«El cuentero nace, no se hace» Gabriel García Márquez tra letteratura e cinema
“Filmabilità” del realismo magico
Nella sua recensione, come si è visto, Gabriel García Márquez elogia Miracolo a Milano per il perfetto equilibrio con cui gli elementi del fantastico, attinti con sapienza alla libertà immaginativa dello spazio letterario, si mescolano nella pellicola a quelli del reale dando vita ad un prodotto convincente, straordinario ma al tempo stesso umano. L’adattamento di Vittorio de Sica del fantasioso romanzo di Cesare Zavattini è la prova esemplare di come un’operazione di questo tipo può essere portata a compimento attraverso l’uso di un linguaggio cinematografico che fonde tra di loro, in maniera fluida ed equilibrata, le due facce della realtà, quella che soggiace alla logica della ragione e quella legata alla sfera della magia e delle credenze popolari.
Purtroppo la narrativa magico-realista di García Márquez trasposta al cinema non sempre ha goduto della stessa fortuna; diversi registi si sono confrontati con questa sfida, molti dei quali guidati dalla diretta collaborazione dello scrittore ma, nonostante ciò, pochi sono riusciti nell’intento.
I diversi fallimenti hanno generato nel corso degli anni una vera e propria polemica attorno alla “filmabilità” dell’universo garciamarquino, alimentata principalmente dalla critica che ha rimarcato sovente la grande difficoltà della resa cinematografica del mondo letterario dell’autore colombiano. Gabriel García Márquez non si è mai pronunciato chiaramente in merito, tuttavia traspaiono qua e là i segni di un certa insoddisfazione. La reticenza dell’autore a cedere i diritti delle sue opere e il dissenso reiterato circa l’adattamento di Cent’anni di solitudine possono essere interprati in tal senso. Al lettore scaltro è dato inoltre di cogliere ulteriori indizi anche tra le pagine della sua narrativa. Celati nel suo universo di finzione, tra la rielaborazione poetica di elementi autobiografici e di fatti realmente accaduti, emergono opinioni significative riguardo la fiducia dell’autore nelle possibilità del mezzo cinematografico. Fa molto riflettere, per esempio, nel racconto La Santa – ambientato a Roma ai tempi in cui Gabo era studente del Centro Sperimentale di Cinematografia – un’affermazione di disillusione nei confronti del linguaggio cinematografico, che egli attribuisce a Cesare Zavattini ma che è lecito credere gli appartenga: « “Lástima que haya que filmarlo”, decía. [riferito ad un soggetto] Pues pensaba que en la pantalla perdería mucho de su magia original» (G. García Márquez, "Doce cuentos peregrinos".
Questo studio non si propone di esaminare la riuscita di ogni singolo adattamento, tuttavia si ritiene interessante presentare al riguardo le riflessioni a posteriori di alcuni registi per la loro importanza in relazione alla comprensione della poetica dell’autore.
Posto dinanzi all’interrogativo sulla possibilità di ricreare il mondo di García Márquez nel cinema, il regista venezuelano Olegario Barrera sembra voler suggerire la necessità di fare una distinzione tra un Gabo “filmabile” e uno “infilmabile”
Questo brano è tratto dalla tesi:
«El cuentero nace, no se hace» Gabriel García Márquez tra letteratura e cinema
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Informazioni tesi
Autore: | Rossana Grieco |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Traduzione letteraria e traduzione tecnico-scientifica |
Relatore: | Stefano Tedeschi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 115 |
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