''By Any Means Necessary'': La narrazione della Blackness in Spike Lee
A Spike Lee joint
La sua pagina IMDB (Internet Movie DataBase) accredita Spike Lee come regista di 82 titoli. Nel 1989, Do the right thing era il suo nono. Questo vuol dire che nel giro di quasi tre decadi egli abbia diretto la bellezza di 73 lavori – tra cui anche video musicali, corti, serie tv, documentari, tv specials e videogiochi. Ventisei i film veri e propri in poco più di trentacinque anni di carriera, praticamente tre ogni quattro anni. Le sue creazioni sono così facilmente riconoscibili, anche da un pubblico occasionale, da avere un nome proprio: joint. Spike Lee non gira film, ma joint.
Un joint è la certificazione di una cifra stilistica, non dipende dal tema o dal tono della produzione.
C’è una lucida organizzazione in una libreria che spazia da film violenti a commedie romantiche, da blockbuster movies con cast stellare a produzioni indipendenti, da documentari glamour su Kobe Bryant a quelli di denuncia sociale nel post-Katrina, da video musicali gangsta rap a – davvero – Eros Ramazzotti.
Come scrive Andrew Dewaard:
«Uno “Spike Lee joint” […] è arrivato a diventare qualcosa come un’assicurazione o una garanzia – se non una qualità, almeno un’attitudine. “I film di Lee”, secondo Marlaine Glicksman (2002) “sono indubbiamente Spike: diretti, vocali, senza freni, duri, decisi e pugnaci”. […] L’immagine antagonistica che ha creato negli anni, un risultato del suo attento branding, ha creato questa aspettativa» (Hamlet & Coleman, 2009, p. 357).
In questo capitolo prenderemo in considerazione alcuni lavori significativi con un duplice scopo: il primo è quello di concludere, tramite casi scelti, la narrazione della blackness, sia da un punto di vista storico che ontologico. Il secondo è quello di fornire al lettore un’idea della mente caleidoscopica di un regista eclettico, tanto a suo agio nella trasposizione filmica di uno script che in altri ambienti e situazioni.
Il punto di partenza è un road movie poco conosciuto (Get on the bus) che, al pari di Do the right thing, è un campionario di individui tipizzati. La differenza sta nel fatto che questa volta non c’è nulla al di fuori della blackness. Un film per neri che parte da un evento di cronaca nera (nel suo senso razziale) ambientato in un autobus i cui passeggeri sono solo maschi neri.
Questo brano è tratto dalla tesi:
''By Any Means Necessary'': La narrazione della Blackness in Spike Lee
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Informazioni tesi
Autore: | Daniele Colucci |
Tipo: | Diploma di Laurea |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Accademia di Belle Arti |
Facoltà: | Teoria e tecnica della comunicazione visiva multimediale |
Corso: | Teoria e tecnica della comunicazione visiva multimediale |
Relatore: | Massimo Puliani |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 77 |
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