Esame di Internet per l'impero di carta. Le strategie dei giornali per evitare il naufragio
Avanzata della free press
Ormai si trovano ovunque. Per chi vive in una grande città, specialmente se europea, le probabilità di “incontrarne” uno, o meglio, migliaia, sono altissime. Giri l’angolo e te li ritrovi di fronte. Vai al bar e sono lì che ti aspettano. Sei alla fermata della metropolitana e hai l’imbarazzo della scelta. Non c’è il tempo o la voglia per uscire? No problem, basta un’occhiata alla cassetta della posta: a volte, i giornali gratuiti puoi trovarli anche lì.
Quando si tratta di free press, infatti, ci si deve aspettare di tutto. Perché, se è vero che i numeri dei quotidiani a pagamento sono ancora lontani, è pur vero che i ritmi di crescita dell’industria delle testate gratuite sono impressionanti.
Dal 1995, anno del suo ingresso nel mercato europeo, a oggi, la free press ha esteso progressivamente la sua diffusione, superando quota 40 milioni di copie, con un incremento del 241 per cento nel quinquennio 2002-2006. Le sue maglie abbracciano già i cinque continenti, sebbene con una penetrazione variabile da area ad area, e interessano 51 Paesi, dagli Stati Uniti all’Australia, dal Sudafrica all’Islanda.
Quella che sembrava una scommessa con poche speranze di vittoria (numerosi osservatori ritenevano che l’esperimento avrebbe avuto vita breve a causa di una presunta insufficienza degli introiti), si è invece rivelata una minaccia per i giornali a pagamento, che si trovano a dover fare i conti con un altro pretendente a quella fonte vitale chiamata pubblicità.
Se la free press come fenomeno di massa si è sviluppata a partire dalla metà degli anni ’90, è bene precisare che l’idea dei gratuiti ha origini più remote. Non c’è accordo unanime su quale debba essere considerato a tutti gli effetti il primo free paper della storia. Molti ritengono che il primato spetti al Contra Costa Times, fondato nel 1947 in California dall’editore Dean Stanley Lesher, che tuttavia negli anni ‘60 convertì il suo gratuito in un giornale a pagamento.
Alcuni individuano nel Manly Daily, una testata locale australiana in vita dal 1906 e oggi inglobata nell’impero editoriale di Rupert Murdoch, il prototipo della categoria. Altri ancora, infine, sostengono che il primo gratuito in assoluto sia il Colorado Daily, nato nel 1892 come giornale degli studenti dell’Università del Colorado e bandito dal campus nel 1971 per alcuni editoriali contro la guerra nel Vietnam. In seguito all’esilio forzato dal circuito universitario, il Colorado Daily diventò indipendente, sposando la formula della gratuità.
Sulla genesi della free press, dunque, permane l’incertezza. Su chi siano gli artefici della sua recente esplosione, invece, non c’è alcun dubbio. A fare da pioniere alla distribuzione dei gratuiti su larga scala è stata la Metro International, una compagnia svedese che pubblica 83 edizioni in 21 Paesi. Nel 2006 il gruppo ha chiuso il suo primo bilancio in attivo (+13 milioni di dollari), ma non deve sorprendere se i profitti sono arrivati relativamente tardi. Le perdite dei primi anni erano facilmente prevedibili, in ragione anche dei massicci investimenti necessari ad avviare il nuovo business nelle diverse parti del pianeta.
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Informazioni tesi
Autore: | Ermes Dovico |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Palermo |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Scienze della Comunicazione |
Relatore: | Franco Nicastro |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 175 |
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