Analisi di filtrazione in terreni non saturi: il caso delle coperture piroclastiche nel territorio campano
Caratteristiche che influiscono sulla stabilità dei pendii colluviali
I colluvi si formano per movimento e deposizione di particelle per gravità, anche se acqua e vento siano in qualche caso agenti secondari di trasporto.
Il colluvio può essere incorporato e interposto a strati con depositi alluvionali, può derivare dall’accumulo di un grano alla volta o essere il risultato di un ampio movimento di materiali, specialmente flussi di detriti.
I cunei di colluvio possono cambiare nel tempo a causa di deposizione di materiale, inondazione, allagamento o dissezione dei canali di drenaggio e modifiche nella composizione interna risultanti dall’erosione.
La granulometria delle particelle e la densità, all’interno di ogni dato deposito colluviale, variano in modo irregolare con la profondità e l’estensione del deposito.
Un colluvio, nella maggior parte dei casi, contiene stratificazioni che rappresentano i cambiamenti nella velocità di deposizione. Lunghi periodi di inattività, per esempio, possono consentire lo sviluppo di strati di suolo organico che vengono ricoperti durante periodi di deposizione intensa. Questi strati si possono osservare in aree di scavo, ma sono difficili da distinguere con i convenzionali metodi di sondaggio.
I colluvi formatisi in regioni aride spesso sono il risultato di una combinazione di movimenti gravitazionali di singoli grani con materiali provenienti da flussi di detriti depositati rapidamente durante rare alluvioni. Questi flussi sono di breve durata e perdono rapidamente la loro umidità per evaporazione e infiltrazione.
I depositi risultanti mostrano, spesso, una struttura a fiocchi o sciolta, stabile soltanto in condizioni asciutte. Il “bagnarsi” di questi suoli può causare il collasso della struttura a fiocchi in un volume molto più piccolo e, successivamente, portare alla temporanea liquefazione e rapida erosione dei suoli. I suoli colluviali aridi possono essere soggetti a idro-compattazione, fenomeno che può abbassare la superficie del terreno fino ad 1 m.
La stabilità si raggiunge con la saturazione dei materiali, ma per la completa saturazione e compattazione può essere necessario un periodo di tempo notevole e un considerevole volume di acqua, non facilmente disponibile in regioni aride, nelle quali il rischio di idro-compattazione è molto frequente Questi suoli risultano altamente erodibili anche dopo che si è raggiunta la compattezza, perciò occorre un attento disegno delle gallerie di drenaggio e di raccolta dell’acqua, con dei sistemi di diffusione e dispersione.
Minerali scistosi e altre rocce tenere generalmente producono colluvio a grana fine, in molti casi contenente proporzioni significative di argilla. Il lento creep verso il basso del pendio colluviale sottolinea un progressivo allineamento di grani e numerose microscopiche superfici di taglio, che riducono notevolmente i valori di resistenza al taglio normalmente attesi.
Le superfici di rottura sono sottili come fogli di carta, altamente levigate e striate. A tutte le scale di osservazione, risulta evidente la loro rugosità.
Alla scala di pochi micron, le superfici denotano piccoli gradini analoghi alle tracce irregolari individuate su rocce nella zona di faglia; a larga scala le superfici risultano incise da frammenti fossili e grani di sabbia; a scala ancora maggiore le superfici si biforcano attorno a frammenti di roccia e si moltiplicano.
Fleming e Johnson, 1994, hanno osservato che frane con un colluvio spesso si muovono abbastanza lentamente, ovvero pochi cm all’anno, e mostrano alla testa scarpate multiple e sovrapposte, all’apice molteplici rigonfiamenti e fianchi poco definiti.
In contrasto, le frane in colluvio sottile (meno di 2m di spessore) si muovono più rapidamente, mostrano un comportamento di “scivolamento statico”, accelerano dopo un movimento iniziale, e spesso si muovono completamente fuori delle loro iniziali superfici di rottura. Queste frane hanno fianchi ben definiti, molteplici teste di scarpata e un singolo apice.
I due studiosi hanno effettuato test di laboratorio su campioni di suolo raccolti vicino alla zona di rottura. I valori di resistenza variano secondo il modo in cui i campioni sono stati raccolti e testati. I valori minimi di resistenza sono stati ottenuti con l’utilizzo della prova a taglio anulare in campioni privati delle frazioni grossolane.
Le stime dei valori di resistenza a taglio residua concordano con quelle ottenute da precedenti calcoli di stabilità per frane in colluvio spesso. Questi valori, ottenuti da prove di laboratorio, risultano insufficienti per garantire la stabilità di depositi colluviali sottili. Fleming e Johnson hanno ipotizzato che la resistenza addizionale apportata dalle radici degli alberi, dalla scabrezza della superficie di rottura o da una piccola coesione residua può spiegare la discrepanza tra resistenza apparente e stabilità del pendio.
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Analisi di filtrazione in terreni non saturi: il caso delle coperture piroclastiche nel territorio campano
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Informazioni tesi
Autore: | Alberto Domanda |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2009-10 |
Università: | Pontificia Università Lateranense |
Facoltà: | Ingegneria |
Corso: | Ingegneria civile e ambientale |
Relatore: | Claudio Scavia |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 221 |
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