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798 l’Art Zone di Pechino: riconversione di un’ex area industriale in distretto dell’arte

Art District a Pechino: dal radere al suolo all'incentivare

Il successo dell'Art District ha incrementato anche l'evoluzione del quartiere circostante i cui servizi commerciali hanno beneficiato del crescente afflusso sia dei sempre più numerosi addetti ai lavori del mondo dell'arte che del turismo più disparato. L'iniziale reticenza per il progetto di riconversione della Factory da parte del governo cittadino, che condusse artisti e galleristi che vi risiedevano a diverse forme di mobilitazione per scongiurare il sempre presente spettro della demolizione, voltò faccia divenendo ufficiale appoggio nel 2005.
In seguito ad eclatanti richieste d'aiuto per far sostenere la sopravvivenza del sito, l'ultima delle quali risale all'anno precedente con il progetto di ristrutturazione firmato dall'architetto svizzero Bernard Tschumi, il governo della città, con la consulenza dell'Istituto di Architettura e Design dell'Università di Pechino, decretò il sito degno di protezione per la modernità ed eccezionalità della sua struttura architettonica . Il percorso per la tutela dell'ex fabbrica di progettazione tedesca imboccò ufficialmente la traiettoria agognata dagli artisti nel 2006, anno nel quale venne proclamato distretto creativo per le attività culturali, assumendo a pieno titolo il nome di 798 Art Zone.

Qualche mese dopo la collaborazione tra il quartiere di Chaoyang, dove ha sede la fabbrica, la municipalità della capitale e il Seven Stars Group assunse forma tangibile con l'installazione all'interno dell'area il Beijing 798 Art Zone Administratio development Office. Organo nominato al fine di controllare sul campo le attività e i lavori di manutenzione e ristrutturazione infrastrutturale dell'area; ente che “risponde più a logiche di mercato che artistiche”.

L'obbiettivo ufficialmente propugnato dal comitato era quello di proteggere e incoraggiare la creazione di progetti e spazi che potessero incentivare la crescita e l'espansione del distretto, eliminando le attività che invece ostacolavano la traiettoria di crescita. Questa volontà teorica non tardò a farsi sentire sul piano pratico, in breve tempo il nuovo organo cercò di prendere in mano le redini non solo della gestione fisica e materiale della zona ma anche organizzativa e artistica, intervenendo direttamente nelle sue attività.
Il caso forse più eclatante dell'invasiva presenza del direttivo fu la decisione di dirigere il Diaf, festival osteggiato e impedito due anni prima dalla stessa Seven Stars, allontanando inizialmente la figura di Huang Rui, simbolo della contestazione del 798, per poi reintegrarla nell'organizzazione di numerose attività. Il rapporto altalenante e non lineare tra operatori culturali e potere, la differente gestione di spazi e attività tra amministrazioni governative e promotori indipendenti ha conosciuto, e conserva tutt'ora, momenti di scontro e periodi di collaborazione dettati dalla medesima volontà di far crescere l'Art Zone seguendo però spesso strade e obiettivi differenti.

"Ciò che caratterizza i promotori del 798 è la loro “multiappartenenza”. La storia recente della fabbrica, dalla sua ultima ripresa, non può essere compresa se non si tiene conto di questa complessità. Gli occidentali che ho incontrato avevano la tendenza a presentare gli avvenimento come un conflitto tra gli artisti e il potere; da una parte gli intellettuali avidi di libertà, dall'altra gli ottusi burocrati. (...) e la questione dell'immagine che si vuole promuovere della Cina sul piano internazionale". (M. Abélès, 'Pékin798')

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798 l’Art Zone di Pechino: riconversione di un’ex area industriale in distretto dell’arte

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Informazioni tesi

  Autore: Carlotta Falaschi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Ca' Foscari di Venezia
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia e Conservazione dei Beni Architettonici ed Ambientali
  Relatore: Stefania Portinari
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 225

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