Plasticità neuronale: nuove prospettive

La plasticità è il fondamento dell’apprendimento e della memoria. L’apprendimento consiste nell’acquisizione di nuove informazioni che poi vengono immagazzinate in quel processo definito memoria, in modo tale che poi possono essere successivamente utilizzate, proprio per la conservazione della specie. La memoria può essere esplicita28, cioè si manifesta quando la prestazione di un compito richiede il ricordo consapevole delle esperienze precedenti ed è esprimibile per mezzo del linguaggio, ed implicita, quando la prestazione in un compito è facilitata senza bisogno del ricordo consapevole (Pennisi, Perconti, 2006); è posseduta da tutti gli animali ed è proprio su quest’ultima
modalità di memoria che si è arrivata alla conclusione che la plasticità è alla base dell’apprendimento e della memoria. Avvalendosi, dunque, di questa memoria implicita esistente anche negli animali, alcuni ricerche hanno consentito di studiare gli eventi cellulari alla base della memoria.
Grazie alle ricerche sulla plasticità effettuate dall’austriaco-americano Eric Kandel (vedi fig.33), premio Nobel nel 2000 per la Medicina, è stato possibile individuare i meccanismi cellulari, molecolari e genetici della memoria arrivando ad affermare che la plasticità fosse all’origine della memoria del cervello umano (Kandel, 2007). Nel momento in cui si apprende e si memorizza un comportamento, un evento, questo può lasciare una traccia nel sistema nervoso e trasformarsi in memoria, quindi l’esperienza vissuta lascia una traccia registrandosi nelle reti di neuroni, i quali trasmettono l’informazione in modo altamente modulato. Per questo motivo Kandel sostiene che la memoria sia il risultato di micro-modificazioni fisiche delle sinapsi e lo dimostra studiando una lumaca marina gigante dell’isola di Catalina, l’Aplysia Californica (vedi fig. 34), che ha il vantaggio di essere nuda, consentendo, quindi, di studiare i suoi comportamenti.