Amazing Times Square. Quando la città parla il linguaggio del marketing esperienziale
Billboards esperienziali: una nuova vita negli schermi
Una di tali campagne è stata realizzata attraverso la collaborazione della divisione Disney Theme Parks con il Disney Store nel centro di Times Square: il 18 novembre 2011, in occasione del 83° compleanno di Topolino, è stata attivata un'istallazione di augmented reality che sfruttava il maxischermo posizionato sopra il negozio e affacciato sulla piazza. Per realtà aumentata si intende "l'arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi"; esattamente quello che stava succedendo di fronte al Disney Store. I passanti si posizionavano all'interno di un circolo azzurro tracciato sulla strada ed immediatamente una loro immagine veniva riprodotta fedelmente all'interno del maxischermo: prendeva vita quindi un'interazione tra il passante ed i più famosi personaggi Disney, da Topolino a Cenerentola, da Capitan Uncino a Buzz Lightyear. Attraverso i movimenti corporei, le persone sulla strada potevano ballare con Paperino, infilare la scarpetta di cristallo a Cenerentola, sfidare a duello Capitan Uncino, fare magie con l'Apprendista Stregone e tanto altro ancora. Un sistema di registrazione fotografica e video documentava l'evento, archiviando materiale che, da un lato, sarebbe stato inviato via mail alle persone che avevano partecipato all'evento a Times Square (era inoltre possibile scattare foto e modificarle graficamente con l'aggiunta dei personaggi dei cartoni animati in apposite aree all'interno dello Store), con l'invito a condividerlo con gli amici sui principali social network, mentre dall'altro lato, veniva realizzato un video che raccontava l'esperienza vissuta, il quale sarebbe diventato a sua volta il trampolino di lancio per la seconda campagna "Let the memories begin", voluta dalla divisione Parchi della compagnia.
Il concetto alla base di "Let the memories begin" era esattamente quello di fare leva sulle memorie delle esperienze passate vissute nei parchi a tema Disney, grazie a fotografie, video e commenti delle persone e delle famiglie che vi erano già state, e condividendole con tutti gli altri, attraverso un sito dedicato, una piattaforma YouTube, l'hashtag #disneymemories su Twitter, Facebook e il blog dei parchi tematici Disney.
La combinazione tra l'utilizzo degli user-generated contents, fatti circolare non solo negli strumenti di comunicazione in rete, ma anche in quelli tradizionali quali, per esempio, lo spot televisivo che utilizzava riprese amatoriali realizzate da vere famiglie, come appunto recitava la tagline "Real families. Real memories", e la loro condivisione sociale, rendeva tale campagna di marketing estremamente funzionale all'obiettivo che si prefiggeva, ossia far ritornare al parco chi già l'aveva visitato: quale modo migliore per incentivare il ritorno del ricordare le sensazioni, le emozioni, le gioie della prima volta? La campagna "Let the memories begin" era a tutti gli effetti una campagna esperienziale che faceva leva soprattutto sul modulo del FEEL, quello dei sentimenti di affetto che legano una famiglia nel momento di vivere e rivivere insieme un'esperienza gioiosa, divertente e fantastica: quale genitore potrebbe restare indifferente nel rivedere la felicità e l'entusiasmo con cui i figli hanno accolto per la prima volta la sorpresa di visitare Disneyland o Disneyworld? Il desiderio di rivivere tale esperienza si accende attraverso gli occhi di quei bambini felici che sorridono in televisione e nelle fotografie pubblicate su disneymemories.com. Inoltre, come ben si sa, alla Disney piace fare le cose in grande: grazie a tutto il materiale ed i contenuti raccolti dalle persone che avevano deciso di condividere i loro ricordi con la comunità di visitatori, era stato possibile realizzare uno spettacolo straordinario fatto di luci e musica, frammenti di fotografie e video e personaggi del mondo Disney, che venne proiettato per diversi mesi sul castello di Cenerentola a Orlando e sulla facciata dell'attrazione "It's a small world" a Disneyland. Si trattava a tutti gli effetti di una grande celebrazione in cui i ricordi delle esperienze passate e con essi delle famiglie che le avevano vissute diventavano i protagonisti della magia del parco, entravano a tutti gli effetti a far parte di quello spettacolo che sono i parchi tematici Disney.
