Cibo e ''cultura''
Cibo come sistema di comunicazione
Mangiare con gli altri è, come qualsiasi fatto culturale, simbolico e comunica diversi valori, significati, e si configura come "risposta sociale a un bisogno biologico" (Tullio Seppilli). Così, come abbiamo visto, l’uomo è "l’unica specie ad aver trasformato un bisogno fisiologico in un piacere più alto perché accompagnato da consapevolezza", tramutando "dei comportamenti naturali in un’esperienza culturale" (R. Cavalieri).
La cultura è una trama di significati ereditata dal passato immediato, un contenitore per i bisogni interpretativi del presente. Gli individui allevati in una cultura particolare la vedono mutare nel corso della loro vita: la cultura si evolve ed essi svolgono un ruolo in questo mutamento. Il consumo è il campo in cui viene combattuta la battaglia per definire la cultura e darle una forma. I beni di consumo servono a creare e a conservare i rapporti sociali. La scelta dei beni da consumare, infatti, crea continuamente forme di discriminazione sociale che si sovrappongono o si rinforzano. "I beni sono quindi la parte visibile della cultura, sono disposti in gerarchie che consentono di esplicare liberamente tutta la gamma di discriminazioni di cui è capace la mente umana" (M. Douglas, B. Isherwood).
Anche il cibo è un mezzo per discriminare valori, e, quanto più sono numerosi i ranghi da discriminare, tanto maggiore sarà la varietà del cibo. Ogni volta che un bene viene offerto, accettato o rifiutato, rafforza oppure indebolisce le linee di demarcazione esistenti, e vale lo stesso anche per un bene come il cibo dedito a soddisfare un bisogno fisico. Il consumo del cibo, pertanto, è l’atto che opera nel sociale ed è espressione del sociale. Per la Douglas, quindi, i meccanismi che determinano le scelte e i gusti non sono universali ma variano da una cultura all’altra.
Mary Douglas (1984) ricorda come la nozione di consumo debba essere ricollocata all’interno del processo sociale; il consumo, infatti, è parte integrante dello stesso sistema sociale che a sua volta è una componente del bisogno sociale di entrare in relazione con altre persone e di disporre di materiali di comunicazione che consentano di entrare in relazione con loro. Materiali di comunicazione possono essere anche i cibi da offrire in casa, che si condividono con altri per poter comunicare il proprio stato d’animo.
Attraverso lo studio dei vari sottoinsieme culturali – ad esempio il cibo, ma anche denaro e beni di consumo – per la Douglas (1982) è possibile cogliere la struttura del pensiero, il codice per mezzo del quale si trasmettono informazioni sul sistema sociale nel suo complesso. Viene suggerito quindi di analizzare unità di comportamento definite e circoscritte e che abbiano quindi dei limiti stabiliti formalmente: ecco perché viene preso in considerazione il pasto. Il pasto, infatti, come altri comportamenti sociali, ha un inizio e una fine chiaramente definiti, ha un suo ordine e una sua logica interna quindi è più facilmente analizzabile; dallo studio di questo emerge l’insieme dei significati sociali che viene trasmesso e come questi ultimi facciano parte di un sistema più vasto e socialmente determinato. La realtà è, difatti, socialmente costruita.
Una delle ipotesi che la Douglas (1982) formula (peraltro già trattata, cfr. Capitolo I) è che esistono delle correlazioni tra la struttura del pasto e i rapporti sociali, per comunicare sentimenti di accettazione o di rifiuto e informazioni sul posto che si occupa nella gerarchia familiare e sociale. Inoltre il cibo svolge una funzione importante nei rituali di celebrazione di grandi e piccole occasioni e ricorrenze: ad esempio, in Inghilterra "Natale non è Natale senza il Christmas pudding e così qualsiasi altro evento speciale è contrassegnato dalla preparazione di un cibo particolare" (1982: 19). Quest’ultimo esempio rappresenta quella che Grignon (2001) chiama commensalità eccezionale (cfr. Cap. I).
Attraverso il cibo quindi, come attraverso i beni di consumo, l’individuo definisce l’ambiente in cui vive: Douglas sostiene che si crea il calendario sociale attraverso i consumi, la gerarchia dei rapporti sociali, ecc. L’individuo, inoltre, scambia messaggi, stabilisce rapporti, e, attraverso questi scambi comunicativi e materiali, conferma o mette in discussione significati e valori. E, di conseguenze, viene confermata o messa in discussione la stabilità del sistema sociale.
Il cibo infatti oltre ad essere un sostentamento del corpo è anche un importante mezzo di comunicazione, attraverso il quale l’individuo esprime se stesso e contemporaneamente si differenzia dagli altri, da coloro che non hanno le sue stesse abitudini alimentari. Allo stesso tempo il cibo può segnare confini ben precisi anche all’interno di una stessa società, come ha dimostrato Bourdieu quando ha descritto i sistemi alimentari delle classi popolari e quelle borghesi.
Bourdieu (1983) sostiene che sia impossibile pensare ad uno stile di vita (in questo caso il sistema alimentare) se non in rapporto ad un altro; infatti quando distingue il modo di mangiare tra le classi popolari e le classi borghesi, inserisce il sistema alimentare in un paragone con altri ambiti della vita. Al "mangiare schietto" popolare corrisponde, ad esempio, una parlata schietta e si parla qui di piatti molto abbondanti, poco raffinati, contrariamente ad una borghesia, caratterizzata da uno stile di vita moderato, che mostra una certa preoccupazione di mangiare secondo certe forme. Infatti, oltre ad essere persone aventi un comportamento elegante e raffinato, mai sguaiato, si preoccupano anche di non mangiare dando l’idea di buttarsi sulle portate, di aspettare che tutti siano serviti prima di mangiare, e le porzioni qui non sono mai abbondanti, anzi vige la regola di mangiare in modo discreto e di non servirsi mai più di una volta.
Qui il fatto di mangiare secondo certe forme è un modo di rendere omaggio agli ospiti e alla padrona di casa, di cui si rispettano il lavoro e le cure, corrispondendo ad un modo di vivere all’insegna del moderato. Al contrario, in una cultura popolare il non mangiare abbastanza potrebbe generare sentimenti di indignazione nei padroni di casa verso gli ospiti. Nelle classi borghesi la qualità fa aggio sulla quantità e questa scelta di stilizzazione tende a spostare l’accento dalla sostanza e dalla funzione del cibo alla forma e alla maniera.
Secondo Bourdieu nelle classi popolari il cibo viene rivendicato nella sua autenticità di sostanza che nutre e che dà forza al corpo e porta a relegare in secondo piano la preoccupazione per la sostanza. Si tratta di due morali e di due visioni del mondo opposte: dove gli uni vedono la sfacciataggine, la trasandatezza, gli altri vedono l’assenza di complimenti; per gli uni si fa attenzione a non dare troppa confidenza, per gli altri la famiglia costituisce la forma più assoluta di riconoscimento, la rinuncia a qualsiasi presa di distanze (1983: 202 – 209).
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Cibo e ''cultura''
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Informazioni tesi
Autore: | Martina Chirminisi |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Società e sviluppo locale - Sociologia e Ricerca Sociale |
Relatore: | Michael Eve |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 120 |
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