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Protocolli applicabili nella pratica anestesiologica sui primati

Cattura e gestione in cattività

I primati sono animali estremamente forti e possono rivelarsi molto aggressivi se si sentono minacciati. Sono anche dotati di olfatto ed udito sviluppati mentre gli occhi, rivolti in avanti, permettono un'eccellente visione stereoscopica (Nielsen, 1999). Tutto ciò rende difficile la loro cattura.

L'obiettivo della cattura è l'immobilizzazione, che può essere fisica o farmacologica.
Nel caso in cui sia farmacologica può variare da una sedazione leggera fino ad una più profonda oppure si può raggiungere una anestesia vera e propria.

L'utilizzo dei farmaci per l'immobilizzazione ed il contenimento degli animali selvatici fu introdotto negli anni ‘50 e da allora comparvero nuovi studi in grado di elaborare diversi metodi di cattura con protocolli innovativi ed applicabili ad un numero sempre crescente di specie (Fahlman, 2008). Come, infatti, sottolineava già Pearson nel 1968, un farmaco ed un dosaggio che si rivelino inefficaci in una specie potrebbero essere in grado di provocare irreversibile depressione in un'altra.

La tecnica di cattura più comune è quella fisica che sfrutta l'utilizzo di gabbie e trappole, seguita da un intervento farmacologico che renda possibile la movimentazione ed il contenimento. Per le specie di piccole dimensioni si possono utilizzare delle reti, anche se le trappole sembrano funzionare meglio. L'inoculo dei farmaci può avvenire con il semplice uso di siringhe o con l'utilizzo delle cerbottane.

Può risultare difficile sedare due volte uno stesso soggetto in cattività dal momento che questi animali sono molto attenti ed imparano rapidamente a riconoscere la gestualità dell'uomo (Nielsen, 1999).

Negli animali in libertà l'uso della teleanestesia deve essere limitato alle specie di grossa mole e solo in presenza di condizioni ottimali. I dosaggi dei farmaci sono tendenzialmente più alti di quelli che si utilizzerebbero in specie da compagnia perché i selvatici si trovato spesso già in condizioni di stress e sovreccitazione.

Quando possibile il soggetto colpito cerca rifugio su un albero, dal quale c'è il rischio che cada rovinosamente nel momento in cui i farmaci andranno a manifestare il loro effetto (Nielsen, 1999).

Per questo motivo, se si opera in una zona chiusa o comunque delimitata, è importante scegliere una sedazione che permetta un passaggio progressivo dallo stato di coscienza a quello di incoscienza in modo da fornire un tempo sufficiente agli operatori per organizzare un recupero dell'animale al momento della caduta. Se però la zona è ampia, risulta migliore l'utilizzo di farmaci che, agendo rapidamente, impediscano all'animale di allontanarsi e spesso anche di arrecarsi delle ferite dettate dall'incoordinazione (Kreeger et al., 2002).

In alcune specie i membri di un gruppo possono correre in soccorso di un conspecifico immobilizzato o catturato, ma sono anche in grado di attaccare o molestare un soggetto che sia percepito come debole, come ad esempio in seguito a sedazione o anestesia (Nielsen, 1999).

In ogni caso bisogna limitare il più possibile lo stress sugli animali in quanto può essere alla base di morti per shock, ipertermia maligna e miopatia da cattura. Una volta che il primate è sufficientemente sedato da essere avvicinato bisogna metterlo in decubito laterale e mantenere libere le vie aeree (Nielsen, 1999).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Protocolli applicabili nella pratica anestesiologica sui primati

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Informazioni tesi

  Autore: Martina Argano
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Medicina Veterinaria
  Corso: Medicina Veterinaria
  Relatore: Mitzy Mauthe von Degerfeld
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 149

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Parole chiave

anestesia
veterinaria
primati
sedazione
ketamina
animali esotici
scimmie
animali non convenzionali
animali selvatici
alfa due agonisti

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