Le élite in Russia: dalla Nomenclatura a Putin

Putin sfugge alle definizioni facili. Il suo percorso politico va spiegato ed inserito in rapporto al suo percorso di formazione ed alle conoscenze acquisite nel suo passato lavorativo. Nasce da una famiglia semplice, si laurea in giurisprudenza per poi iniziare la carriera nel KGB. Dal 1985 al 1990 lavora presso l'ufficio di intelligence a Dresda. Continua nel settore della sicurezza sino al '96, quando uscito dal KGB, inizia la sua rapida e importante carriera politica che lo porterà poi ad occupare la carica di Presidente della Federazione Russa, dal 1999 sino al 2008.
Impossibilitato ad un terzo mandato per il dettame della costituzione Russa, favorirà la vittoria di Dmitrij Medvedev, per poi nel corso delle elezioni del 2012 candidarsi nuovamente e ricevere l'ennesima investitura a presidente.

Putin condivideva due obbiettivi, collegati tra loro, dei suoi predecessori: uscire dall'emergenza economica e rendere nuovamente grande ed autonomo lo stato russo a livello internazionale, differiva però nelle premesse circa i metodi e le strategie per realizzarli. La Russia avrebbe prima dovuto costruirsi le fondamenta interne, per potersi proporre in maniera credibile come grande potenza internazionale autonoma e competitiva nel sistema globale

Quindi per sopravvivere in un contesto internazionale sempre più competitivo c'era bisogno di una Russia anch'essa forte e competitiva: il problema principale rimaneva il "come" si sarebbe potuto uscire materialmente da tale situazione.
Putin nel suo primo mandato puntò sulla cooperazione con l'Occidente per ridurre i costi della politica estera e concentrarsi sulla ricostruzione interna.

La comune lotta al terrorismo di matrice islamica consentiva alla Russia di porsi come interlocutore affidabile e paritario all'Occidente sulla GWOT (Global War on the Terror). La scelta pro-occidentale sulla guerra al terrorismo consolidava la posizione internazionale complessiva della Russia di Putin mantenendo inizialmente la strategia di politica estera attuata nell'ultima fase di governo Eltsin. In questa logica continuava la stretta cooperazione con le potenze asiatiche e le economie del gruppo BRIC.

La sua entrata in scena nel panorama politico portò ad un cambiamento nell'approccio istituzionale, passando da uno di stampo democratico ibrido ad un autoritarismo centralizzato.
Riuscì a far capitale politico riconoscendo la rabbia ed il nazionalismo tradito nel decennio traumatico degli anni Novanta. Riuscì in quello che il suo predecessore fallì: conciliare le parti al potere, le varie élite presenti all'interno del Cremlino ed in particolar modo le oligarchie dei siloviki e dei (neo)liberali. Oltre a ciò non dimenticò di sanare la situazione economica, attuando un processo riformatore che possiamo distinguere in due fasi: una prima che va dall'inizio dell a sua presidenza sino al 2004, anno in cui ha origine la seconda fase denominata anche come post - Beslam, caratterizzata da un inasprimento del carattere autoritario delle norme. [...]