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''Sogno o son desto ?'' Lavoro onirico e produzione cinematografica

Cinema e terapia: analisi dei presupposti

Gli effetti che la visione di un film produce sullo spettatore sono stati palesemente visibili a tutti fin dalla prima proiezione al Grand Café di Parigi. Non solo non si sono affievoliti nei decenni a seguire quella prima storica, ma al contrario hanno dato adito ad una serie di ricerche sempre più specifiche man mano che il progresso scientifico, avanzando, offriva nuovi strumenti d'indagine. Si é dunque dimostrato e confermato scientificamente, ad esempio, quali variazioni fisiologiche siano indotte in presenza di una proiezione cinematografica, finanche ad arrivare a includere le variazioni di ormoni presenti nel sangue. Ma ciò che interessa l'argomento trattato in questa sede é soprattutto lo stato di coscienza modificato che si verifica in tale circostanza che é sintomaticamente allacciato al fenomeno della proiezione identificativa (de Laurentiis, L., 2004, www.cinemaepsicoanalisi.it). Il Dott.Paolo Pancheri (2001), presidente Società Italiana Psicopatologia nella presentazione di Gianni Canova del libro di Ignazio Senatore "Curare con il cinema", a riguardo si esprime con le seguenti parole "Il cinema induce in ogni persona una modificazione dello stato di coscienza. Lo spettatore entra temporaneamente in uno stato sognante indotto, mantenuto e trascinato sia dalla storia narrata nel film, sia dalle potenti suggestioni delle immagini. Il film induce un particolare stato crepuscolare, dove la realtà oggettiva si cancella ed i vissuti soggettivi indotti dalle sequenze cinematografiche rappresentano temporaneamente la sola realtà" (www.dramatherapy.it). Il protrarsi delle dissertazioni sull'analogia tra cinema e dimensione onirica dello spettatore, congiuntamente agli studi scientifici praticati sugli aspetti fisiologici della visione filmica, hanno aperto la strada ad una considerazione della produzione cinematografica assurta a strumento di cura.
Del resto, equiparandola alla stregua dei sogni, si prospetta perseguibile estendere anche al cinema l'utilizzo che Freud faceva del materiale onirico in analisi. Se il sogno per il padre della psicoanalisi costituiva "la via regia all'inconscio" (Freud, S., 1900, p.6) da cui trarre materiale grezzo per l'analisi terapeutica, allo stesso modo il cinema potrebbe costituire lo strumento di analisi che riesce a trasportare sullo schermo le emozioni più nascoste.
Ma l'utilizzo del cinema sotto questo aspetto evocativo può ancora essere differenziato. Se si considera l'azione consolatoria, rilassante o liberatoria comunemente nota, si può parlare di "visione cinematografica", ma se si intende attribuirle un uso terapeutico, allora si parlerà di "visione a fini trasformativi". In questa seconda accezione si riconosce la Cinematerapia(R) come ideata dall'Istituto Solaris alla fine degli anni '70, sulla scorta di quanto esperito presso i Laboratori di Cosmo-Art della Sophie University di Roma (www.cinematerapia.it)
Utilizzando l'espressioni del dott. Giampiero Ciappina (2007), direttore dell'Istituto Solaris: "La Cinematerapia(R) si avvale del potente effetto evocativo, simbolico e allegorico delle immagini filmiche (analogamente a quanto facevano e fanno ancora le favole, i miti, le leggende, i sogni notturni, ecc.) per comporre ed elaborare le emozioni grezze in processi complessi che hanno la finalità stimolare nell'individuo lo sviluppo di nuove competenze, la realizzazione dei propri progetti profondi e agevolare il suo cammino esistenziale" (ivi). Sia che si parli della visione a fini trasformativi che della visione filmica a maggior ragione, non si intende mai la sostituzione della pratica terapeutica, se necessaria, con la visione di un film. Si parla piuttosto della visione cinematografica come di un supporto alla crescita della persona che viene messa nella condizione di esercitare una azione riflessiva su se stessa (ivi). Il processo di identificazione con i personaggi sullo schermo cattura emozioni nascoste e, rendendole manifeste, ne"obbliga" in qualche misura la presa d'atto con una riflessione postuma alla visione. Carlo Di Stanislao (2012) sostiene che :"il film é uno strumento particolarmente adatto a lavorare sulle emozioni e per mettere a nudo aspetti spesso totalmente inconsci della vita degli individui. Ma emozionarsi solamente non basta: ecco perché questa disciplina propone il film come strumento, come mezzo di trasporto per giungere nell’intimità delle persone e sciogliere nodi strutturali anche complessi" (www.Beltade.it). Su questo Ignazio Senatore (2004), vicepresidente della Sezione Arte-cinema- Spettacolo della Società Italiana di Psichiatria, ribadisce fortemente insistendo sull'importanza della relazione terapeutica che é l'unica in grado di contenere problematicità psichiche (Senatore in Mismetti Capua, C.2002, www.cinemaepsicoanalisi.it). Il film sarà allora da considerarsi uno strumento in più nelle mani del professionista che potrà anche, a parere dell'accreditato critico, farne egli stesso uso nell'esaminare la molteplice varietà di scenari offerta nelle storie (ivi). Dello stesso avviso Vincenzo Mastronardi professore di Psicopatologia Forense all’Università "La Sapienza" di Roma e autore del libro "Filmtherapy. I Film che ti aiutano a stare meglio" (2005): «E’ come suggerire ad una persona, con la forza del sogno, al di fuori dal ricatto personale della propria storia, di fare prove d’autore di future sue possibili opinioni, scelte di vita, nuove considerazioni sul suo passato, atti mentali che, ordinariamente, non avrebbe l’occasione od il coraggio di fare. Non dimentichiamoci che la visione di una determinata pellicola é stata scelta dal terapeuta con una specifica motivazione e che lo spettatore-paziente vi partecipa con la mente, il proprio corpo, emozioni e sensazioni».
(Mastronardi in Gioacchini, E., 2006, www.dramatherapy.it). Nell'intervento fatto sempre dal prof. V. Mastronardi al Convegno "Il potere delle fiabe" del 13 giugno 2003 a Roma (ivi), questi spiega anche come il cinema possa avere un ruolo nella prevenzione primaria e secondaria. La visione di immagini, sostiene, può contribuire alla veicolazione intrapsichica di un messaggio immaginifico che crei una comunicazione metacognitiva, di particolare rilevanza nei casi di gap comportamentali.
Al piano pedagogico é ascrivibile invece la formazione di "piste comportamentali" come le definisce Vincenzo Mastronardi (ivi). Queste si costituiscono in conseguenza all'utilizzo di immagini selezionate, concernenti scelte e soluzioni formative che, favorendo "cognitività emozionali autoctone" o "illuminazioni autoctone" in grado di incidersi nell'immaginario individuale grazie al substrato emozionale, risultano funzionali a uno sviluppo equilibrato (ivi). A testimonianza di come a volte la finzione scenica anticipi la scienza, si ricorda la "cura Ludovico" a cui é sottoposto Alex in "Arancia Meccanica" (Kubrick, 1971).

Questo brano è tratto dalla tesi:

''Sogno o son desto ?'' Lavoro onirico e produzione cinematografica

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Informazioni tesi

  Autore: Loredana Salerno
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Angela Tagini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 36

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