovi criteri diagnostici, potrebbe condurre il clinico verso il pericoloso errore di confondere due condizioni patologiche differenti. Ipocondria e disturbi di natura organica possono coesistere, spesso, ad esempio (ma non solo), in quadri di demenza senile, soprattutto in soggetti con tendenze ipocondriache precedenti la malattia (Oyebode, 2009); l’iperinvestimento psichico sul piano corporeo-organico, in sostanza, crea un intreccio generalmente inestricabile per l’ipocondriaco e per il clinico che fa diagnosi.
La duplice natura dell’ipocondria confonde paziente, medico e psicologo in un lungo e tortuoso processo diagnostico-investigativo che spesse volte, presenta vicoli ciechi e ampie zone d’ombra. Acquisire consapevolezza circa lo stato psichico ed emotivo alla base dell’ipocondria, diventa dunque un compito arduo ma necessario ai fini del trattamento psicoterapico (o farmacologico), tanto per il clinico quanto per il paziente che ne necessita.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Narcisismo e ipocondria: revisione critica della letteratura scientifica
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Informazioni tesi
Autore: | Maria Grazia Niglio |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Psicologia |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Piero Porcelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 96 |
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