Camminare, passeggiare, perdersi. Tre modalità di fruizione estetica per esplorare lo spazio.
Camminare come arte
E’ indispensabile aprire una parentesi su quei movimenti artistici che hanno innalzato la tradizione del camminare e del passeggiare urbano al piano della pratica estetica. Il valore del camminare come atto culturale e momento creativo, inteso da filosofi come Rousseau e Kierkegaard e da scrittori come Thoreau, è stato accolto da una parte dell’arte del ‘900 che ha rielaborato la figura del flâneur per dare risposta alla condizione dell’essere umano nella metropoli contemporanea.
Il movimento Dada colse per primo la tradizione del camminare urbano del flâneur innalzandola ad azione artistico-estetica. È interessante notare come la prima azione estetica dei dadaisti abbia avuto luogo proprio a Parigi, la città dove già alla fine dell’Ottocento si aggirava il flâneur. I dadaisti elevano la tradizione della flânerie a operazione estetica. Il 14 aprile 1921 a Parigi, alle tre del pomeriggio e sotto un diluvio torrenziale, si danno appuntamento di fronte alla chiesa di Saint Julien le Pauvre e con quella visita inaugurano una serie di escursioni urbane nei luoghi "banali" della città. Un'operazione estetica con tanto di comunicato stampa, volantini e fotografie. Così si legge nel volantino:
I dadaisti di passaggio a Parigi, volendo rimediare all'incompetenza delle guide e di sospetti ciceroni, hanno deciso di intraprendere una serie di visite in alcuni luoghi scelti, in particolare quelli che non hanno nessuna ragione di esistere.
I dadaisti non intervengono sui luoghi lasciandovi oggetti né prelevandone altri. L’opera sta nell’aver concepito l’azione da compiere, ovvero la visita, il passeggiare per raggiungere quel luogo a caso. Le passeggiate in città organizzate dal gruppo divengono la prima forma di ready-made urbano, dove l’oggetto è sostituito dallo spazio percorso. Con questo gesto rivoluzionario si volevano contestare le tradizionali modalità di intervento urbano, aprendo all’arte discorsi normalmente riservati ad architetti ed urbanisti.
Sulla scia di questo movimento, la ricerca artistica comincia ad interessarsi non solo allo spazio urbano vissuto ma anche al rapporto che lo spazio ha con la psiche dell’individuo, concetti che verranno ripresi prima dal Surrealismo e poi dal Situazionismo.
Tre anni dopo la prima visita, il gruppo dadaista parigino organizza un altro intervento nello spazio reale. Stavolta non si tratta di compiere un percorso erratico in un vasto territorio naturale. Il viaggio è concepito come percorso iniziatico che segna il passaggio dal Dadaismo al Surrealismo. Nel Maggio del 1924 Breton, Aragon, Morise e Vitrac organizzarono una prima deambulazione in aperta campagna. Scelsero a caso sulla mappa un punto di partenza, ovvero la città di Blois, nel centro della Francia che raggiunsero in treno da Parigi e da cui poi continuarono a piedi fino a Romorantin. Dopo questa prima esperienza, definita da Breton come "un’esplorazione dei limiti tra la vita cosciente e la vita sognata", si potè notare il distacco avvenuto dal dadaismo. Scrive Breton negli Entretiens del 1952: "Il principio delle manifestazioni Dada non è abbandonato. Si decide che il loro svolgimento sarà diverso". Così dal dadaismo nasce un nuovo movimento artistico e sarà Breton, un dadaista quindi, a stilare il primo manifesto del Surrealismo, definito come "un puro automatismo psichico con il quale esprimere, verbalmente, scrivendo o attraverso qualsiasi altro mezzo, il vero funzionamento del pensiero".
Anche all’interno del nuovo movimento il passeggiare, insieme al racconto dei sogni, la scrittura automatica, la ricerca di coincidenze e casualità misteriose divennero le attività preferite del gruppo raccolto attorno a Breton. Il primo viaggio, effettuato senza uno scopo, venne paragonato ad una forma di scrittura automatica nello spazio reale, un girovagare letterario impresso nella mappa di un territorio mentale.
