Cannibalismo e sacrifici umani: quando l'uomo diventa "buono da mangiare"
Cannibalismo e comportamenti aggressivi
Lo studio scientifico sul cannibalismo umano comincia tra la fine del XIX e l’inizio del XX sec. Inizialmente le ricerche si mossero nella direzione dell’analisi storico-culturale, tralasciando l’aspetto biologico, presente e studiabile in tutte le specie animali.
Il cannibalismo è un fenomeno inseribile nell’ambito dei comportamenti aggressivi intraspecifici: l’intraspecificità ne è la condizione fondamentale.
L’aggressività è caratterizzata da comportamenti diretti consapevolmente a danneggiare, sottomettere, ferire fisicamente o psichicamente un altro individuo della stessa specie.
Nella quotidianità spesso sfoghiamo la nostra aggressività su oggetti che diventano il nostro bersaglio, la nostra valvola di sfogo: questo è quello che capita quando sbattiamo violentemente una porta (comportamento ridiretto).
Un accumulo di aggressività repressa può portare a instabilità emotiva: si può diventare aggressivi o facilmente “infiammabili” anche in mancanza di uno stimolo esterno che possa esserne causa.
L’aggressività può anche presentare una connotazione patologica, quando si manifesta in maniera afinalistica, irrazionale, esplosiva, violenta causando danni per agli altri e a se stessi.
Negli animali e nell’uomo esiste una produzione endogena dell’aggressività. A controbilanciare e inibire questi impulsi interviene l’evoluzione, con uno strumento particolare in grado di ridirezionare l’aggressività verso comportamenti sostitutivi privi di effetti dannosi: la ritualizzazione o minimizzazione dell’attacco.
Se consideriamo il cannibalismo una prosecuzione del comportamento aggressivo è perché il soggetto da cannibalizzare, ormai morto, non è più in grado di reprimere o ritualizzare l’aggressività dell’altro. In questo caso non si verifica più un cambiamento di funzione. L’aggressività non viene inibita e tanto meno si può determinare un legame tra i due “contendenti”, come invece si manifesta tra soggetti vivi in cui la ritualizzazione dell’aggressività può essere diretta verso la formazione di un vincolo personale
La psicoanalisi è andata alla ricerca delle origini dei comportamenti aggressivi.
Nel 1920 Freud formula la “teoria duale delle pulsioni” nella quale postula l’esistenza di due opposte forme di energia psichica innate e biologiche: sessuale e aggressiva.
L’energia sessuale è definita da Freud come energia “costruttiva” orientata alla vita, l’aggressività come energia “distruttiva”.
Esistono quindi due istinti contrapposti: l’istinto di vita e l’istinto di morte di cui componente essenziale è la pulsione aggressiva. Alla nascita l’istinto di morte è rivolto verso se stessi mentre successivamente viene deviato all’esterno tramite l’influenza della libido e dell’eros. Le due forme di energia possono essere fuse insieme, nonostante abbiano caratteristiche antitetiche: non esiste atto d’amore che non implichi un istinto aggressivo, viceversa non esiste un atto di crudeltà che non fornisca una forma di gratificazione sessuale, anche inconscia.
Un’ autrice fondamentale per lo studio della genesi e dello sviluppo dell’aggressività è Melanie Klein.
La reazione del lattante di fronte alle tensioni provocate dalle sue esigenze fisiche è, a mio parere, l’esempio più evidente di conversione in angoscia della libido insoddisfatta. Non vi è dubbio però che tale reazione sia non soltanto di angoscia, ma anche d’ira […] L’angoscia quindi nascerebbe dall’aggressività.
La dinamica dell’aggressività viene vista dalla Klein come proiezione dall’interno verso l’esterno di una aggressività innata. Le precoci esperienze di frustrazione possono associarsi ad un aumento delle pulsioni sadiche.
Secondo Joan Riviere, allieva di Melanie Klein, nell’uomo e nella maggior parte degli animali è riconoscibile un istinto innato di aggressività, elemento fondamentale e basilare della psicologia umana.
Gli istinti aggressivi crudeli ed egoistici sono strettamente legati alla gratificazione e al piacere: per soddisfare l’istinto di conservazione e l’istinto d’amore è necessaria una certa dose di aggressività, essenziale al loro funzionamento.
Secondo Konrad Lorenz, da un punto di vista etologico, l’aggressività è un istinto primario, trasmesso ereditariamente per favorire l’adattamento della specie, una pulsione combattiva diretta contro i membri della stessa specie, tanto negli animali che nell’uomo. Gli esemplari maggiormente aggressivi hanno maggiori possibilità di successo nella lotta per la sopravvivenza e possono riprodursi, trasmettendo le proprie caratteristiche alle generazioni successive.
Eibl-Eibesfeldt, allievo di Lorenz, considera l’aggressività come una predisposizione dell’uomo ch, in linea di principio, si esprime ovunque allo stesso modo.
Aspetti positivi dell'aggressività ne sconsigliano la totale eliminazione, prevedendo, al contrario, una sua gestione non violenta.
L'aggressività, da un punto di vista filogenetico, ha permesso alla specie umana di distribuirsi su una vasta area della terra: nella lotta tra due rivali prevale il più forte e sano, costituendo così una garanzia per la protezione del gruppo e della prole. Esistono nell’uomo comportamenti pacificatori con cui istintivamente si tende a placare una persona aggressiva.
Il più comune segnale d’amicizia per l’uomo è il sorriso che ha una importante funzione di acquietamento. «Dato che, nel sorridere, si mostrano i denti, si è supposto che si tratti di un movimento di minaccia ritualizzato che, durante il corso dell’evoluzione, abbia invertito il suo significato in quello opposto».
Anche offrire doni alimentari prelude ad un avvicinamento non violento creando un legame tra le parti mentre il saluto e' contemporaneamente offerta e richiesta di acquietamento dell'aggressività.
I comportamenti aggressivi nascono da una complessa interazione tra componenti genetiche e ambientali; in relazione alla specie considerata incontreremo comportamenti geneticamente codificati più o meno rigidamente influenzabili da elementi ambientali e, nell'uomo, culturali e sociali. […]
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Cannibalismo e sacrifici umani: quando l'uomo diventa "buono da mangiare"
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Informazioni tesi
Autore: | Antonella Modica |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Antropologia culturale ed etnologia |
Relatore: | Michele Ernandes |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 141 |
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