Piano di Lavoro Garantito: la proposta Post-Keynesiana per la piena occupazione e la stabilità dei prezzi
BCE: controllo del tasso di interesse e del salario
Come discusso nel paragrafo precedente, l’Eurozona è costruita con un’architettura peculiare, unica nel suo genere. La separazione tra la politica monetaria, controllata dalla BCE, e la politica fiscale, amministrata dai singoli paesi membri, rende il progetto europeo differente da qualsiasi altro Stato nazionale o confederazione. In un tale contesto, la BCE rappresenta sicuramente l’istituzione economica più importante in ambito comunitario, in quanto ha l’esclusiva sulla creazione di base monetaria denominata in euro, e di conseguenza ha la capacità di fissarne il prezzo, cioè il tasso di interesse. Come visto nel Paragrafo 1.2.3, infatti, la BCE ha il potere di determinare il tasso di interesse a breve termine, e di conseguenza di influenzare tutta la struttura dei tassi di interesse, tramite la creazione di un corridoio entro il quale esso può muoversi, formato dal tasso di deposito e il tasso di rifinanziamento marginale. Seguendo l’ideologia che sta dietro all’assetto dell’Eurozona, il potere dei banchieri centrali di fissare i tassi di interesse a breve termine deve seguire il “principio di neutralità”. Si ritiene, cioè, che la politica monetaria possa “ammettere solo interventi volti a mantenere il tasso d’interesse in prossimità dell’equilibrio concorrenziale tra domanda e offerta di risparmi” (Brancaccio, 2022, p. 182), ovvero debba mantenere il tasso di interesse al suo livello naturale. Questo è uno dei motivi principali per il quale la scuola di pensiero ortodossa ritiene che le banche centrali debbano essere indipendenti dai governi, in modo da esercitare la loro “neutralità” senza pressioni politiche.
La visione eterodossa è completamente in disaccordo con l’impostazione appena presentata. Infatti, come visto nel Capitolo 1, la tradizione Post- Keynesiana (ma anche quella marxista) rifiuta l’idea che esista un tasso di interesse naturale. Dato tale assunto, cade quindi l’idea della neutralità della politica monetaria, in quanto non esiste nessun tasso di interesse neutrale da seguire e raggiungere. Anzi, si pensa che, grazie controllo sul tasso di interesse, le banche centrali possano determinare la più importante variabile distributiva del sistema economico, la quale regola il conflitto “tra capitali solvibili e capitali insolventi, tra creditori e debitori e, in una unione monetaria, anche tra nazioni in attivo e nazioni in passivo” (Brancaccio, 2022, p. 186). Infatti, il tasso di interesse è il prezzo con il quale viene remunerato il capitale, nonché, seguendo la tradizione marxista/sraffiana, una delle due componenti del saggio di profitto (Pivetti, 1987)62. Influenzando quindi il livello del saggio di profitto e allo stesso tempo il livello dei prezzi (tramite l’aumento dei costi63), il tasso di interesse è una variabile determinante della distribuzione di reddito tra profitti e salari. Invero, un aumento del tasso di interesse potrebbe fare aumentare prezzi e saggio di profitto, e di conseguenza, a salario monetario invariato, ridurre il salario reale (Panico, 1988). Inoltre, come sottolineato da Brancaccio (2022, p. 185-186), il banchiere centrale, tramite il controllo del tasso di interesse, determina “la "regola di solvibilità" agli attori del sistema economico e per questa via influenza il ritmo dei fallimenti e delle bancarotte e contribuisce così a rallentare o a velocizzare l’uscita dal mercato dei capitali più fragili o il loro assorbimento da parte dei più forti.”. Questo “contribuisce a regolare una fondamentale legge di movimento del capitalismo, vale a dire la tendenza verso la "centralizzazione dei capitali" in sempre meno mani.” 64 (ibidem). Per tutti questi motivi, la capacità della Banca Centrale (nel caso specifico la BCE) di controllare il tasso di interesse rappresenta una forma di tutela per i detentori di capitali. Infatti, essi possono contare in un’istituzione che ha la capacità di amministrare il prezzo per loro più importante, e quindi nell’evenienza di tutelarne gli interessi.