Se il dadaismo aveva quindi intuito che la città è uno spazio estetico in cui operare attraverso azioni quotidiane e simboliche, il surrealismo utilizza il camminare come mezzo attraverso cui indagare e svelare le zone inconsce della città. Sarà poi la "deriva urbana" teorizzata da Guy Debord all’interno dell’Internazionale Situazionista a costituire, come vedremo nel III capitolo, un tentativo di evoluzione rispetto alle idee surrealiste. È a partire dagli anni Sessanta che l’arte comincia a trasformarsi da disciplina che produce oggetti ad indagine più concettuale e smaterializzata ed è in quello stesso periodo che l’arte si trasforma in una ricerca sullo studio dello spazio che lega il corpo alla quotidianità. Il corpo diventa elemento centrale nella produzione artistica e il camminare viene rivisitato da artisti come una delle forme più semplici e naturali da scoprire.
L’artista contemporaneo le cui opere sono maggiormente legate al camminare è Richard Long, artista che opera nella corrente della land art. Ciò che egli trova veritiero è il suo continuo riconoscere la necessità di un rapporto peripatetico con la natura. I "viaggi-opera" da lui intrapresi hanno come obiettivo principale "il piacere, un piacere intellettuale".
Gran parte del suo lavoro consiste infatti nell'azione del camminare. Queste camminate spesso durano diversi giorni e lo spingono verso parti remote della terra, di solito luoghi inesplorati e privi di presenze umane. Long entra in contatto armonico col paesaggio, lo modifica con la discrezione di chi sa che comunque la natura procederà secondo le proprie regole, lo fotografa, lo classifica, ne raccoglie le tracce proprio grazie alla fotografia, strumento "freddo" di registrazione che rimane, come per molte opere della land art, unica testimonianza del lavoro dell'artista, mappatura e diario di viaggio. In A line made by walking, del 1967, l’artista rappresenta in una fotografia un sentiero erboso da lui stesso tracciato camminando attraverso un prato.
L’intenzione era di lasciare un’impronta sulla terra attraverso un gesto qualsiasi. Spesso le opere di Richard Long consistono in opere su carta e in sculture che documentano le sue camminate; a volte, in casi di lunghi percorsi, vengono utilizzate cartine geografiche su cui vengono tracciate linee che rappresentano gli spostamenti, realizzati a volte camminando in linea retta, altre volte disegnando una spirale o un quadrato. In una delle sue opere intitolata A line the lenght of a straight Walk from the Bottom to the Top of Silbury Hill, Long riporta in un interno di una galleria camminando con gli scarponi sporchi di fango il percorso realizzato all’esterno per raggiungere la cima di una collina dalla sua base. L’esperienza non rimane, dunque, tradotta in una semplice linea su di una cartina ma viene ricreata rappresentando a sua volta un nuovo spazio. Il cammino si trasforma da esperienza diretta dell’autore a immagine fortemente evocativa per lo spettatore. Le ambientazioni che Richard Long utilizza per i suoi lavori raramente contemplano un ambiente urbano. Egli predilige luoghi nei quali non compaiono persone, ma nemmeno tracce del presente o del passato recente. Australia, Himalaya e Ande Boliviane sono i luoghi da lui preferiti per attuare le proprie performance.
Invece, Hamish Fulton, contemporaneo di Richard Long, pone maggiore attenzione all’aspetto spirituale ed emotivo del camminare. Predilige percorsi "sacri" e non lascia nessuna scultura lungo il percorso ma ne ricrea l’idea attraverso opere realizzate in spazi chiusi.
La parte consistente dell’opera sta nel camminare, atto che è considerato origine e completamento della sua poetica. Il materiale fotografico che produce o i piccoli appunti che vengono ingranditi ed incorniciati sono gli unici prodotti che mettono in contatto l’artista con il pubblico che non ha partecipato alla performance. Le rappresentazioni che l’artista decide di utilizzare, piuttosto che opere d’arte, sono da considerarsi come un invito a vivere di persona simili esperienze. […]
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Camminare, passeggiare, perdersi. Tre modalità di fruizione estetica per esplorare lo spazio.
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Informazioni tesi
Autore: | Alida Fragale |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2012-13 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Storia dell'Arte |
Relatore: | Elisabetta Di Stefano |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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