Si faccia però un passo indietro, nel momento in cui i passanti entravano a far parte di questo mondo fantastico dal marciapiede di Times Square di fronte al Disney Store: essere protagonisti dello spettacolo di Disneyworld, vedere e mostrare i propri ricordi alla folla di visitatori, l'entusiasmo di entrare a far parte di quell'universo fantastico, sarebbe probabilmente stato impossibile se non fosse stato per il contatto creato tra questo ed il mondo reale, tra la magia Disney e la città dove scorrono le nostre vite quotidiane. Disney ha realizzato un portale di comunicazione tra il mondo reale ed il mondo della fantasia e lo ha fatto tutto a Times Square, attraverso quelli che sono i suoi elementi più caratteristici, i billboards. Prima di approfondire tale aspetto, è bene considerare ancora alcuni esempi. In un certo senso, un'operazione simile a quella operata da Disney era stata realizzata già nel 2009 da American Eagle, uno dei più conosciuti rivenditori di abbigliamento statunitensi: in occasione dell'apertura del suo flagship store tra 46th Street e Broadway, American Eagle ha reso possibile la famosa frase di Andy Warhol secondo cui nel futuro ognuno avrebbe vissuto quindici minuti di popolarità. Attraverso l'acquisto di un prodotto all'interno del negozio (la popolarità ha sempre un prezzo!), i consumatori possono farsi scattare una fotografia e scrivere poche righe che verranno poi proiettate nel gigantesco billboard all'esterno dell'edificio e quindi godersi la propria immagine visibile per qualche minuto in quello che è sicuramente uno dei più celebri e dei più affollati panorami del mondo contemporaneo.
Ancora più famoso dello schermo di American Eagle è senza ombra di dubbio quello di Forever 21, anch'esso rivenditore al dettaglio di abbigliamento giovanile: installato nel giugno 2010 dall'agenzia Space 150, il maxischermo di Forever 21 è ad oggi una delle principali attrazioni di Times Square. Ad ogni ora del giorno e della notte, tutti i giorni della settimana, la zona sottostante lo schermo brulica di turisti con il naso all'insù, che restano in piedi con le macchine fotografiche, i cellulari e le videocamere puntate in attesa che la ragazza dentro lo schermo scatti loro una foto polaroid, li afferri per metterseli nella borsetta e andare via o ancora se li nasconda sotto il cappello.
La continua presenza di persone sotto lo schermo, completamente rapite dalla propria immagine riprodotta, così come la loro esaltazione nel momento in cui vengono "scelti" dalla ragazza per giocare con lei, sono impressionanti e, ad una prima riflessione, incomprensibili: per quale motivo una persona dovrebbe perdere venti, trenta minuti della propria giornata, ad aspettare che una ragazza su uno schermo gigante scatti una polaroid (oggettivamente anche di ben scarsa qualità) e la faccia vedere a tutti prima di andarsene, ripetendo tale semplice e monotona azione decine e decine di volte al giorno? Le ragioni che muovono al successo delle esperienze di realtà aumentata a Times Square, dai quindici minuti di popolarità di American Eagle, ai balletti con Paperino del Disney Store, fino alle manipolazioni di esseri lillipuziani da parte di una Gullivermodella nello schermo di Forever 21 sono riconducibili al ruolo degli schermi urbani come diretta continuazione storica delle immagini fotografiche e degli schermi cinematografici ed all'antico desiderio di penetrarvi, superando la barriera che divide il mondo reale da quello della fantasia, dell'immaginario, dell'invenzione.
Gli schermi urbani ereditano dalla fotografia e dal cinema in modo particolare, una capacità innata di instaurare un rapporto del tutto particolare tra l'interno e l'esterno, costruendo dunque uno spazio ibrido, che non è dal punto di vista fisico un vero e proprio spazio; esso, almeno in teoria, non può essere abitato da persone reali in quanto, essendo schermo e dunque oggetto della visione, separa inevitabilmente colui che vede dall'oggetto della visione stessa. Ciò nonostante, il desiderio di vivere all'interno dello schermo accompagna da sempre la storia del cinema: già nel 1902 Edwin Stanton Porter realizza Uncle Josh at the Moving Picture Show, un brevissimo film in cui il protagonista, completamente stregato dalle scene che appaiono davanti ai suoi occhi sulla tela bianca dello schermo cinematografico, tenta di penetrarvi con l'unica conseguenza di far crollare lo schermo, svelare la macchina dietro di esso ed innescare la rabbia dell'operatore; o ancora, nel 1924, il personaggio interpretato da Buster Keaton, nel suo Sherlock Jr., sogna di entrare all'interno dello schermo cinematografico ed interagire con i personaggi e le narrazioni che vi si svolgono al suo interno; persino il cinema contemporaneo non abbandona questa antica utopia, come ben dimostra il film di Woody Allen del 1985 The Purple Rose of Cairo, in cui però i ruoli vengono rovesciati, ovvero si assiste al personaggio della finzione cinematografica che desidera uscirvi e vivere nel mondo reale. Ogni volta che il cinema rende visibili sullo schermo l'immagine degli spettatori nelle sale, come si assiste nel film di Woody Allen, si concretizza attraverso la loro proiezione, il profondo desiderio di chi guarda di entrare a far parte davvero del mondo oltre lo schermo. Gli schermi urbani e le nuove tecnologie di cui fanno sfoggio realizzano ad un livello superiore tale utopia: gli spettatori, che in questo caso sono essenzialmente passanti, persone che attraversano il tessuto urbano, vedono se stessi proiettati in diretta, live, all'interno degli schermi giganti di Times Square ed entrano a far parte delle narrazioni che in esse vi vengono raccontate, le quali sono essenzialmente storie di protagonismo, di un esaltante senso di potere nel momento in cui la propria immagine è vista e applaudita da centinaia di persone.
