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Lobbying: pubblicità, trasparenza e partecipazione

Chi fa parte delle lobby in America?

Visto il percorso storico che ha portato all’attuale regolamentazione giuridica delle pratiche lobbystiche, è possibile ora individuare le tre principali categorie di gruppi di interesse presenti negli Stati Uniti d’America. Le tre categorie sono:
- una categoria di persone che lavorano a tempo pieno, e a pagamento, per determinati interessi in questione;
- una categoria, più ristretta, di soggetti che frequentano incontri, convegni e seminari organizzati dalle associazioni lobbistiche, al fine di mobilitare la “base”;
- un più vasto gruppo di persone, inattive per la maggior parte del tempo, ma sempre interessate e disponibili ad azioni di lobbying.
Altra distinzione tra gruppi di interesse vede da un lato nuovi rivendicatori, e dall’altro coloro che difendono invece vecchie esigenze; ancora: alcuni sorgono per rispondere ad un evento particolare e quindi durano un tempo limitato; altri hanno una stabilità, un’ideologia e una esperienza tali da fargli assumere una posizione di riguardo tra i partiti; e altri ancora rappresentano interessi consolidati (economici, finanziari, professionali e sociali). Tra questi ultimi grande potere hanno i gruppi riconducibili in qualche modo al business, nella misura in cui “negli Stai Uniti la politica e gli affari sono inestricabilmente legati e le grandi decisioni di politica estera e difesa sortiscono degli effetti immediati sul mondo degli affari”.
Grandi gruppi come General Motors (GM) o la American Telephone and Telegraph (AT&T), conducono direttamente una propria politica presso il governo, utilizzando tutta la gamma delle tecniche moderne delle Pubbliche Relazioni. Ma la GM e la AT&T non sono le uniche; analizzando i principali attori nel campo delle relazioni istituzionali in Usa emerge l’indicazione di una ripartizione dei grandi soggetti in tre grandi gruppi.
Anzitutto “le holding della comunicazione e delle pubbliche relazioni, che controllano non solo società di PR ma talvolta anche società di public affairs dedicate”.
Questo è il caso del numero uno negli Stati Uniti, Interpublic, un gruppo internazionale che a pieno titolo fa parte delle quattro grandi holding globali della pubblicità (al suo fianco Omnicom, WPP e Publicis). Subito dopo le holding della comunicazione troviamo i grandi studi legali: alcuni di loro, per citarne due lo studio Patton Boggs e quello Akin Gump, “sono strutture di professionisti della legge con una forte propensione all’attività di lobbyng, il quale finisce per diventare il core business dell’intero studio”.
Poco distante dagli studi legali, infine, ci sono le grandi società di consulenza aziendale che non hanno voluto aggregarsi con i gruppi della comunicazione e delle pubbliche relazioni. Le più note sono sicuramente la società Van Scoyoc & Associates e quella William & Jensen, seguite da Ernest & Young e The Dutko Group (si veda al riguardo la tabella offerta da Alberto Cattaneo e Paolo Zanetto nel manuale “ Fare lobby, Manuale di public affairs”).
A tale suddivisione dei gruppi di interesse segue una suddivisione in base al tipo di appartenenza che tali gruppi possono determinare; una appartenenza che si divide in istituzionale da un lato e individuale dall’altro:
- interessi istituzionali: l'organizzazione più comune rappresenta un business o società. Oltre 500 imprese hanno lobbisti, esperti di pubbliche relazioni, e/o avvocati di Washington, la maggior parte di loro con uffici aperti a partire dal 1970. Altre istituzioni rappresentate a Washington sono le università, fondazioni e governi. Per esempio, i governi della città sono rappresentati attraverso la Lega Nazionale delle Città, e quelli delle contee attraverso l'Associazione Nazionale delle contee. Il Consiglio Nazionale per l'Educazione si batte per le istituzioni di istruzione superiore;
- interessi individuali: molti dei più grandi gruppi di interesse si basano su una appartenenza individuale, non istituzionale. Sono rappresentati a Washington nella ben nota Guggi Gulch, ossia la strada dove tutti indossano abiti e scarpe di marca e dove tanti uffici di associazioni e società di lobbying hanno sede. Per fare un esempio, la Federazione Americana del Lavoro - Congresso delle Organizzazioni Industriali (AFL-CIO), uno dei sindacati più potenti, ha più di 13 milioni di membri. Ma si possono citare gruppi come i NAACP, il Sierra Club, e la National Organization for Women (NOW), che hanno tantissimi membri importanti. Senza dimenticare le organizzazioni religiose che sono ben rappresentate; basti pensare alla Coalizione influente cristiana, un movimento politico fondato nel 1989 dal pastore Pat Robertson per dare una svolta cristiana alla politica, che ancora oggi vive ben saldo.
Ma quali sono le motivazioni che spingono le persone ad entrare a far parte di un gruppo di pressione? Prima spinta proviene senza alcun dubbio da incentivi economici, ossia da benefici di tipo materiale. I gruppi, infatti, possono offrire ai loro membri notevoli benefit quali “assicurazioni a basso costo, riduzioni di prezzo per l’acquisto di beni e servizi, speciali pacchetti viaggio di tutto rispetto”.
Ma non vanno esclusi benefit in denaro che includono alti compensi per coloro che si impegnano in importanti trattative sindacali con grandi industrie. Si tratta, in pratica, di gruppi economici che guardano in primo luogo a “profitto, prezzi e salari”. Il governo ne tiene conto attraverso regolamenti, sussidi, contratti e vantaggi fiscali. Ne fanno parte i sindacati e i grandi gruppi aziendali, di agricoltura e professionali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Lobbying: pubblicità, trasparenza e partecipazione

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Di Rubba
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Comunicazione pubblica e d'impresa
  Relatore: Andrea Delogu
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 125

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