Democrazia Liberale e Illiberale. La libertà nell’Unione Europea al bivio
Alternative für Deutschland: lo spettro del nazionalismo è tornato in Germania
Nel 2013, a ridosso delle elezioni federali tedesche dello stesso anno, un gruppo di accademici, economisti. imprenditori e delusi dai partiti di centro-destra decisero di fondare un nuovo partito, con l’obiettivo di creare un’alternativa all’allora politica europea: Alternative für Deutschland. Al principio, questo partito aveva tutte le caratteristiche per essere definitivo un esempio perfetto di populismo: si trattava di un partito anti-euro, anti-elitario e con l’obiettivo di porre fine all’Euro e ridimensionare i poteri dell’Unione Europea nelle politiche.
Questo profondo euroscetticismo era dovuto al supporto fornito dalla Germania a favore di alcune economie al collasso – o quasi – nell’Europa meridionale, come la Grecia. Nato da pochissimo, il partito non superò la soglia di sbarramento, fermandosi al 4,7 per cento dei voti.
Nel giro di pochi mesi la situazione cambiò: il partito iniziò infatti ad interessarsi maggiormente anche a nuove tematiche care agli elettori disillusi del centro-destra, come la tutela della famiglia e l’immigrazione, tant’è che alle Elezioni europee dell’anno successivo il partito ottenne il 7 per cento dei voti, guadagnandosi le prime poltrone di rappresentanza: ben sette seggi sui novantasei spettanti alla Germania, un ottimo risultato per un partito politico nato da poco meno di un anno e con una campagna elettorale incentrata sull’euroscetticismo.
Nonostante l’ottimo risultato, il partito iniziò a spaccarsi a causa delle due fazioni interne: vi era una fazione guidata dal leader Bernd Lucke, che voleva una focalizzazione del partito sull’ideologia liberale di mercato; l’altra fazione, invece, era guidata da Frauke Petry, che era favorevole ad un approccio nazional conservatore del partito. Nel congresso dell’anno successivo – il 2015 – quest’ultima sconfisse il leader, nonché fondatore del partito, Lucke.
Petry fu avvantaggiata nella sua campagna elettorale alla leadership del partito dalla crisi dei rifugiati proveniente dal Medio Oriente verso il continente europeo avvenuta proprio nel 2015, alla quale la Cancelliera Angela Merkel rispose con la storica frase “Wir schaffen das” (possiamo farcela), accogliendo un milione di richiedenti asilo dalla Siria. Ovviamente la decisione della Cancelliera non fu gradita agli esponenti della destra radicale né a molti elettori di centro-destra, ragione per la quale Alternative für Deutschland ebbe un incremento impressionante di elettori, affermandosi così come terzo partito alle Elezioni Parlamentari del 2017, conquistando il 12,4 per cento dei voti. Si verificò una situazione storica: infatti, il partito di Frauke Petry fu il primo partito di destra radicale ad entrare nel Parlamento tedesco dal 1961.
Nuovamente di fronte ad una conquista, così come nel 2014, anche nel 2017 vi fu una rottura in due fazioni del partito: questa volta, una fazione era sostenuta dall’ala più radicale, che preferiva AfD come forza di opposizione piuttosto che di governo; dall’altra, la fazione della leader Petry, che sosteneva la necessità di ricorrere a posizioni politiche meno “estreme”, in modo tale da puntare al governo. Questa volta ad affermarsi non fu
Petry, ma due nuove guide del partito: Alice Weidel e Alexander Gauland; quest’ultimo era un ex membro dell’Unione Cristiano Democratica (CDU), è stato accusato innumerevoli volte di banalizzare le colpe di Hitler e della Germania Nazista nel XX secolo, affermando testualmente "Hitler and the Nazis are just bird shit in more than 1,000 years of successful German history” e "Yes, we accept our responsibility for the 12 years [but] we have a glorious history — and that, dear friends, lasted longer than the damn 12 years."
Non vi è da stupirsi se a seguito di queste dichiarazioni AfD abbia riscosso sgomento ma, al tempo stesso, successo alle elezioni europee del 2019, conquistando l’11 per cento dei voti.
Questi voti sono merito soprattutto degli ex-elettori del NPD, il Partito Nazional Democratico Tedesco, disciolto dalla Corte Suprema in Karlsruhe il 17 gennaio 2017 a seguito dell’affermazione di correlazione dei suoi ideali con quelli del nazionalsocialismo.
Oltretutto, nelle elezioni regionali di Brandeburgo, Sassonia e Turingia del 2019, Alternative für Deutschland si è imposto come secondo partito regionale, con oltre il 20 per cento dei voti; la ragione di questo clamoroso successo risiede nel fatto che quei territori sono particolarmente legati alle tematiche anti-immigrazione, dell’insicurezza economica e, soprattutto, non si sono ritenuti soddisfatti della svolta a sinistra del CDU.
Il Congresso del 2019 del partito ha proclamato le due nuove guide: Tino Churpalla, dell’ala nazionalista del partito, e Jörg Meuthen, che si è dichiarato “patriota ma non nazionalista”.
Con l’arrivo del 2020 e della pandemia da Covid-19, gli elettori hanno premiato la gestione dell’emergenza da parte della Cancelliera Angela Merkel, mentre si sono ritenuti insoddisfatti dell’atteggiamento attuato da AfD, in quanto innanzitutto privo di una posizione chiara a riguardo della pandemia, e soprattutto per il bipolarismo politico che lo ha contrassegnato nelle misure anti-Covid, prima approvate in Parlamento, ma al di fuori della sede politica queste ultime venivano criticate duramente ed apertamente.
In vista del voto di settembre 2012, il leader Churpalla ha schematizzato il programma del partito in tre punti fondamentali: lotta all’europeismo, diminuzione delle misure che impongono un controllo economico in nome della tutela ambientale e allentamento delle misure restrittive anti-Covid. Lo stesso Churpalla ha definito il cambiamento climatico come una “fantasia apocalittica”, inoltre ha affermato che il surriscaldamento globale dovrebbe essere visto come una cosa positiva.
Non vi è da stupirsi che tale punto sia stato l’anello debole del programma politico di Alternative für Deutschland: infatti, alle elezioni federali del 2021, il partito di destra radicale è stato sorpassato dai “Verdi”, che hanno subito a loro volta un controsorpasso da parte dei Liberali. In questo scenario, AfD ha ottenuto il 10,8 per cento dei voti e si è affermato come quinto partito nazionale, un arretramento sostanziale rispetto al 2017. Il 10,8 per cento è sostenuto soprattutto dal successo del partito in Sassonia (dove ha ottenuto il 24,6 per cento dei voti e si è affermato come primo partito) e in Turingia (con il 24 per cento dei voti), mentre Amburgo è stata la circoscrizione con meno voti per la destra radicale, solo il 5 per cento.
Lo spettro nazionalista tedesco sembra ormai essere retto dalle sue tre roccaforti (Sassonia, Turingia e Brandeburgo), ma non è da escludere un cambio di rotta dovuto dall’impatto positivo dei Verdi sulle nuove generazioni, che si è visto promotore dei famosi “Friday’s for Future”, i quali stanno avvicinando i giovani alla politica ma, soprattutto, stanno responsabilizzando le generazioni attualmente al governo ad avere più in considerazione della tematica ambientale per un futuro migliore.
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Democrazia Liberale e Illiberale. La libertà nell’Unione Europea al bivio
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Informazioni tesi
Autore: | Fabiola Lomolino |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2020-21 |
Università: | Università degli Studi di Parma |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Scienze politiche e relazioni internazionali |
Relatore: | Emanuele Castelli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 68 |
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