L'ideale dell'ape: Corpo Celeste e Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher
Cinema dell’anima
Rohrwacher ricorre ad elementi fiabeschi, magici ed immaginifici che si instaurano nella realtà regalando situazioni dal profondo valore simbolico per trascendere il reale stesso. Il ricorso ad elementi simbolici, desunti dal mondo fiabesco o dalla storia dell’arte rende ancora più evidente il messaggio politico e sociale veicolato nei suoi film. La forza del racconto fiabesco è quella di fornire in forma simbolica “una spiegazione generale della vita”64. Per questo i film della regista si identificano come “fiabe sociali e spirituali”65. Così, come fossero fiabe che iniziano con “C’era una volta”, i suoi film iniziano al buio, “per creare una sospensione”66 in cui il verso diegetico degli animali, o il suono delle automobili e del traffico sono gli unici elementi che inizialmente lo spettatore può cogliere, e per questo risultano essenziali. Rohrwacher ripesca questo procedimento direttamente dalla sua infanzia, quando durante i viaggi notturni in macchina con i genitori, immersa nel buio, basandosi sull’udito e l’immaginazione, cercava di vedere con la mente quello che non vedeva con gli occhi67. La regista vuole stimolare lo spettatore, facendolo entrare ed immergere nei mondi delle sue storie, come il cacciatore che illumina il sentiero per farsi strada, puntando le torce sul casolare nella scena di apertura de Le Meraviglie. Per lei il cinema e le immagini nascono per mezzo di “una luce che entra dentro una caverna e ci racconta un mondo che esiste solo perché la luce lo porta in vita e ci permette di vederlo con tutte le sue stalattiti”68.
Il lirismo delle sue opere prova e ben riesce a tenere in equilibro reale e surreale, perché è la realtà stessa ad essere complessa e sfaccettata ed irriducibile a puro materialismo. L’immaginazione risulta fondamentale nell’universo creato da Rohrwacher che si lascia ispirare dal cinema sacro e rurale di Ermanno Olmi o dal cinema poesia di Pier Paolo Pasolini.69 Un cinema antiprogressista che lascia spazio ed accoglie la magia: non è rifiuto tout court della modernità, anzi, un bisogno di non perdere la sacralità della vita e di fare resistenza a tutte quelle forme di bulimia rapace che saccheggiano beni e risorse lasciandosi alle spalle devastazioni e povertà.
L’elemento naturale diventa qualcosa di corporeo in quanto le protagoniste “toccano” e bevono” la luce che risulta essere tangibile.70 Ma come l’uomo può mettere le mani sulla natura, così questa può giungere inattesa e regalare momenti magici e inaspettati, come una nuvola improvvisa che coprendo il sole e sovrastando il set, risulta essere specchio dello stato d’animo di Angelica, la madre di Gelsomina.71
Lo sguardo di Alice si posa come una carezza sui paesaggi rurali avvolti in nebbie e brume quasi a conferire un’aura di mistero. Si fa invece pietoso e compassionevole di fronte al degrado della periferia urbana, dove elementi come il sottopasso allagato, restituiscono il dolore del margine violentato.
Il cinema di Rohrwacher è un cinema poeticamente infantile, in cui lo sguardo dei protagonisti diventa centrale poiché questi possiedono un potere immaginativo che li differenzia dagli altri personaggi. Uno sguardo di meraviglia di fronte alle piccole bellezze del mondo, uno sguardo innocente e infantile o uno sguardo magico, capace di connettere sé stessi con un altro mondo. I suoi film sono viaggi nel profondo, nell’intimo, laddove sogni e desideri, paure e memorie ancestrali abitano.
Il presente capitolo ha dapprima definito e contestualizzato all’interno del panorama cinematografico internazionale il cinema di Alice Rohrwacher, per proporre, come si vedrà nello specifico dei capitoli successivi, una lettura ecocritica dei suoi film. Questo tipo di approccio risulta funzionale per sottolineare la funzione politica ed educativa del suo cinema.
Il seguente capitolo individua nel film d’esordio Corpo Celeste la messa in scena del paesaggio dell’Antropocene attraverso il racconto di formazione di un’adolescente straniera, in cerca della propria identità. L’analisi si concentrerà sul rapporto della protagonista con l’ambiente circostante che non si limita ad essere contenitore spaziale delle vicende ma diventa un vero e proprio personaggio.
64 I. Calvino, Fiabe Italiane, Mondadori, 2002, Milano, p. 22.
65 M. G. Cavallo, Cinema del’anima. For a Trascendental, Post-humanist, Poetic cinema, cit. p.14.
66 D. Zonta, L’invenzione del reale, cit., p.187
67 Jonathan Romney, Film director: Alice Rohrwacher: ‘Making images is a form of faith’ in ‘The Guardian’ https://www.theguardian.com/film/2019/mar/31/alice-rohrwacher-italian-film-director-interview-happy-as-lazzaro (ultima visita 03/11/2023)
68 D. Zonta, L’invenzione del reale, cit., p. 186.
69 S. Di Paola, Alice Rohrwacher: “Il mio mondo contadino sulle orme di Olmi” https://www.saledellacomunita.it/alice-rohrwacher-il-mio-mondo-contadino-sulle-orme-di-olmi/ (ultima visita 17/01/2024)
70 M. Garcia, An Evanescent Girlhood An Interview with Rohrwacher, in «Cinéaste», 4, 2015 p.28
71 Ibidem
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'ideale dell'ape: Corpo Celeste e Lazzaro Felice di Alice Rohrwacher
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Informazioni tesi
Autore: | Pietro Bonadei |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Dams - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo |
Relatore: | Alice Cati |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 55 |
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