Gli schermi urbani, a differenza dello schermo cinematografico chiuso tra le pareti dei teatri e dei cinema, il quale viene raggiunto dallo spettatore solo attraverso una scelta deliberata e consapevole, fanno parte del tessuto cittadino e dovrebbero, almeno in teoria, passare inosservati o quasi: alcuni tra questi però, come quelli che si sono descritti in precedenza, fanno esattamente il contrario, ovvero si fanno notare, assorbono il passante e lo trattengono. I media elettronici moderni si allineano alle comunicazioni commerciali delle insegne luminose delle vecchia Times Square, che, come si è visto nei paragrafi precedenti, erano già in grado di stregare i passanti e trattenerli nella visione dei grandi spectaculars; essi tuttavia aggiungono un elemento di primaria importanza quale la reversibilità, ovvero la promessa da tempo bramata dallo spettatore e ora possibile, di essere contemporaneamente dentro allo schermo e fuori, vivere nello stesso istante la vita reale nel flusso della città e quella fantastica, magica dello schermo. Times Square, con la sua moltitudine di specchi e finestre su altri mondi, rappresenta una sorta di portale di comunicazione fra il nostro mondo e molti altri mondi possibili, un luogo dove per un po' possiamo diventare altro, entrare in contatto con universi fantastici, provando l'inebriante sensazione di poter fare qualsiasi cosa nella forma di un'immagine sullo schermo.
L'agenzia di comunicazione Think Modo di New York era ben consapevole di quali effetti avrebbe prodotto la scelta del luogo nel momento in cui decise di produrre e diffondere un video apparentemente realizzato da un giovane asiatico, durante il quale egli sosteneva di essere riuscito ad inventare un dispositivo in grado di hackerare i maxischermi di Times Square, sostituendo i contenuti in proiezione con un video di se stesso girato con il proprio iPhone. Il video in brevissimo tempo ha richiamato l'attenzione di migliaia di persone, che a loro volta l'hanno condiviso rendendolo uno dei video più virali di sempre, con all'attivo oltre 10 milioni di visualizzazioni in rete: il revealing della campagna ha svelato infine che il video era stato realizzato in occasione del lancio del film Limitless (Neil Burger, 2011), in cui il protagonista interpretato da Bradley Cooper, uno scrittore in crisi, diviene un ricco uomo di successo grazie all'assunzione di un farmaco dagli effetti sorprendenti, l'NZT-38, il quale sblocca tutte le potenzialità della sua mente e lo rende praticamente un esperto in qualsiasi materia nel giro di pochi minuti.
In un certo senso si potrebbe dunque affermare che Times Square rappresenta per tutti noi, quello che l'NZT rappresenta per il protagonista del film, ovvero uno strumento attraverso il quale aumentare le nostre potenzialità, aprirci nuovi orizzonti in precedenza inesplorati e darci la possibilità, seppur effimera e temporanea di poter diventare chiunque vorremmo essere, anche se solo sulle superfici degli schermi luminosi. Forse Times Square non è allora quel devil's playgroung che James Traub vorrebbe farci intendere, dominato dalla logica del consumo e manipolato dalle grandi multinazionali dell'intrattenimento e del commercio globalizzato: fra le pieghe del tessuto urbano, fra le nuove tecnologie, fra le strategie di marketing, si nasconde qualcosa di più, qualcosa che fa parte del nostro vivere contemporaneo, che è legato indissolubilmente alla nostra cultura e alla nostra società. Forse sarebbe meglio mettere da parte le critiche facili e approfondire il discorso su un luogo come Times Square, che pare sia indice di alcune delle tendenze più caratterizzanti della nostra contemporaneità.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Amazing Times Square. Quando la città parla il linguaggio del marketing esperienziale
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Battaglioni |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Cinema, Televisione e Produzione Multimediale |
Relatore: | Veronica Innocenti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 241 |
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