La proposta di un PLG gestito direttamente da parte della BCE (o comunque da un’istituzione pubblica a livello europeo) nasce dal riconoscimento che, allo stesso modo in cui essa controlla il prezzo di riferimento dei capitalisti, cioè il tasso di interesse, dovrebbe controllare il prezzo di riferimento dei lavoratori, cioè il salario monetario. Come scrive Kregel (1999a, p. 43):
Così come la banca centrale fissa il tasso di interesse di riferimento e si offre di acquistare o vendere moneta overnight a quel tasso, lasciando agli intermediari del settore privato il compito di determinare i tassi su ogni altro tipo di attività finanziaria, il settore pubblico potrebbe fissare il tasso salariale "di riferimento" e lasciare al mercato del lavoro la determinazione dei differenziali.
Tramite un PLG la BCE potrebbe quindi tutelare i lavoratori allo stesso modo in cui vengono tutelati i detentori di capitale. Ad esempio, così come, in caso di inflazione, vengono alzati i tassi di interesse nominali per garantire un certo tasso di interesse reale, grazie al PLG la BCE potrebbe alzare il salario minimo per tutelare i salari reali. Inoltre, come visto nei paragrafi precedenti, l’introduzione di un salario di base stabilizzerebbe l’intera struttura salariale, contribuendo alla stabilità dei prezzi, che si ricorda è l’obiettivo principale della BCE, in modo più efficace del controllo del tasso di interesse65 (Kregel, 1999b). Secondo Kregel (1999a), tale salario dovrebbe essere fissato in ogni paese membro tenendo conto della produttività media nazionale, e aggiustato nel tempo nel caso in cui essa cresca. L’istituzione di un salario minimo che tenga conto della produttività media eviterebbe inoltre il perpetuarsi di politiche beggar-thy-neighbor tra i paesi membri, caratterizzate dall’utilizzo della deflazione salariale come strumento per guidare la crescita trainata dalle esportazioni. Infatti, in un contesto come quello europeo dove le possibilità di deficit fiscali sono limitate dai trattati, l’unico modo per aumentare il reddito netto all’interno della nazione è tramite esportazioni nette positive. Ma, dato che tra i paesi membri il tasso di cambio è fisso (avendo la stessa moneta), la strategia utilizzata per aumentare le esportazioni consiste nel cercare di ridurre i salari, così da diminuire i costi per le imprese e aumentare la competitività. Questo meccanismo alimenta un circolo vizioso tra i paesi membri, contribuendo alla diffusa deflazione salariale che si osserva all’interno dell’Eurozona. Inoltre, è un sistema nel quale solo alcune nazioni possono avere benefici a discapito delle altre, in quanto ogni surplus commerciale è sempre bilanciato da un ugual deficit. L’istituzione di un salario minimo effettivo, rappresentato dal salario pagato dal PLG, impedendo indirettamente al settore privato di utilizzare la strategia sopraccitata, potrebbe quindi limitare fortemente questa tendenza. Infine, un’attenta politica di gestioni dei salari potrebbe favorire il processo di convergenza, andando a ridurre le differenze tra le politiche salariali dei paesi membri. Questo comporterebbe un primo passo importante per contribuire alla convergenza economica, obiettivo ancora distante dall’essersi realizzato.
[62] L’altra componente del saggio di profitto è il “profitto d’impresa”, che remunera il rischio dell’attività produttiva.
[63] Si noti, infatti, che il tasso di interesse rappresenta il costo del capitale per le imprese.
[64] Ad esempio, un aumento del tasso di interesse può portare al fallimento le imprese più piccole che hanno maggiore difficoltà a finanziarsi, favorendo appunto la concentrazione di capitali.
[65] Sull’inefficacia della politica monetaria per il controllo dei prezzi si veda il Paragrafo 2.2: Critica alla teoria quantitativa della moneta.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Piano di Lavoro Garantito: la proposta Post-Keynesiana per la piena occupazione e la stabilità dei prezzi
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Informazioni tesi
Autore: | Tomaso Chiaffredo Alifredi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Bologna |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Politica Economica |
Relatore: | Raimondello Orsini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 118 |
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