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Problemi di qualificazione delle cripto-valute e proposte di regolamentazione

Bitcoin: «prodotto» o «strumento» finanziario?

Esclusa la possibilità di considerare la cripto-valuta quale fattispecie monetaria, diversa ed alternativa a quella avente corso legale nonché la sua riconducibilità alla categoria della c.d. moneta elettronica, rimane da chiedersi se ed in che modo la cripto-valuta possa essere inquadrata nella sfera dell’investimento speculativo. Dunque, ci occuperemo del filone interpretativo maggioritario incline ad inquadrare il fenomeno nella sfera dei «prodotti» e degli «strumenti» finanziari.
A tal proposito non si può non prendere atto sul punto di un recente approdo giurisprudenziale cui è pervenuto, in Italia, il Tribunale di Verona che ha, sia pure con riferimento ad una valuta diversa dal bitcoin, considerato le valute virtuali «strumenti finanziari».
Nonostante si sia trattato di una sentenza avente ad oggetto una diversa cryptocurrency ritengo comunque opportuno oltre che utile indagare il corredo motivazionale che il Foro di Verona ha posto a fondamento di tale linea giurisprudenziale dal momento che si è trattato – non essendoci precedenti - del primo approccio di tipo giuridico al problema della qualificazione, in termini finanziari, delle cripto-valute.
Entrando nel merito della pronuncia, il Tribunale in questione si è occupato, mediante tale provvedimento, di un real case che vedeva coinvolti alcuni investitori - persone fisiche - i quali ebbero ad acquistare, dietro pagamento in valuta avente corso legale, delle valute virtuali da una società finanziaria italiana promotrice, rectius financial partener, di una piattaforma di crowdfounding di diritto ucraino.

Tuttavia, quella appena descritta rappresentava soltanto un piccolo tassello di un’operazione finanziaria molto più complessa finalizzata a far acquisire agli investitori partecipazioni in start-up innovative mediante l’impiego di una piattaforma di equity crowdfunding.
L’ operazione contrattuale condotta dalla società finanziaria italiana venne qualificata dalla magistratura veneta, in ossequio ad una sentenza della Corte di Giustizia Europea, come: «attività professionale di prestazioni a titolo oneroso, svolta in favore dei consumatori» ma non solo, la Corte, infatti, nel tentativo di qualificare giuridicamente la valuta virtuale, pare avere fatto propria la definizione, data in dottrina della stessa, definendola come: «strumento finanziario per compiere una serie di particolari forme di transazioni online».
Ciononostante, sempre relativamente all’operazione di vendita di cripto- valuta al pubblico e dunque in merito anche alla qualificazione della stessa, la curia adita non ha escluso la sussistenza della fattispecie della «offerta al pubblico di prodotti finanziari» contemplata dall’art. 1, lett. t) ed u), del d.lgs. 24/02/1998 n. 58, ovvero ancora di quella di «servizi e attività di investimento in valori mobiliari» ex art. 1-bis, comma primo, lett. c) e d).
A seguito di tale approdo è utile osservare come, in punto di diritto, la definizione di «strumento finanziario» contenuta nel d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 - di seguito Testo Unico in materia finanziaria (T.U.F.) - all’art. 1, comma 2, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. del 3 agosto 2017, n. 129, si concreta in una elencazione tassativa degli strumenti finanziari che non pare suscettibile di interpretazione analogica.

