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Legislazione antiterrorismo e limitazione del diritto di libertà personale: i casi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna

Bilancio dell'attività della Corte Suprema: dal ''legal black hole'' alla restaurazione delle libertà violate

Le tre "sentenze Guantanamo" costituiscono un importantissimo esempio di come la Corte Suprema possa apportare correttivi per ripristinare il corretto funzionamento del principio di checks and balances e per garantire la tutela della libertà personale di cui ogni soggetto, cittadino o meno dovrebbe godere in base ai principi dello stato di diritto.
L'atteggiamento della Corte Suprema si è però rilevato eccessivamente pavido, in quanto essa ha taciuto su alcuni profili problematici, afferenti al rispetto dei diritti umani fondamentali da parte delle forze armate americane nei confronti dei detenuti di Guantanamo. Nonostante queste critiche, la teoria del legal black hole su cui si fondava sostanzialmente il comportamento governativo, appare in gran parte ridimensionata.
La giurisprudenza emersa dalle tre sentenza segna un'inversione di tendenza della Corte che a più riprese in tempi di crisi interna o internazionale, aveva avallato la commistione dei poteri di guerra e di politica estera con le attribuzioni di responsabile dell'amministrazione e di Comandante in Capo, riconoscendo al Presidente stesso una illimitata capacità discrezionale. Tuttavia in tutti i precedenti casi il Congresso non aveva omesso di attivare adeguati strumenti di controllo che potessero frenare la discrezionalità dell'esecutivo in momenti di crisi. Omissione che invece si è verificata nel caso della approvazione della Risoluzione autorizzante l'uso della forza. Fatta questa precisazione, si può affermare che il dictum della Corte circa la possibilità del Presidente di sacrificare la costituzione da propri atti compiuti, fosse un inedito giurisprudenziale.
I termini si spostano dunque dal piano strettamente interpretativo delle leggi a quello del dualismo tra ragion di stato e garanzie dell'individuo, ovvero tra primazia della sicurezza nazionale (salus populi suprema lex) e primazia della legge fondamentale. La risposta parte da un principio di regime, quello della libertà. La libertà da ogni detenzione o limitazione della stessa o costrizione da parte del governo se non stabilito per legge e nel rispetto delle garanzie processuali, anch'esse principio caratterizzante il regime. La libertà dunque, che pur si contrappone dialetticamente alla salus populi, può comunque essere compressa solo attraverso gli strumenti legali previsti dall'ordinamento.
Nonostante le risorse cui potranno attingere in futuro i giudici federali per risolvere controversie analoghe, va segnalata una ulteriore critica alle sentenze della Corte. Esse non si pronunciano sugli effetti prodotti dalle sentenze citate sui processi in corso in cui sono imputati altri enemy aliens. Difatti la Corte, limitandosi ad affermare la necessità di garantire almeno un'udienza preliminare, non esplicita l'estensione dei diritti alla difesa che devono essere riconosciuti ai "combattenti nemici" e non individua il tribunale competente a dirimere le contestazioni sulla detenzione stessa. La Corte Suprema non ha dunque saputo indicare la procedura giudiziaria che meglio avrebbe potuto bilanciare gli interessi contrastanti dello Stato e dell'individuo. Pertanto, tali sentenze si limitano a imporre ai tribunali inferiori di dirimere le questioni di natura procedurale.
Pochi giorni dopo le sentenze della Corte Suprema, l'amministrazione statunitense, nel tentativo di conformarsi alle indicazioni provenienti dalla Corte, ha emanato una serie di provvedimenti con cui è stato istituito il Combatant Status Review Tribunal. Si tratta di un tribunale formato da tre ufficiali "neutrali" di fronte ai quali i detenuti possono contestare il loro inserimento nella categoria di enemy combatant. Ai detenuti viene concessa l'assistenza di un personal representative di assegnazione governativa, essi risultano dunque privati del diritto di affidare la loro difesa a un avvocato di fiducia. Tali "difensori di ufficio" si troveranno nell'ingrato compito di contestare "a reputable presumption in favor of the Government's evidence". Nonostante il Governo abbia prontamente affermato che tali nuovi tribunali rispondono pienamente a tutti i requisiti richiesti dalla Corte Suprema, il provvedimento sembra porsi in contrasto con quanto asserito nella pronuncia sul caso Hamdi, nella quale era stato affermato e riconosciuto il diritto a usufruire dell'assistenza legale nei procedimenti futuri. Queste nuove incongruenze normative, causate in parte dalle già esaminate "zone d'ombra" delle sentenze Guantanamo, sono state oggetto di nuove pronunce da parte delle Corti Statunitensi, che vale la pena ivi ricordare poiché rivelano un orientamento della Corte discontinuo e contradditorio. Sulla base di un ricorso presentato da cinquanta detenuti di Guantanamo, un giudice federale di Washington DC ha emesso una severa sentenza (coalition of Guantanamo's detainees vs United States) nella quale si statuisce l'incostituzionalità dei tribunali militari in quanto irrispettosi dei diritti fondamentali dei prigionieri. Tale sentenza stride con quando stabilito appena pochi giorni prima (gennaio 2005) dal giudice Richard Leon, il quale aveva respinto il ricorso di sette detenuti di Guantanamo (Boumediene vs. Bush), disponendo che questi rimanessero in carcere. Particolare risonanza è stata suscitata dalla pronuncia della Corte d'Appello del District of Columbia (Hamdan vs Rumsfeld), risalente al luglio 2005, che ha annullato la decisione di un giudice federale di Washington, il quale aveva ordinato l'interruzione del processo nei confronti Salim Ahmed Hamdan, uno yemenita che faceva da autista e guardia dal corpo a Bin Laden, arrestato in Afghanistan nel 2001 e da allora detenuto a Guantanamo, di fronte a un tribunale militare, disponendo la predisposizione di un procedimento per la valutazione dello status di prigioniero (Hamdan aveva fatto ricorso, chiedendo di essere dichiarato prigioniero di guerra). La Corte d'Appello ha sostenuto la non applicabilità della Convenzione di Ginevra da parte dei giudici statunitensi perché questa vale solo nei rapporti tra Stati (e non si applica per converso nei confronti dell'organizzazione terroristica Al Qaeda). La Corte riconosce inoltre la costituzionalità delle commissioni militari e la legittimità di un'eventuale processo del detenuto Hamdan innanzi ad una di queste commissioni, alla quale può previamente chiedere di stabilire se ha diritto allo status di prigioniero di guerra. […]

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Legislazione antiterrorismo e limitazione del diritto di libertà personale: i casi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Spagna

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Informazioni tesi

  Autore: Armando Pascale
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Damiano Nocilla
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 241

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