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Il cibo nella letteratura per l'infanzia

Alice ed il cibo: poche regole incomprensibili

Il mondo delle favole, secondo W. H. Auden, è un luogo non ambiguo e non problematico, dove l’apparenza riflette la realtà. E’ il mondo dell’essere, non del divenire. E’ un mondo ovvio, dove gli avvenimenti hanno luogo secondo schemi fissi. Soprattutto è un mondo privo di emozioni intense e di consapevolezza, dove persino gli atti più violenti vengono guardati dai personaggi e dai lettori con distacco, come azioni non orribili, ma in qualche modo divertenti e allegre. Il nodo cruciale, però, del quale Auden sembra non tener conto, è che i libri per l’infanzia sono scritti da adulti, non da bambini, per questo riflettono non solo l’idea che l’autore ha di come i bambini dovrebbero essere e di ciò che dovrebbe loro piacere, ma anche le paure e le fantasie dell’autore. Nel momento in cui lo scrittore si rivolge ad un pubblico che considera più ricco d’immaginazione di qualsiasi altro pubblico, sperimenta una sensazione di libertà che lo porta a produrre opere che sono immagini distorte di problemi e di sconvolgimenti sociali, opere in cui il fantastico corrisponde al disinibito e al non represso. E’ quello che accade in Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, in cui troviamo, non solo le caratteristiche tipiche della favola, ma anche la parodia e la negazione di tutte queste caratteristiche. Quello di Alice è un libro semplice e complesso, ovvio e straordinario, sentimentale e crudele, realistico e assurdo, umoristico e satirico, melodrammatico e tragico. Un miscuglio invitante. Esattamente come quello di una bibita speciale

[…] Alice s’azzardò ad assaggiarla e trovandola molto buona in un momento la finì ( il sapore e l’odore erano infatti un misto di torta di ciliegie, crema, ananasso, tacchino arrosto, croccante e crostini caldi imburrati).

Carroll conosceva profondamente l’infanzia e le sue difficoltà, per questo motivo prese i problemi che i bambini affrontano crescendo – i sogni, i giochi, il mondo fantastico – e li combinò con i problemi degli adulti: il labirinto dei valori ai quali si deve far riferimento, lo sforzo di essere all’altezza del proprio io e della società, il venire a patti con gli ideali morali che percorrono il contesto sociale nel quale siamo inseriti. Tutti questi elementi, poi, sono fusi insieme tramite l’immaginazione. Così l’autore offre ai bambini, che devono costantemente adeguarsi al nuovo, un mondo di desideri esauditi, in cui Alice è tanto abile da sapersi adeguare a ogni situazione, o tanto potente da plasmare la situazione secondo la propria volontà. Naturalmente è chiaro che l’adulto recepisce il testo in maniera più complessa del bambino, tant’è che, come adulti, siamo divertiti dall’ingenuità di Alice e dal suo modo di imitare il mondo adulto. Eppure, parte del fascino di questo libro consiste, per gli adulti, proprio nella commistione del lato adulto, severo e ragionevole, con il lato infantile, malizioso ed insicuro. Così come l’assoluta mancanza di leggi. Nel Paese delle Meraviglie non valgono le leggi della fisica: si cade per chilometri senza farsi niente. Non valgono le leggi del buon senso e dell’educazione: una fanciulla di buona famiglia può permettersi di tracannare intrugli quantomeno sospetti, o di sbocconcellare funghi magici seguendo i consigli di un bruco drogato.

Alice può infrangere tutte le regole del bon ton parlando della sua gatta a un topo, o mandando al diavolo duchesse e regine, così come può dimenticarsi di tutte le noiose poesie edificanti propinatele da pseudo poeti. Nel Paese delle Meraviglie non ci sono regole predefinite, perché è una bambina disambientata a creare il mondo e le entità che lo popolano. Alice non va dove la porta il cuore: va dove la porta il caos. Ma chi è Alice? Quando il Ghiro di Carroll comincia a raccontare la storia delle tre sorelline che vivevano in fondo ad un pozzo, ed Alice interrompe quasi immediatamente per chiedere “Di che cosa vivevano?”, il narratore ci spiega che Alice “provava sempre un grande interesse per tutte le questioni del bere e del mangiare” . La scena è quella del tè fra i pazzi e le questioni del bere e del mangiare, su uno sfondo fatto di tè, pane e burro, appaiono perfettamente naturali. Infatti Alice, come sappiamo, è una delle eroine per antonomasia della letteratura per l’infanzia e le sue preoccupazioni riflettono quelle di altri eroi dei libri per bambini. La letteratura per l’infanzia, infatti, è colma d’immagini, nozioni e valori correlati al cibo, dall’ospitalità alla golosità, dalle feste alle tradizioni, dagli appetiti all’obesità. Il cibo emerge per ragioni che sono tanto affascinanti quanto ovvie. Capire la relazione tra l’operaio e i significati della produzione, diceva Marx, significa capire il meccanismo della società. Così, riprendendo questa posizione, potremmo dire che capire la relazione tra i bambini ed il cibo, significa capire il meccanismo del loro mondo. Sonno, cibo e gioco. Sono questi i tre elementi cardine che riempiono le giornate di ogni bambino, le uniche parentesi prese seriamente in considerazione dalle loro menti spensierate.

Carroll lo sapeva bene e proprio per questo ha trasportato ognuna di queste tre fasi all’interno delle avventure di Alice. C’è il sonno, quello della stessa Alice e quello del Re Rosso in Attraverso lo specchio, c’è il gioco che impregna ogni piccola parte dei due romanzi (basti pensare alla partita di croquet della Regina o l’animata partita a scacchi dello specchio) e naturalmente c’è il cibo. Ovunque. Il mondo del cibo è talmente presente nell’opera di Carroll da far parlare di vera e propria ossessione, tanto che a lungo si è pensato di rintracciare la fonte di tale interesse nell’infanzia dell’autore, un’età vissuta all’interno di una numerosissima famiglia, in cui il cibo doveva naturalmente ricoprire un ruolo importante.

Molto più probabilmente, però, dobbiamo interpretare questa onnipresenza, come volontariamente scelta ed utilizzata, proprio in funzione della sua importanza nell’immaginario fanciullesco. Anche se il tema è trattato in un modo tutt’altro che innocuo e divertente. I piatti del Paese delle Meraviglie, infatti, sono ben diversi da quelli del nostro mondo, non hanno nulla di rassicurante, né di nutriente. Non concorrono alla sopravvivenza dei personaggi, bensì li conducono spesso verso dolori, sofferenze ed addirittura morte. Si potrebbe anche scorgere dell’astio nei confronti del cibo da parte dell’autore, ma di certo non possiamo parlare di demonizzazione del cibo, poiché Carroll si limita ad una semplice assonanza con il pensiero del bambino. Il rapporto cibo-bambino è un legame fondato su leggi particolari del tutto estranee ad una visione fisiologica. Non vi è alcuna pretesa nutrizionale.

Si mangia un cibo perché buono e se si esagera si va incontro al fatidico mal di pancia. Il carattere onnipresente del cibo è sottolineato dal fatto che nel Paese delle Meraviglie tutto è cibo, realtà alquanto inquietante, che conduce ad un’altra verità altrettanto inquietante: se tutto è cibo, non vi è una chiara distinzione tra chi mangia e chi è mangiato.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il cibo nella letteratura per l'infanzia

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Informazioni tesi

  Autore: Rachele Grassi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2009-10
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze della Formazione
  Corso: Scienze della Formazione Primaria
  Relatore: Flavia Bacchetti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 214

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