In particolare, esso ricomprende: a) i valori mobiliari; b) gli strumenti del mercato monetario; c) le quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; d) i contratti futures, gli swaps e i contratti di opzione; e) gli strumenti finanziari ‘’derivati’’ previsti dall’art. 1, comma 2-ter T.U.F. In tale elencazione, dunque, non sembrerebbe trovare posto il bitcoin in quanto esso non rappresenta né un valore mobiliare né uno strumento del mercato monetario e neppure uno degli altri strumenti finanziari sopra elencati.
Ad ogni modo, si ricorda che tale elencazione, in virtù del combinato disposto degli artt. 1, comma 2-bis e 18, comma 5, T.U.F. è suscettibile di essere ampliata.
È bene sottolineare però che tale potere è riservato, in via esclusiva, al Ministro dell’Economia e delle Finanze (MEF), il quale può provvedervi mediante Regolamento, sentite anche la Banca d’Italia e la CONSOB. Di conseguenza, esclusa l’eventualità di una applicazione discrezionale del disposto di cui all’art. 18, comma 5, T.U.F. deve escludersi l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la cripto-valuta possa essere considerata sic et sempliciter «strumento finanziario».
In questo quadro dai confini così labili sembrerebbe, forse, più corretto - come non escluso dallo stesso Tribunale di Verona – collocare, si badi bene, l’operazione di acquisto nel suo complesso ma non la valuta virtuale in sé tra i «prodotti finanziari» così come definiti dall’art. 1, comma 1, lett. u), del T.U.F., il quale sembrerebbe inglobare in sé: «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria [...]». In sostanza tra i prodotti finanziari e gli strumenti finanziari sembrerebbe intercorrere «un rapporto di genere a specie», tanto che tutti gli strumenti finanziari possono essere ricompresi nei prodotti finanziari, viceversa, non tutti i prodotti finanziari sono riconducibili alla categoria degli strumenti finanziari.

Sulla scorta di tale rapporto e, condividendo quanto sostenuto da attenta dottrina, la nozione di «prodotto finanziario» sembrerebbe ampia al punto da ricomprendere qualsiasi strumento idoneo alla raccolta del risparmio, comunque denominato, purché rappresentativo di un impiego di capitale.
In punto di disciplina poi, è bene ricordare che per prodotto finanziario «atipico» s’intende, alla luce delle varie pronunce della CONSOB, «qualsiasi investimento finanziario dotato dei seguenti caratteri distintivi: a) impiego di capitali; b) aspettativa di rendimento finanziario; c) rischio proprio dell’attività prescelta correlato all’impiego di capitali». In termini più incisivi, la CONSOB ha poi precisato che non possono essere considerati ‘’investimenti finanziari’’ e dunque saranno considerati "investimenti di consumo" «le operazioni di acquisto di beni e di prestazioni di servizi che, anche se concluse con l’intento di investire il proprio patrimonio, sono essenzialmente dirette a procurare all’investitore il godimento del bene, a trasformare le proprie disponibilità in beni reali idonei a soddisfare in via diretta i bisogni non finanziari del risparmiatore stesso».
Dunque, l’elemento rilevante ai fini dell’individuazione dell’investimento di natura finanziaria non è tanto l’impiego di capitali che è, come visto, un elemento presente anche nell’investimento di consumo bensì l’aspettativa di una rendita finanziaria. Tale rendita, poi, deve essere stata promessa alla costituzione del rapporto contrattuale e deve altresì essere incerta; vale a dire cioè sottoposta a dei rischi correlati all’attività oggetto dell’investimento.

Sulla base di tali considerazioni è possibile concludere come un’operazione di acquisto di bitcoin - e non il bitcoin in sé - può essere considerata sia un investimento di consumo, nel caso in cui si acquistasse della cripto-valuta al fine di spenderla per comperare un bene o un servizio; sia un investimento finanziario, nel caso in cui si acquistasse della valuta virtuale allo scopo di realizzare operazioni finalizzate al conseguimento di un profitto finanziario, sia pure incerto, che era stato prospettato dall’emittente di valuta virtuale.
In altre parole, la corretta qualificazione di quale tipologia di investimento, di ‘’consumo’’ o ‘’finanziario’’, possa rappresentare un’operazione di compravendita di valute virtuali dipendono essenzialmente dai connotati fattuali e teleologici dell’operazione in concreto condotta.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Problemi di qualificazione delle cripto-valute e proposte di regolamentazione

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Stella
  Tipo: Laurea magistrale a ciclo unico
  Anno: 2020-21
  Università: Università degli Studi di Foggia
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Cinzia Motti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 150

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