Imprenditoria e sviluppo economico nel mezzogiorno
Cenni sullo sviluppo economico del meridione negli anni ottonta/novanta
"Alla fine degli anni ottanta, lo sviluppo economico, sociale e civile del Mezzogiorno è largamente insufficiente. Gli indicatori economici non volgono drammaticamente al peggio; mostrano, anzi, una situazione di luci ed ombre, molto differenziata nel tempo e fra le diverse regioni che compongono il Sud Italia. Ma il problema principale non è meramente quantitativo. Il problema principale è che da un decennio l’economia del Mezzogiorno ha smesso di svilupparsi nel senso proprio del termine. Il Mezzogiorno di quel periodo è un’economia dipendente, che solo in parte produce le risorse necessarie per sostenere il suo reddito e per finanziare il suo sviluppo.
Innanzitutto, il livello di reddito è determinato da un consistente flusso di risorse proveniente dal resto d’Italia: al 1988, quasi un quinto del Pil è attribuibile ad importazioni nette. Se il Mezzogiorno fosse una nazione indipendente questo flusso di risorse determinerebbe immediatamente un fortissimo squilibrio nei conti con l’estero; la bilancia dei pagamenti-in assenza di flussi compensativi-diverebbe passiva.
La recente storia economica del nostro paese è caratterizzata dalla forte crescita del ruolo dello Stato, soprattutto attraverso una grande espansione della spesa pubblica.
Il dinamismo della spesa accompagna le riforme che l’Italia degli anni settanta vuole farsi a compimento del boom economico, dalla sanità alla previdenza; ma essa si realizza soprattutto con la crescita dei trasferimenti alle famiglie a sostegno e coronamento del consenso politico: riforme e assistenzialismo talvolta indistinguibili le une dall’altro. L’incremento della spesa avviene in misura rilevante a debito, ponendone l’onere sulle generazioni future e consentendo a quelle presenti di giocarsi di un reddito disponibile maggiore di quello prodotto. Il debito, a partire dall’inizio degli anni ottanta, prende poi ad impennarsi su se stesso, per effetto di una mole di interessi passivi, in anni di alti saggi di interesse reali, che ne accresce il valore ancor più dell’effetto degli ampi e permanenti disavanzi primari. Il Mezzogiorno è pienamente dentro quest’Italia e non può essere compreso se non in tale quadro. Ancora alla fine degli anni ottanta sembra che tutto questo non debba cambiare mai. Pur in presenza di una lunga fase espansiva, infatti, in quel decennio i meccanismi di fondo di funzionamento dell’economia italiana non vengono modificati; permane l’evidente beneficio per molti nel presente e l’incertezza su chi, nel futuro, pagherà il conto. Il Mezzogiorno assistito e l’operoso Nord-est continuano a votare in massa per questa politica economica.” [BODO & VIESTI]
“L’inizio degli anni ’90 è caratterizzato da alcuni eventi che hanno avuto effetti particolarmente squilibrati per il tradizionale assetto dell’economia meridionale. Da un lato, alla fine del 1992, viene definitivamente abolito l’intervento straordinario e, dall’altro, sempre nello stesso periodo, ha inizio la politica di risanamento della finanza pubblica. Infatti, in vincoli derivanti dall’adesione al Trattato di Maastricht richiedono ai paesi firmatari il rispetto di una serie di parametri che impongono, tra l’altro, l’adozione di politiche di contenimento dei disavanzi. Nel 1992 si realizza per la prima volta un avanzo primario pari al 2% del PIL; da allora i governi che si sono succeduti hanno conseguito avanzi primari crescenti, fino a raggiungere il 6,6% del PIL nel 1997.
L’aggiustamento è avvenuto per mezzo di una riduzione dei trasferimenti e delle spese per investimenti pubblici, ma anche attraverso un significativo inasprimento della pressione fiscale. In tale anno, secondo le stime fornite dal Ministero del Tesoro il 13% della popolazione residente vivevi in condizioni di povertà relativa, ma il Mezzogiorno rappresentava quasi il 65% delle famiglie povere italiane. Una povertà caratterizzata da redditi da lavoro solitamente al di sotto della media nazionale ed elevata disoccupazione. Le politiche di risanamento finanziario si ripercuotono, quindi, pesantemente sul quadro macroeconomico meridionale del periodo successivo. Il primo dato che emerge è rappresentato dal drastico ridimensionamento del volume dei trasferimenti verso tale area. La loro incidenza sul PIL scende dal 25,91% nel periodo 1980.88 al 15,25% negli anni tra il 1993 e il 1998. Al progressivo ridimensionamento e successiva archiviazione dell’intervento straordinario fa riscontro un’analoga tendenza al contenimento della spesa pubblica a favore delle regioni meridionali. Le prospettive di sviluppo sono ulteriormente compromesse dallo sfavorevole andamento del ciclo investimenti produttivi effettuati dalle imprese. Il tasso di crescita medio annuo degli investimenti fissi lordi a prezzi costanti – solo pari all’ 1.75% nel periodo 1983-1988 – scende allo 0,55% nel 1989-92, per poi assumere segno negativo nei sei anni successivi.
Il restringimento della base produttiva meridionale nel corso degli anni ’90 è ulteriormente evidenziato dalla riduzione del peso degli investimenti sul PIL che passa dal 22,52% del 1983-88 al 16,8% nel periodo compreso tra il 1993 al 1998. Infine lo stesso contributo del Mezzogiorno agli investimenti effettuati nel paese subisce un significativo ridimensionamento: dal 29,6% al 23,4% nel 1993-98. I fenomeni prima richiamati, sia dal lato della finanza pubblica che dal lato del settore produttivo si sono ripercossi in modo significati sul sistema delle imprese, le quali, accanto a degli innegabili aspetti di dinamismo evidenziati di fronte all’accentuarsi delle pressioni competitive, presentano anche notevoli difficoltà legate alla precarie condizioni operative dei mercati, difficoltà particolarmente intense sui mercati dei fattori (lavoro e capitale).” [ANANIA]
Questo brano è tratto dalla tesi:
Imprenditoria e sviluppo economico nel mezzogiorno
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Informazioni tesi
Autore: | Fabio Verrigni |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Giuseppe Mauro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 66 |
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